bergat
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mercoledì 8 novembre 2017
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perdete ogni speranza o voi che entrate.
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Film direi autobiografico, ma così poco coinvolgente che letteralmente sfianca. Puo' rappresentare qualcosa per chi è stato dentro quel circolo, ma per coloro che hanno vissuto quell'epoca, ma non certo quel'ambiente, il film risulta troppo indigesto
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g_andrini
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domenica 6 novembre 2016
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ipnotico
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Non è facile da capire, nel senso stretto del termine, ma se la parte "onirica" viene compresa si rivela un buon film. Il rapporto moderno tra madre-figlio è reso bene, la regista riesce a comunicarlo.
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minnie
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venerdì 8 aprile 2016
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un delicato omaggio
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A cosa servono i festival di cinema? A scoprire dei film, lavori preziosi, semi di civiltà che magari avranno poca distribuzione, passeranno raramente in tv perché non fanno parte del pacchetto acquisito una volta per tutte dalle reti che lo replicano all’infinito, e quindi il lavoro degli spettatori dei festival, come il Bif&est, settima edizione, in programma a Bari dal 2 al 9 aprile di quest’anno, è proprio quello di segnalare pellicole di questo genere. Alla cui schiera appartiene “L’età d’oro”, un prezioso film, perfetto in ogni suo istante, dalla regia di Emanuele Piovano alle musiche di Franco Piersanti, al cast in perfetta sintonia, liberamente ispirato alla vita di Annabella Miscuglio, nata a Lecce il 4 novembre 1939 e morta a Roma il 23 febbraio 2003, amica della regista a cui ha chiesto di testimoniare la sua esperienza di fondatrice del Filmstudio, a Roma. E anni dopo, con la collaborazione di Silvana Silvestri, Piovano ha tenuto fede all’impegno, con un film poetico e delicato, che traspone la vicenda di Annabella, nel film Arabella e interpretata da una validissima Laura Morante, nelle vesti di un fantasma, quello della Miscuglio in realtà, alle cui esequie si radunano gli amici che hanno condiviso con lei l’esperienza del cineclub, in un’arena pensata , a Monopoli, in Puglia, vicino al mare. Ecco che lei, ospite della canonica di don Sandro (Pietro De Silva), accanito cinefilo, si vede arrivare il figlio Sid (Dil Gabriele Dell’Aiera), deciso a vendere l’arena, gli amici che hanno diviso con lei gli anni dell’impegno, tra cui i sempre in parte Gigio Alberti e Giulio Scarpati, la giornalista ben delineata da Giselda Volodi, che tornano a celebrare il rito del cinema nell’arena tanto amata da Arabella, a renderle omaggio. Poi ci sono i suoi collaboratori Vera (Eugenia Costantini) e Alberto (Stefano Fresi), nonché la proprietaria del suolo ma che poi lo cede, signora Potì (Elena Cotta). La Miscuglio fu, con Loredana Rotondo, la documentarista che realizzò, fra gli altri, “Processo per stupro” girato nel tribunale di Latina, un film-denuncia che fu decisivo nel cambiamento di una mentalità che considerava tali reati più contro la morale che contro la persona. Lavorò molto anche per la tv, poi con “A.A.A. offresi” in cui denunciava lo sfruttamento delle prostitute, poiché ne smascherava i clienti, subì anche un lungo processo, a cui nel film si accenna soltanto, perché appunto il film è narrativo, non documentario ma tuttavia fa venir voglia di saperne di più su questa regitsa, tanto impegnata quanto misconosciuta. E nel ritratto di Arabella si tratteggia anche un’epoca, quella degli impegnati anni Settanta, di cui è giusto conoscere oggi i protagonisti.
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flyanto
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venerdì 8 aprile 2016
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il ricordo di una madre 'ingombrante'
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Alla morte di un genitore è quanto mai naturale che si rivivano i ricordi di tutta una vita trascorsa insieme, ripescando episodi, anche dimenticati, del rapporto che si ha avuto con il suddetto genitore. E' quanto prontamente succede al protagonista
(Dil Gabriele Dell'Aiera) di "L'Età d'Oro" di Emanuela Piovano il quale ritorna al proprio paese natio in Puglia per il funerale dell'amata madre (Laura Morante), nota regista indipendente di decenni addietro. Qui, egli rincontra personaggi ormai appartenenti alla sua infanzia o, per lo meno, al suo passato e, alla notizia che in occasione della riapertura di uno storico cinema all'aperto della cittadina, chiamato appunto L'età d'oro" in omaggio all'omonimo film di Louis Bunuel, verranno proiettati alcuni spezzoni della vita familiare e professionale della madre defunta, egli si oppone.
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Alla morte di un genitore è quanto mai naturale che si rivivano i ricordi di tutta una vita trascorsa insieme, ripescando episodi, anche dimenticati, del rapporto che si ha avuto con il suddetto genitore. E' quanto prontamente succede al protagonista
(Dil Gabriele Dell'Aiera) di "L'Età d'Oro" di Emanuela Piovano il quale ritorna al proprio paese natio in Puglia per il funerale dell'amata madre (Laura Morante), nota regista indipendente di decenni addietro. Qui, egli rincontra personaggi ormai appartenenti alla sua infanzia o, per lo meno, al suo passato e, alla notizia che in occasione della riapertura di uno storico cinema all'aperto della cittadina, chiamato appunto L'età d'oro" in omaggio all'omonimo film di Louis Bunuel, verranno proiettati alcuni spezzoni della vita familiare e professionale della madre defunta, egli si oppone. Ma con il passare delle ore trascorse nei suoi luoghi d'infanzia e con il ricordo sempre più vivo della genitrice con cui aveva un rapporto un poco tormentato ma sempre unito da un profondo legame affettivo e, venuto nel frattempo a conoscenza anche di episodi a lui sconosciuti o poco noti riguardanti il vissuto della genitrice, egli piano piano si convince a far sì che la donna venga commemorata degnamente con un insieme dei suoi spezzoni cinematografici.
Quello della regista Piovano è un film sui ricordi personali (il film è stato girato infatti in memoria della regista femminista Annabella Miscuglio di cui la Piovano è stata assistente e grande ammiratrice) sulla nostalgia, sulla commemorazione di una persona che ora non è più in vita ma che, attraverso il suo operato, risulta ancora quanto mai viva e presenza preponderante, ma tutte queste tematiche, già ampiamente rappresentate in altre precedenti pellicole da altri registi, non dicono, purtroppo, nulla di nuovo. Il tema del ricordo avrebbe dovuto essere affrontato in una maniera del tutto nuova o più incisiva anzichè in una maniera quasi "scolastica" che rischia, come in questo caso, di cadere nella retorica più banale. Gli attori, tutti facenti parte di un cast ben nutrito di grossi nomi, da Laura Morante, a Giulio Scarpati, a Gigio Alberti, A Dil Gabriele Dell'Aiera, ecc...) risultano perfettamente rispondenti ai propri ruoli ma il film, ribadisco, risulta un'opera quanto mai di maniera, quasi fosse il saggio finale di un corso, e ridondante di luoghi comuni che ne appesantiscono notevolmente la narrazione e la regia stessa.
Un vero peccato: un'occasione altamente sprecata.
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