mauro lanari
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giovedì 5 gennaio 2017
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"vladimir's choice" e i giochi a somma negativa
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Questo su Fischer è un biopic serio, documentatissimo, realissimo, brutale, non una mostarda inventata da Zaillian ("In cerca di Bobby Fischer"/"Scacco Matto"/"Searching for Bobby Fischer") che parte dai fatti veri solo come canovaccio per poi distorcerli a piacere second'il proprio irenismo. Finalment'è nat'il sito "History vs. Hollywood", in cui si fa piazza pulita delle balle disseminate nelle presunte opere basate su "true events". E, a proposito di "Pawn Sacrifice", spiega che la realtà ancor'una volta è stata perfino peggiore dell'eppur impietoso film di Zwick. Un paio di nei: la gracilità fisica di "Spider-Man" (Fischer terrorizzava gl'avversari a partire dalla propria stazza corporea che teneva in costant'allenamento) e il presunto capolavoro durante la 6a partita (licenz'artistica, considerato che secondo gli storici degli scacchi la "partita del secolo" fu comunque giocata sempre da Fischer m'a 13 anni.
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Questo su Fischer è un biopic serio, documentatissimo, realissimo, brutale, non una mostarda inventata da Zaillian ("In cerca di Bobby Fischer"/"Scacco Matto"/"Searching for Bobby Fischer") che parte dai fatti veri solo come canovaccio per poi distorcerli a piacere second'il proprio irenismo. Finalment'è nat'il sito "History vs. Hollywood", in cui si fa piazza pulita delle balle disseminate nelle presunte opere basate su "true events". E, a proposito di "Pawn Sacrifice", spiega che la realtà ancor'una volta è stata perfino peggiore dell'eppur impietoso film di Zwick. Un paio di nei: la gracilità fisica di "Spider-Man" (Fischer terrorizzava gl'avversari a partire dalla propria stazza corporea che teneva in costant'allenamento) e il presunto capolavoro durante la 6a partita (licenz'artistica, considerato che secondo gli storici degli scacchi la "partita del secolo" fu comunque giocata sempre da Fischer m'a 13 anni. Zwick non vorrebbe porsi ambizioni particolari e invec'il materiale in sé è ricc'al punto da esser'il miglior trattato audiovisivo sulla "teoria dei giochi", e per cogliere l'importanza della "Games Theory" si dovrebbe partire dall'"Homo ludens" d'Huizinga con la bella prefazione d'Eco: le regole che governan'un sistema, social'e non, sono già esplicitate nelle regole del gioco più praticat'in quel sistema, e gl'esperimenti condotti da Tajfel in poi (1970-'71) attestano che per una qualche predisposizione neuropsichica vengono sistematicamente preferit'i giochi a somma negativa ("Vladimir's choice"). Se qualcuno avess'avuto dubbi ch'il racconto de "la rana e lo scorpione" narrato da Welles in "Rapporto confidenziale" (1955) non avesse support'empirici concreti, si sbrighi a ricredersi.
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gianleo67
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giovedì 2 febbraio 2017
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la guerra fredda di bobby fisher
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Figlio di una immigrata ebrea separata dal marito e sospettata di attività antiamericane, il giovane Robert Fisher cresce nella Brooklyn degli anni '50, imparando da autodidatta a giocare a scacchi e sviluppando una personalità introversa ed eccentrica. La sua abilità nel gioco lo porta ben presto a competere con i più grandi maestri del suo tempo ed a scontrarsi in una celebre finale islandese per il titolo mondiale con il campione russo Boris Spasskij: storico corollario sportivo di una Guerra Fredda che contrapponeva i due blocchi su tutti i fronti possibili.
Assai incline all'epica nazionalista da esportazione (The Last Samurai) piuttosto che alle rivisitazioni belliche non esenti da retorica (Glory), il regista Edward Zwick si cimenta in un biopic convenzionale e patetico che scimmiotta il genio disturbato alla Beautiful Mind e filtra la verità storica sulle ossessioni maccartiste attraverso la lente deformante delle edulcorazioni hollywoodiane.
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Figlio di una immigrata ebrea separata dal marito e sospettata di attività antiamericane, il giovane Robert Fisher cresce nella Brooklyn degli anni '50, imparando da autodidatta a giocare a scacchi e sviluppando una personalità introversa ed eccentrica. La sua abilità nel gioco lo porta ben presto a competere con i più grandi maestri del suo tempo ed a scontrarsi in una celebre finale islandese per il titolo mondiale con il campione russo Boris Spasskij: storico corollario sportivo di una Guerra Fredda che contrapponeva i due blocchi su tutti i fronti possibili.
Assai incline all'epica nazionalista da esportazione (The Last Samurai) piuttosto che alle rivisitazioni belliche non esenti da retorica (Glory), il regista Edward Zwick si cimenta in un biopic convenzionale e patetico che scimmiotta il genio disturbato alla Beautiful Mind e filtra la verità storica sulle ossessioni maccartiste attraverso la lente deformante delle edulcorazioni hollywoodiane. Ciò che ne risulta è un racconto agiografico, didascalico ed edificante, particolarmente sbilanciato sul versante delle ragioni familiari (una madre single, ebrea e filocomunista) e di quelle politiche (la CIA come balia-ombra di un ragazzetto geniale che segue dalla culla alla tomba) che avrebbero contribuito alla personalità di uno dei personaggi più eccentrici e controversi della cultura sportiva americana, riconducendone peripezie e contesto storico ad una messa alla berlina di un clima di sospetto e di delazione che non manca però di prendersi troppo sul serio.
Se la vera domanda posta dal film è chi era veramente Bobby Fisher al di là del mito, la semplificazione furbetta della comedy-drama dal sapore paratelevisivo e le accattivanti mossette di un Tobey Maguire dagli occhi perennemente spiritati, non aiutano certo a fare chiarezza sulla vicenda, presentandoci ora la verosimiglianza di un'attenzione governativa molto 'particolare' (compresa la famigerata telefonata di Kissinger) ora gli inquietanti risvolti di una psicologia geniale e sregolata che potrebbe in realtà aver frainteso tutto. Non ostante una volontà di attenta ricostruzione cronologica delle vicende, la narrazione appare abbastanza disorganica e confusionaria, alternando ora un registro di divertita ironia ora le cupe ossessioni di una mente che si ritrae impaurita nello sconfinato universo del calcolo combinatorio e finendo per avanzare pretestuosamente una personale teoria sulle bizzarre fissazioni del suo protagonista. Film sull'affascinante ma poco telegenico mondo degli scacchi, dove non si vede una mossa che sia una (al limite le si sente declamare attraverso i codici da battaglia navale utilizzati dai giocatori) ed in cui le schermaglie mediatiche di una guerra ideologica durate oltre mezzo secolo sono derubricate alle ridicole dispute sul pedone (o sul giocatore) da sacrificare.
Tobey Maguire vivace e puntiglioso è comunque molto distante dal personaggio che deve interpretare; va meglio per l'ecumenico William Lombardy di Peter Sarsgaard e per la più azzeccata coincidenza fisiognomica tra Boris Spasskij e quella spia dormiente nata che è Liev Schreiber (The Candidate).
Presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival 2014, ha goduto di un'accoglienza critica incredibilmente favorevole pur non rifacendosi neanche delle spese al box office.
"Questo gioco è...una tana di coniglio. Dopo sole quattro mosse ci sono 300 miliardi di opzioni da considerare. Ci sono più partite da 40 mosse che stelle nella Galassia. Quindi si può arrivare pericolosamente al limite".
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alberto pezzi
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martedì 15 gennaio 2019
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davvero molto bello
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FILM MOLTO BELLO. TOBEY MAGUIRE INTERPRETA IL GRANDISSIMO BOBBY FISCHER, IN UNA PELLICOLA RICCA DI SPUNTI. IN PIENA GUERRA FREDDA, GLI SCACCHI ASSUMONO ALL’ IMPROVVISO UN’ IMPORTANZA STRATEGICA NELL’ EVOLVERSI DEL CONFLITTO. GLI STATI UNITI AFFIDANO AL GIOVANE BOBBY FISCHER, L’ ARDUO COMPITO DI FRONTEGGIARE LA STRAPOTENZA SOVIETICA NEL PIU’ DIFFICILE GIOCO DELLE MENTI. NE NASCE UNA STORIA AVVINCENTE, DOVE SPIONAGGIO, POTERE ED INTELLIGENZA SI INTERSECANO DANDO VITA AD UNA MAGISTRALE OPERA CINEMATOGRAFICA. UN OTTIMO CAST, COMPLETATO ALLA PERFEZIONE DAI BRAVISSIMI LIEV SCHREIBER E PETER SARSGAARD, FA DA CONTORNO ALLA PROVA MASSICCIA DI TOBEY MAGUIRE. DIRETTO DAL LEGGENDARIO EDWARD ZWICK, “PAWN SACRIFICE” SI MANIFESTA PRESTO COME UN FILM DI SPESSORE, ANIMATO DA TENSIONE, DRAMMATICITA’ ED UN SANO PIZZICO DI FOLLIA.
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FILM MOLTO BELLO. TOBEY MAGUIRE INTERPRETA IL GRANDISSIMO BOBBY FISCHER, IN UNA PELLICOLA RICCA DI SPUNTI. IN PIENA GUERRA FREDDA, GLI SCACCHI ASSUMONO ALL’ IMPROVVISO UN’ IMPORTANZA STRATEGICA NELL’ EVOLVERSI DEL CONFLITTO. GLI STATI UNITI AFFIDANO AL GIOVANE BOBBY FISCHER, L’ ARDUO COMPITO DI FRONTEGGIARE LA STRAPOTENZA SOVIETICA NEL PIU’ DIFFICILE GIOCO DELLE MENTI. NE NASCE UNA STORIA AVVINCENTE, DOVE SPIONAGGIO, POTERE ED INTELLIGENZA SI INTERSECANO DANDO VITA AD UNA MAGISTRALE OPERA CINEMATOGRAFICA. UN OTTIMO CAST, COMPLETATO ALLA PERFEZIONE DAI BRAVISSIMI LIEV SCHREIBER E PETER SARSGAARD, FA DA CONTORNO ALLA PROVA MASSICCIA DI TOBEY MAGUIRE. DIRETTO DAL LEGGENDARIO EDWARD ZWICK, “PAWN SACRIFICE” SI MANIFESTA PRESTO COME UN FILM DI SPESSORE, ANIMATO DA TENSIONE, DRAMMATICITA’ ED UN SANO PIZZICO DI FOLLIA. NEL 1972 BOBBY FISCHER E BORIS SPASSKY DARANNO VITA ALLA PIU’ STRAORDINARIA PARTITA DI SCACCHI DELLA STORIA, TENENDO INCOLLATE A TV E RADIO MILIONI DI PERSONE IN TUTTO IL MONDO IN QUELLA CHE VERRA’ CONSIDERATA POI LA “SFIDA DEL SECOLO”. PELLICOLA DA VEDERE, AMBIENTATA IN GUERRA FREDDA, MAI SOTTOTONO, RICCA DI CONTENUTI PREZIOSI PER ANDARE ALLA SCOPERTA DEL MAGICO MONDO DEGLI SCACCHI. PER ME, QUATTRO STELLE MERITATE.
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fabio 3121
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domenica 29 novembre 2020
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la partita (di scacchi) del secolo!
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Quando sentiamo la dizione "la partita del secolo" si pensa a Italia/Germania 4 a 3 del 1970, ma esiste un'altra partita del secolo e fu quella di scacchi disputata in Islanda nel 1972 tra il campione russo Boris Spasskij (Liev Shreiber) e lo sfidante americano Bobby Fischer (Tobey Maguire) e di cui questo film biopic del regista Edward Zwick (The Last Samurai) ne racconta la interessante storia partendo dagli anni '50 e dall'infanzia del piccolo Bobby che da autodidatta diventa subito un talento e un genio di questo gioco. Avvalendosi del materiale originale dei telegiornali americani, il regista ci porta con minuzia di particolari alle vittorie in vari tormei del giovane Bobby che gli consentiranno di sfidare il campione sovietico, il tutto in un periodo di guerra fredda tra USA e URSS.
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Quando sentiamo la dizione "la partita del secolo" si pensa a Italia/Germania 4 a 3 del 1970, ma esiste un'altra partita del secolo e fu quella di scacchi disputata in Islanda nel 1972 tra il campione russo Boris Spasskij (Liev Shreiber) e lo sfidante americano Bobby Fischer (Tobey Maguire) e di cui questo film biopic del regista Edward Zwick (The Last Samurai) ne racconta la interessante storia partendo dagli anni '50 e dall'infanzia del piccolo Bobby che da autodidatta diventa subito un talento e un genio di questo gioco. Avvalendosi del materiale originale dei telegiornali americani, il regista ci porta con minuzia di particolari alle vittorie in vari tormei del giovane Bobby che gli consentiranno di sfidare il campione sovietico, il tutto in un periodo di guerra fredda tra USA e URSS. Anche per tali motivi politici, per la prima volta una partita di scacchi viene trasmessa in televisione e seguita dai media. Il film è davvero bello, ben girato con un montaggio perfetto tra le immagini vere di repertorio e quelle sceneggiate della pellicola. Un merito va sia al regista che attraverso l'utilizzo di molti primi piani dei 2 protagonisti fa interagire e coinvolgere lo spettatore sul loro stato d'animo e soprattutto sui pensieri relativi alla prossima mossa da fare sulla scacchiera e sia ai 2 attori che con le loro espressioni del viso, pur senza parlare perchè concentrati sulle strategie di gioco, regalano un prova davvero imponente. Infine per rendere più realistico il tutto, i dialoghi del campione sono in russo con i sottotili in italiano, direi una scelta azzeccata dal regista per un film da vedere anche per chi nella vita non ha mai giocato una partita di scacchi.
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paolp78
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domenica 31 luglio 2022
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un gioco poco cinematografico
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Film biografico (biopic nel gergo cinematografico oggi più diffuso) che come altre pellicole di questi tempi si dedica a ricostruire un evento della recente storia americana che al tempo in cui si verificò aveva avuto un forte impatto sociale e culturale, catalizzando una massiccia attenzione mediatica.
La pellicola diretta dall’esperto Edward Zwick ripropone una fedele ricostruzione storica; come al solito c’è la massima attenzione nel riprodurre con l’opera cinematografica gli ambienti, gli arredi e gli abbigliamenti dei periodi a cui la storia si riferisce; inoltre l’opera biografica è molto ben svolta e fedele alla realtà.
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Film biografico (biopic nel gergo cinematografico oggi più diffuso) che come altre pellicole di questi tempi si dedica a ricostruire un evento della recente storia americana che al tempo in cui si verificò aveva avuto un forte impatto sociale e culturale, catalizzando una massiccia attenzione mediatica.
La pellicola diretta dall’esperto Edward Zwick ripropone una fedele ricostruzione storica; come al solito c’è la massima attenzione nel riprodurre con l’opera cinematografica gli ambienti, gli arredi e gli abbigliamenti dei periodi a cui la storia si riferisce; inoltre l’opera biografica è molto ben svolta e fedele alla realtà.
Nonostante tutto quanto di buono sopra riassunto, il film non può dirsi un’opera cinematografica effettivamente riuscita; il problema della pellicola è l’oggetto della rappresentazione. Il gioco degli scacchi è sicuramente affascinante e straordinariamente impegnativo, tuttavia assistere ad una partita di scacchi non è proprio un’esperienza esaltante, soprattutto se non si capisce un granché del gioco; ancor meno facile è proporre un simile evento entro un’opera cinematografica. La pellicola di Zwick seppur ben fatta, non riesce ad appassionare e a lungo andare diviene difficile mantenere desta l’attenzione per lo spettatore medio.
Buone le interpretazioni di tutto il cast con Tobey Maguire nella parte del protagonista da adulto, che si rende autore di una performance molto impegnata. Tra gli altri attori si deve citare Liev Schreiber nella parte dell’antagonista scacchista sovietico, che quando non gioca appare sempre con gli occhiali da sole, e un ottimo Peter Sarsgaard nel ruolo del prete scacchista ed amico che assiste Fischer durante la storica partita.
Le fasi delle partite di scacchi risultano ahimè estenuati; nonostante si apprezzino gli sforzi del regista per cercare di renderle avvincenti, il risultato non viene conseguito poiché quello che avviene sulla scacchiera resta incomprensibile per la gran parte degli spettatori (compreso il sottoscritto).
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elfoscuro75
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martedì 26 dicembre 2023
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buon film, senza però parlare di scacchi...
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Sono cresciuto divorando le vecchie riviste di scacchi di mio padre, rigiocando sulla scacchiera le partite dei maestri e cercando di carpire i loro segreti. In particolare ricordo i fascicoli sul duello fra Bobby Fischer e il russo Spassky.
Mi sono pertanto approcciato a "la grande partita" con una certa emozione, in buona parte ripagata da un piacevole biopic di stampo classico degno di nota, con qualche retrogusto amaro.
Fra le luci un Tobey Maguire in grande spolvero, capace di dare vita a un credibile Bobby Fischer, con tutte le paranoie e i disturbi del campione americano e una regia che si prende i suoi tempi senza strafare e che sa come raccontare una storia.
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Sono cresciuto divorando le vecchie riviste di scacchi di mio padre, rigiocando sulla scacchiera le partite dei maestri e cercando di carpire i loro segreti. In particolare ricordo i fascicoli sul duello fra Bobby Fischer e il russo Spassky.
Mi sono pertanto approcciato a "la grande partita" con una certa emozione, in buona parte ripagata da un piacevole biopic di stampo classico degno di nota, con qualche retrogusto amaro.
Fra le luci un Tobey Maguire in grande spolvero, capace di dare vita a un credibile Bobby Fischer, con tutte le paranoie e i disturbi del campione americano e una regia che si prende i suoi tempi senza strafare e che sa come raccontare una storia.
Fra le ombre un basso approfondimento degli altri oersonaggi, tipico dei film patriottico-sportivi in cui quello che vince l'oro fa la storia, mentre tutti gli altri che in anni differenti hanno vinto e rivinto l'oro, sono da dimenticare.
E poi c'è quella immensa difficoltà di narrare nelle biografie di menti brillanti la loro grandezza a spettatori comuni.
Anche qui si sceglie di rinunciare a spiegare in cosa fosse grande preferendo farlo intuire con pochi cenni grossolani e indugiare piuttosto sugli eccessi, sulla mente spezzata, sugli affetti: cose che tutti possono capire ma che non dicono niente del perdonaggio.
Come in "a beautiful mind" in cui il contributo di Nash alla matematica sembra ridursi a equazioni scritte sui vetri col cancellino mentre per spiegare la sua teoria sulle dinamiche dominanti viene inventato un aneddoto su come raccattare gnocca al bar.
Anche qui, come anche nella piacevole serie "la regina degli scacchi" , si racconta il protagonista, le sue debolezze, le vittorie ma non si parla di scacchi.
Eppure Fischer, che durante la sua carriera aveva giocato quasi esclusivamente partenze di pedone 1.e4, dicendo che questa prima mossa fosse "empiricamente la migliore" durante le 750 partite di torneo prima della sesta partita chiave con Spassky, spiazzando l'intero mondo scacchistico decise una apertura inglese (1.c4).
Come se avesse finto per anni per giocarsi il colpo da maestro; una partita inedita su cui l'avversario non lo aveva studiato, in una finale preparata da una vita come il gioco di prestigio dei maghi di Nolan in 'the prestige" il cui trucco parte da lontano, da una vita di sacrifici mirata a un punto ben pianificato nel futuro.
Ecco, mi piacerebbe che per una volta non si andasse sempre al ribasso e si provasse a innalzare chi ascolta dandogli almeno qualche strumento per osare di più, per spiegare di più e per dare un vero tributo a ciò che menti brillanti hanno fatto veramente.
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