lbavassano
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martedì 7 giugno 2016
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quando il narcisismo del biografo esagera
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Sarebbe assai sciocco attendersi che un film possa gettare qualche luce sul mistero della creazione artistica (opere assai più celebrate hanno completamente fallito ponendosi tale obiettivo), ancor meno su quello di un'esistenza tragicamente conclusa, e anche, più modestamente, sul perché e il percome un libro diventi oggetto di culto, ma che la figura del biografo assuma a tal punto un ruolo predominante su quella del biografato è francamente fastidioso. Ci dice poco su David Foster Wallace, e su "Infinite Jest", il film di James Ponsoldt, e forse è meglio così (resta sempre nella nostra memoria il monito di Cesare Pavese "non fate troppi pettegolezzi").
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Sarebbe assai sciocco attendersi che un film possa gettare qualche luce sul mistero della creazione artistica (opere assai più celebrate hanno completamente fallito ponendosi tale obiettivo), ancor meno su quello di un'esistenza tragicamente conclusa, e anche, più modestamente, sul perché e il percome un libro diventi oggetto di culto, ma che la figura del biografo assuma a tal punto un ruolo predominante su quella del biografato è francamente fastidioso. Ci dice poco su David Foster Wallace, e su "Infinite Jest", il film di James Ponsoldt, e forse è meglio così (resta sempre nella nostra memoria il monito di Cesare Pavese "non fate troppi pettegolezzi"). Ci dice anche troppo, probabilmente al di là delle intenzioni del regista, sul narcisismo di David Lipsky, intervistatore, giornalista, scrittore, sceneggiatore e quant'altro, americana controfigura del nostrano Baricco.
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gianleo67
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giovedì 25 febbraio 2016
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biopic di formazione...on the road
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Da poco assunto presso la rivista Rolling Stone, lo scrittore e giornalista David Lipsky si reca da New York in Illinois per intervistare David Foster Wallace, giovane astro nascente della letteratura americana. Il viaggio di cinque giorni per la parte finale del tour promozionale dell'ultimo, acclamato libro di Wallace sarà per entrambi l'occasione di fare un bilancio della propria esperienza umana e professionale e per stringere un legame umano che li segnerà profondamente.
Dalle parti del cinema indipendente che parla di se stesso, questo biopic in mortem del giovane scrittore americano David Wallace, rappresenta l'ennesima versione di una cultura dichiaratamente medio-borghese che frequenta il Sundance e le buone università e che ambisce a dire la propria sulle contraddizioni ed il vuoto di valori della società americana contemporanea.
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Da poco assunto presso la rivista Rolling Stone, lo scrittore e giornalista David Lipsky si reca da New York in Illinois per intervistare David Foster Wallace, giovane astro nascente della letteratura americana. Il viaggio di cinque giorni per la parte finale del tour promozionale dell'ultimo, acclamato libro di Wallace sarà per entrambi l'occasione di fare un bilancio della propria esperienza umana e professionale e per stringere un legame umano che li segnerà profondamente.
Dalle parti del cinema indipendente che parla di se stesso, questo biopic in mortem del giovane scrittore americano David Wallace, rappresenta l'ennesima versione di una cultura dichiaratamente medio-borghese che frequenta il Sundance e le buone università e che ambisce a dire la propria sulle contraddizioni ed il vuoto di valori della società americana contemporanea. Tallonando la figura nervosa e lo sguardo sfuggente del solito bravo ragazzo in trasferta studio, Ponsoldt ci presenta la versione romanzata di una storia postuma che nella sua straordinaria banalità vorrebbe insinuare il dubbio che le apparenze dimesse ed il cazzeggio permanente di due giovani talenti del nostro tempo siano la misura attraverso la quale conferire umanità e verità ad un soggetto altrimenti consegnato al triste rituale dei buoni sentimenti e dell'agiografia patinata. Lo spaccato di un mondo borghese che insegue la cultura alta restando ancorata alle sovrastrutture di una civiltà dei consumi che ne stabilisce regole e comportamenti ("Ma vieni così vestito?... A fare l'intervista in radio? E perchè no?") ed anzi cercando di disinnescare dall'interno il vuoto pneumatico di un irriducibile nichilismo, mal si adatta alla convenzionalità di un linguaggio che ha in registi come Noah Baumbach uno dei suoi massimi rappresentanti e finendo per smorzare la portata iconoclasta del fertile immaginario dello scrittore americano nell'inutile chiacchiericcio davanti a una diet coke o ad un registratore magnetico quale obsolescente reperto dell'incipiente era informatica. Racconto di formazione on the road dalla struttura classica e dallo studiato minimalismo, il film di Ponsoldt sperimenta le fasi di un approccio umano che parte da una semplice curiosità professionale e intellettuale, si approfondisce nelle scaramucce di una conoscenza intima che condivide insicurezze e velleità, finendo per lasciarsi con l'amaro in bocca e la consapevolezza che cambiare il proprio carattere e la propria visione del mondo ad una certà età no, non è proprio possibile. L'arte come antidoto ad una dolorosa presa d'atto del corto-circuito di dipendenze cui ci costringe una modernità sociale fondata sul consumismo e sul culto dell'immagine sembra aver fallito miseramente la propria missione, laddove lo straordinario successo letterario del suo massimo cantore viene fagocitato dalla logica di mercificazione dell'estenuante tour di una promozione editoriale che ci riporta al punto di partenza, magari gonfiando ego e conti in banca ma lasciando il suo disilluso protagonista alla marginalità sociale ed alla solitudine di due cani e una capanna da cui era partito.
Le intenzioni sono più che onorevoli per carità, ma il racconto mostra la corda di una fragilità narrativa e di un'estenuante lentezza di un ritmo che prova a riscattarsi nella brillante colonna sonora curata da Danny Elfman e nella buona prova dei due interpreti principali, tra una Jesse Eisenberg che ha fatto bene i compiti a casa e un Jason Segel imbandanato e dimesso che recita con ammirevole sottrazione la parte di un personaggio straordinario e inclassificabile che si è congedato troppo presto dall'imbarazzante proscenio del mondo.
Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2015, ha avuto ottime recensioni critiche in patria e un pò meno nel resto del mondo. Uscito in Italia solo dall'11 febbraio 2016 per la Adler Entertainment. Consigliato: nì!
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vanessa zarastro
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martedì 16 febbraio 2016
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un non tanto giovane holden?
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Una bella storia quella dell’incontro dei due David scrittori, intellettuali (entrambi di seconda generazione) americani così come raccontato nel libro-intervista “Come diventare se stessi”.
Tutto il film è imperniato sui loro dialoghi, bravi gli attori Jason Segel e Jesse Eisenberg, ma bravi anche gli spettatori che devono reggere un ritmo veloce e piuttosto smart.
Uno dei due protagonisti è il più famoso romanziere trentaquattrenne David Foster Wallace che deve presentare il suo ultimo libro “Infinite jest “ di più di 1000 pagine!
L’altro è il giornalista trentunenne, a sua volta scrittore e autore del libro, David Lipsky che lo intervista per la nota rivista “Rolling Stone”.
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Una bella storia quella dell’incontro dei due David scrittori, intellettuali (entrambi di seconda generazione) americani così come raccontato nel libro-intervista “Come diventare se stessi”.
Tutto il film è imperniato sui loro dialoghi, bravi gli attori Jason Segel e Jesse Eisenberg, ma bravi anche gli spettatori che devono reggere un ritmo veloce e piuttosto smart.
Uno dei due protagonisti è il più famoso romanziere trentaquattrenne David Foster Wallace che deve presentare il suo ultimo libro “Infinite jest “ di più di 1000 pagine!
L’altro è il giornalista trentunenne, a sua volta scrittore e autore del libro, David Lipsky che lo intervista per la nota rivista “Rolling Stone”. Nell’inverno del 1996 i due passeranno cinque intensi giorni insieme dove sembrerebbe ci sia un gioco di specchi e talvolta lo scambio delle parti. Wallace è un ragazzone timido pieno di contraddizioni, ironico e depresso, con un grande desiderio di affetto ma anche con un grande ego, solitario ed esibizionista, assetato di successo ma sfuggente la mondanità. Vive solo con due grossi cani trovatelli in una casa semi sperduta lontano dai riflettori e insegna nella piccola Università dello Stato dell’Illinois. L’altro è rappresentato vicino allo stereotipo dell’ebreo intellettuale newyorkese, intelligente e seduttivo.
Lipsky ha una stima profonda del Wallace saggista e ha l’idea di scriverne la storia, parte pertanto alla ventura con l’obiettivo di conoscere una persona sicuramente complessa e difficile e per verificarne anche alcune dicerie: si faceva di eroina? È stato in una clinica psichiatrica?
I due sulle prime si studiano, poi si piacciono, e alla fine diventano profondamente amici. In un rapporto così corto ma così carico, i protagonisti riescono anche a litigare per gelosia.
Wallace ha paura dei sentimenti, non vuole lasciarsi andare perché poi è troppo difficile abituarsi all’assenza dell’affettività. Tende alle dipendenze di cui o se ne tiene lontano e le accoglie in pieno (alcool, televisione, tabacco…). Ha avuto varie esperienze di vita dall’aver praticato vari sport ad aver fatto lavori umili; l’altro David è più “integrato”, più metropolitano e decisamente in carriera e appare pure un tantino viziatello.
Tutta la vicenda si svolge una ventina di anni fa, così come sottolineano le canzoni scelte come colonna sonora, ma alcune problematiche tipicamente maschili sembrano essere precedenti coeve al “giovane Holden” che è dell’inizio degli anni ’50. Dall’Illinois si passa al Minnesota e le scene sono molto significative: da un lato il moderno CBD con i suoi grattacieli post-moderni, dall’altra i non-luoghi: stanze anonime di alberghi, caffetterie e giganteschi parcheggi. Fantastica, per l’appunto, è la scena della ricerca affannosa dell’auto presa noleggiata e lasciata parcheggiata all’aeroporto un paio di giorni prima.
Il film è stato presentato in Selezione Ufficiale al Festival di Roma del 2015.
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flyanto
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lunedì 15 febbraio 2016
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un viaggio indimenticabile
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Il regista James Ponsoldt nel suo "The End of the Tour" racconta il viaggio durato 5 giorni che il giornalista/scrittore David Lipsky intraprese nel lontano 1996 insieme allo scrittore David Foster Wallace in occasione della presentazione del best seller di quest'ultimo intitolato "Infinite Jest". Riportando così sulla scena la figura di questo ormai deceduto scrittore, Ponsoldt presenta allo spettatore la complessa personalità di un artista che è stato considerato universalmente come uno dei più brillanti ed innovativi personaggi della scena letteraria. Ai tempi di questo viaggio, attraverso le interviste e le giornate trascorse insieme al suddetto personaggio, si evince quanto Wallace vivesse quasi in un mondo tutto suo (e non solo letteralmente parlando poichè isolatosi in una casa sperduta in un paesaggio innevato) e quanto fosse particolare la sua personalità.
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Il regista James Ponsoldt nel suo "The End of the Tour" racconta il viaggio durato 5 giorni che il giornalista/scrittore David Lipsky intraprese nel lontano 1996 insieme allo scrittore David Foster Wallace in occasione della presentazione del best seller di quest'ultimo intitolato "Infinite Jest". Riportando così sulla scena la figura di questo ormai deceduto scrittore, Ponsoldt presenta allo spettatore la complessa personalità di un artista che è stato considerato universalmente come uno dei più brillanti ed innovativi personaggi della scena letteraria. Ai tempi di questo viaggio, attraverso le interviste e le giornate trascorse insieme al suddetto personaggio, si evince quanto Wallace vivesse quasi in un mondo tutto suo (e non solo letteralmente parlando poichè isolatosi in una casa sperduta in un paesaggio innevato) e quanto fosse particolare la sua personalità. Soffrendo di depressione, sebbene ai tempi del tour facesse uso di antidepressivi, egli fu sempre condizionato da questo male oscuro nel corso della sua esistenza ed a tal punto che, una volta smesso di prendere le medicine, il suo stato psicologico peggiorò notevolmente e lo condusse nel 2008 a porre fine ai suoi giorni suicidandosi. Ma il tour qui raccontato presenta uno dei periodi più felici di Wallace, quando ancora egli riusciva ad interagire con gli altri individui e la sua vita sociale era attiva sia professionalmente come scrittore ed insegnante universitario che a livello personale con i suoi amici/amiche.
Il film risulta ben diretto e soprattutto esaustivo ai fini della presentazione di Wallace e ben calati nei propri ruoli sono sia Jesse Eisenberg nel parte di Lipsky che, e forse ancor più, Jason Segel in quella del tanto tormentato scrittore. Interessante.
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howlingfantod
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sabato 13 febbraio 2016
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commovente e sincero
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Film non solo come può sembrare per letterafili, cioè amanti di letteratura se non letterati e cinefili vari. Un artista è tale se non bleffa, se dice la verità, questo ha fatto D. F. Wallace nella sua (purtroppo) breve vita, verità sul mondo impazzito, in particolare quello ipertrofizzato americano che lo e ci circonda e sul bisogno di rompere la solitudine e comunicare. Questa specie di docu-film su un intervista allo scrittore cerca di renderci una minima parte di questa sua avventura che è lo sforzo che traspare dell uomo e dell’artista di comunicare con il suo pubblico, di lettori in questo caso e di suoi simili. Per questo è stato un artista sincero. Qui si racconta all’ intervistatore del Rolling Stone David Lipsky durante il peregrinare nel Midwest americano nel suo tour promozionale (così americano) del suo capolavoro “Infinite jest”.
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Film non solo come può sembrare per letterafili, cioè amanti di letteratura se non letterati e cinefili vari. Un artista è tale se non bleffa, se dice la verità, questo ha fatto D. F. Wallace nella sua (purtroppo) breve vita, verità sul mondo impazzito, in particolare quello ipertrofizzato americano che lo e ci circonda e sul bisogno di rompere la solitudine e comunicare. Questa specie di docu-film su un intervista allo scrittore cerca di renderci una minima parte di questa sua avventura che è lo sforzo che traspare dell uomo e dell’artista di comunicare con il suo pubblico, di lettori in questo caso e di suoi simili. Per questo è stato un artista sincero. Qui si racconta all’ intervistatore del Rolling Stone David Lipsky durante il peregrinare nel Midwest americano nel suo tour promozionale (così americano) del suo capolavoro “Infinite jest”. Intervista da cui è tratto un libro uscito postumo alla morte del ragazzone di Ithaca , che ha destato tante polemiche nel mondo letterario statunitense e sulle quali chissà David cosa avrebbe avuto postmodernamente da argomentare. Struggente, commovente ed illuminante sulla vita dell’ uomo David Foster Walllace prima che grande compianto scrittore.
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emanuele 21
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giovedì 11 febbraio 2016
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buon film
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Il film è buono con una storia molto toccante e ricca di colpi di scena. Sfortunatamente il film è a tratti noioso e questo lo retrocede un po'. In compenso si tratta di un buon film.
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francesto70
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giovedì 11 febbraio 2016
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capolavoro
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film intenso ed emozionante.
Grande prova di scrittura
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kondor17
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venerdì 15 gennaio 2016
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road movie profondo e culturale
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Un giornalista del Rolling Stone chiede ed ottiene dal capo redazione di poter intervistare David Foster Wallace, in una pausa del tour promozionale della sua opera omnia Infinite Jest.
Bravissimi sia Eisenberg che Segel in un film che scava nel profondo di un mito e nel conflitto di un giornalista che da un lato vorrebbe smontarlo - la sua ragazza è innamorata del libro - ma che poi impara a conoscerlo.
Ottima fotografia, sceneggiatura, pause, ritmo, silenzi. Tutto perfetto.
Visto l'altra sera in anteprima. Da vedere.
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