fabiofeli
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sabato 2 gennaio 2016
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la gente di qui nasce ridendo
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A perfect day di Fernando Leòn de Aranoa
Nella Bosnia del 1995, in una guerra di tutti contro tutti, il cadavere di un omone di oltre 100 chili viene gettato in un pozzo che fornisce l’acqua ad un villaggio per inquinarla. E’ compito di un gruppo umanitario capeggiato da Mambru (il disincantato Benicio del Toro) tirarlo fuori per liberare la gente del posto dalle grinfie di chi vende acqua a 6 dollari il secchio. Collaborano con Mambru lo strampalato B (Tim Robbins) e Sophie (Mélanie Thierry) alla sua prima esperienza.
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A perfect day di Fernando Leòn de Aranoa
Nella Bosnia del 1995, in una guerra di tutti contro tutti, il cadavere di un omone di oltre 100 chili viene gettato in un pozzo che fornisce l’acqua ad un villaggio per inquinarla. E’ compito di un gruppo umanitario capeggiato da Mambru (il disincantato Benicio del Toro) tirarlo fuori per liberare la gente del posto dalle grinfie di chi vende acqua a 6 dollari il secchio. Collaborano con Mambru lo strampalato B (Tim Robbins) e Sophie (Mélanie Thierry) alla sua prima esperienza. La rottura della corda a causa dell’eccessivo peso complica la situazione, perché non si trovano altre corde o chi le ha non vuole venderle. Si aggregano al gruppo una russa, Katja (Olga Kyrilenko), con la quale Mambru ha avuto una storia, ed un bambino senza famiglia, Nikola (Eldar Residovic), vessato da ragazzi più grandi che gli rubano il pallone da calcio. Quest’ultimo sostiene che sa dove trovare la corda necessaria, ma per raggiungere il luogo si passa su strade minate. Una donna del posto per evitare le mine segue le sue mucche che sembrano fiutare il pericolo: un metodo semplice ed efficace, ma separare il cane rabbioso dalla corda alla quale è legato è molto complicato. Inoltre nel villaggio Mambru scopre il drammatico destino dei genitori di Nikola, vittime di non si sa chi e perché. Quando sembra che si possa risolvere il problema del pozzo i caschi blu dell’ONU bloccano l’operazione …
Una amara ironia pervade l’intero film ed è scontato quando si racconta una guerra senza ragione e senza umanità. Le buone prestazioni degli attori rendono il racconto credibile; sfilano sotto gli occhi paesaggi montani impervi ripresi dall’alto, a volo d’uccello in lunghi piani-sequenza. Ironia e divertimento vanno di pari passo con fatti orribili: non ci si lamenta della sfortuna, ma ci si ride sopra, perché piove sul bagnato. Ed è una pioggia battente che risolve l’insolubile problema. Proprio un giorno perfetto. Da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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tavololaici
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lunedì 18 gennaio 2016
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riconoscere la bosnia
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Due grandi e famosi attori come Tim Robbins e Benicio del Toro, una trama leggerissima ambientata in Bosnia tra operatori internazionali dell'emergenza e mucche imbottite di mine che ti chiudono la strada, riesce a fare di questo piccolo film un lavoro gradevole, pulitissimo, per nulla pesante, e quasi interessante.
Non ho visto un grande Del Toro (quattro ragazzette giapponesi del film Little Sister avevano recitato meglio e con piu' partecipazione e levigatezza....) ma un Tim Robbins in gran forma.
Il resto del cast è insignificante.
La Bosnia -infatti la riconoscevo solo a tratti,giacchè la frequento da 25 anni- pare sia stata ricostruita in una zona della Spagna, con un tipo di vegetazione e di paesaggio non troppo distante dall'originale.
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Due grandi e famosi attori come Tim Robbins e Benicio del Toro, una trama leggerissima ambientata in Bosnia tra operatori internazionali dell'emergenza e mucche imbottite di mine che ti chiudono la strada, riesce a fare di questo piccolo film un lavoro gradevole, pulitissimo, per nulla pesante, e quasi interessante.
Non ho visto un grande Del Toro (quattro ragazzette giapponesi del film Little Sister avevano recitato meglio e con piu' partecipazione e levigatezza....) ma un Tim Robbins in gran forma.
Il resto del cast è insignificante.
La Bosnia -infatti la riconoscevo solo a tratti,giacchè la frequento da 25 anni- pare sia stata ricostruita in una zona della Spagna, con un tipo di vegetazione e di paesaggio non troppo distante dall'originale.
Chi di noi ha conosciuto quei posti , anche recentemente (le ferite su case e luoghi sono ancora spesso evidenti), sa che l'oggetto del film non è di fantasia e non lo è in alcun suo tratto.
Chi di noi ha conosciuto quei posti, e cerca di guardare dentro le cose, riconosce in visi e persone del film i tratti della tragedia occorsa in quella guerra civile.
L'assenza di violenza (se non adombrata e sullo sfondo) rende il film ancora piu' interessante come idea.
Gianni Buganza, Padova
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shingotamai
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giovedì 2 marzo 2017
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il pozzo
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Andrebbe visto solo per la bravura di Benicio Del Toro e complessivamente di tutto il cast.
A parte questa non effimera motivazione,il regista è veramente bravo a farci vivere con leggerezza ma allo stesso tempo con malinconica visione, le nefandezze che vengono messe in atto quando è tempo di guerra.
Persone ormai smarrite,impotenza,acqua venduta a sei dollari al litro e mucche che diventano protezioni anti mine.
In condizioni non sopportabili vanno avanti persone dedite alla salvaguardia della vita altrui,spesso in contrapposizione ai militari di turno che fanno capo a governi male amministrati,per usare un eufemismo.
Questo pellicola lascia grande spazio alla riflessione sulla guerra e sulle sue devastanti conseguenze,tuttavia riuscirà a strapparvi in più di un'occasione un piccolo sorriso di speranza.
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Andrebbe visto solo per la bravura di Benicio Del Toro e complessivamente di tutto il cast.
A parte questa non effimera motivazione,il regista è veramente bravo a farci vivere con leggerezza ma allo stesso tempo con malinconica visione, le nefandezze che vengono messe in atto quando è tempo di guerra.
Persone ormai smarrite,impotenza,acqua venduta a sei dollari al litro e mucche che diventano protezioni anti mine.
In condizioni non sopportabili vanno avanti persone dedite alla salvaguardia della vita altrui,spesso in contrapposizione ai militari di turno che fanno capo a governi male amministrati,per usare un eufemismo.
Questo pellicola lascia grande spazio alla riflessione sulla guerra e sulle sue devastanti conseguenze,tuttavia riuscirà a strapparvi in più di un'occasione un piccolo sorriso di speranza.
Assolutamente il non solito film sulle devastazioni belliche.Consigliatissimo
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flyanto
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lunedì 21 dicembre 2015
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la guerra vista da un punto di vista del tutto nuo
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La guerra tra Serbia e Bosnia raccontata dal punto di vista di un gruppo di umanitari si rivela essere un soggetto piuttosto interessante, nonchè, nel suo complesso, originale. "Perfect Day" del regista spagnolo Fernando Léon de Aranoa, presenta il conflitto serbo-bosniaco, più precisamente nel 1995 alla vigilia della firma per la pace, proprio sotto questo aspetto, sinora ancora poco affrontato nel campo cinematografico.
Un gruppo di persone che lavora per degli enti umanitari e che pertanto presta servizio e soccorso nelle zone devastate dalla guerra, deve rimuovere un cadavere da un pozzo affincgè in breve tempo non causi di inquinare tutta la la sorgente idrica.
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La guerra tra Serbia e Bosnia raccontata dal punto di vista di un gruppo di umanitari si rivela essere un soggetto piuttosto interessante, nonchè, nel suo complesso, originale. "Perfect Day" del regista spagnolo Fernando Léon de Aranoa, presenta il conflitto serbo-bosniaco, più precisamente nel 1995 alla vigilia della firma per la pace, proprio sotto questo aspetto, sinora ancora poco affrontato nel campo cinematografico.
Un gruppo di persone che lavora per degli enti umanitari e che pertanto presta servizio e soccorso nelle zone devastate dalla guerra, deve rimuovere un cadavere da un pozzo affincgè in breve tempo non causi di inquinare tutta la la sorgente idrica. Ma l' operazione, che sembrerebbe assai facile da portare a termine, per questioni di mentalità e di impedimenti di carattere burocratico non viene nemmeno iniziata. Gli svariati episodi ed avventure vissute da questo gruppo, in cui spicca la figura umana di Benicio del Toro, si rivelano lunghi, estenuanti ed anche inutili finchè la soluzione arriva inj maniera del tutto "naturale".
Al di là della rappresentazione della situazione generale di un territorio in guerra che non costituisce una novità, il film si rivela molto interessante e particolare per, appunto, il punto di vista e l'azione che vengono presi in esame: il darsi da fare e le lotte contro determinati sistemi politici e leggi e le situazioni disperate in cui sono state ridotte le terre in guerra, dimostrano palesemente, oltre ovviamente all'assurdità della guerra in sè, quanto, a volte, risulti inutile l'opera prestata dalle persone che impiegano le proprie forze e la propria buona volontà al soccorso delle popolazioni martoriate da un conflitto.
Il ritratto dell'intero gruppo che viene presentato si rivela, inoltre, essere di un certo interesse per lo spettatore in quanto descritto da De Aranoa nelle sue più svariate sfaccettature caratterizzanti tutti i singoli individui che lo compongono: ognuno con il proprio modo di essere, con i propri difetti e pregi, ma tutti riuniti da un comune spirito di altruismo e giustizia. Cosicchè, in questa considerevole galleria di molteplici personaggi, il film diventa quanto mai avvincente, originale e, in alcune scene, addirittura divertente.
Benicio del Toro, tra gli attori, spicca notevolmente di suo dimostrandosi ancora una volta un ottimo interprete. Ma anche la regia di Fernando Léon de Aranoa non deve essere affatto sottovalutata in quanto lineare, scorrevole e ben congegnata.
Altamente consigliabile.
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francesca
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mercoledì 23 dicembre 2015
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uno scorcio su una guerra poco raccontata
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Una giornata. Quattro operatori umanitari, un traduttore e un bambino sono i personaggi di questo film. Viene trovato un cadavere in un pozzo, messo lì per inquinare l'acqua. C'è bisogno di una corda. Siamo nel 1995 nell'ex Jugoslavia: nonostante i negoziati di pace siano a buon punto, gli effetti che ha prodotto la guerra non cessano. La ricerca della corda prosegue lenta, a volte troppo, ma rende l'idea dei tempi morti e degli ostacoli burocratici che si oppongono ai tentativi di ristabilire la normalità. Benicio del Toro interpreta un operatore disilluso che sta per tornare in patria, mentre il suo collega Tim Robbins non vuole tornare a casa perché non ha nessuno che lo aspetti. Un film che riproduce la crudezza della guerra, i suoi aspetti paradossali senza alcuna retorica, riuscendo a mescolare humour e tragedia.
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catcarlo
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lunedì 28 dicembre 2015
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perfect day
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Capita spesso al cinema che la guerra raccontata in forma di commedia colpisca più nel profondo: lo conferma questo film spagnolo presentato (e applaudito) alla Quinzaine di Cannes e uscito nelle sale italiane senza troppi clamori. Va subito detto, però, che ‘Perfect day’ non si inserisce nel filone della comicità caustica di opera come ‘Essere o non essere’ o ‘M.A.S.H.’, bensì è caratterizzato da un’ironia amarognola che vira sovente al nero e che, comunque, raggiunge alla perfezione lo scopo di risvegliare la memoria del conflitto dimenticato (o rimosso) dagli europei, ovvero quella dei Balcani: un bagno di sangue incattivito dalle atrocità che solo una guerra civile sa originare e che de Aranoa più che mostrare fa scorgere sullo sfondo di un mondo preda di odî profondi ancora quando la pace sta per arrivare.
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Capita spesso al cinema che la guerra raccontata in forma di commedia colpisca più nel profondo: lo conferma questo film spagnolo presentato (e applaudito) alla Quinzaine di Cannes e uscito nelle sale italiane senza troppi clamori. Va subito detto, però, che ‘Perfect day’ non si inserisce nel filone della comicità caustica di opera come ‘Essere o non essere’ o ‘M.A.S.H.’, bensì è caratterizzato da un’ironia amarognola che vira sovente al nero e che, comunque, raggiunge alla perfezione lo scopo di risvegliare la memoria del conflitto dimenticato (o rimosso) dagli europei, ovvero quella dei Balcani: un bagno di sangue incattivito dalle atrocità che solo una guerra civile sa originare e che de Aranoa più che mostrare fa scorgere sullo sfondo di un mondo preda di odî profondi ancora quando la pace sta per arrivare. E’ infatti nell’imminenza degli accordi di Dayton che si svolge la vicenda di alcuni operatori umanitari impegnati ad aiutare la popolazione locale: nello specifico, l’unico pozzo praticabile per chilometri corre il rischio di essere reso inutilizzabile dal cadavere che vi è stato gettato, ma nessuno ha una corda per tirarlo su. Così inizia un viaggio su strade bianche o del tutto inutilizzate che attraversano colline brulle e poco amichevoli fin dall’aspetto (le riprese sono state effettuate tutte in Spagna e la fotografia di Alex Catalán dà a queste traversate un tocco western) ma gli esseri umani sono ben peggio: dal negoziante che è di un’altra etnia perciò nisba al difensore dell’avamposto perduto che – a mezza via tra ‘Il deserto dei Tartari’ e il barile di benzina delle Sturmtruppen - non ammaina la bandiera per finire agli stolidi Caschi Blu che ondeggiano tra inettitudine e pura stupidità militare. L’incontro con un bambino senza famiglia (Eldar Residovic) pare condurre i protagonisti verso una soluzione, invece offre loro solo le prove più terribili e amare: l’ultimo sorriso viene regalato dall’ironia della sorte, ma solo allo spettatore, in un bellissimo finale sotto la pioggia. Se la trama è esile e ricca di deviazioni, la scrittura dello stesso regista – che ha tratto la storia da un romanzo di Paula Farias – mantiene la presa su chi guarda alternando con abilità i momenti più leggeri a quelli tristi grazie anche a un bel lavoro sui personaggi che discutono tantissimo fra di loro, ma quasi solo con frasi di poche parole e, soprattutto, evitando qualsiasi sproloquio o pistolotto morale: le cose stanno così, ma, se non abbiamo la forza per cambiarle, facciamo quel poco o tanto che possiamo – fosse persino svuotare una latrina. E’ questa la lezione che impara l’ultima arrivata Sophie (Mélanie Thierry) al seguito della sperimentata coppia costituita dallo statunitense B (Tim Robbins) e dal portoricano Mambrù (Benicio del Toro): il primo, con un look da hippy invecchiato, ha il compito di inserire la nota comica, mentre il secondo, con il suo burbero fascino e l’abitudine a muoversi sottotraccia, dà in un certo senso il ritmo all’intera azione. Mambrù è uomo tutto meno che irreprensibile – e il doverlo mostrare giustifica il personaggio di Katya (Olga Kurilenko), di gran lunga il meno essenziale del gruppo – ma non è importante visto il luogo e il momento: la tormentata notte trascorsa su una jeep tutti assieme per paura delle mine (che ancor oggi sono tantissime nella ex Jugoslavia) finisce per ripristinare gli equilibri. In simile contesto, il cast internazionale funziona bene in modo sorprendente e regala un valore aggiunto, ma è almeno da citare la figura dell’interprete (Fedja Stukan), stretto tra il desiderio di collaborare e i pericoli a cui espone sè e i propri conoscenti. A completare un film che, pur non esente da qualche difetto, sa farsi apprezzare pienamente, una colonna sonora spiazzante, ma efficace a sottolineare la tensione del racconto seppur tenuta solo sullo sfondo: il punk, dagli X ai Ramones, oppure i Gogol’ Bordello non escono sparati dalle casse ma si limitano ad accompagnare le immagini, mentre There Is No Way di Lou Reed sui titoli di coda regala un’ultima, rabbiosa pennellata (no, sebbene prima si ascolti pure Venus In Furs, Perfect Day la canzone non c’è).
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francesca
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mercoledì 23 dicembre 2015
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uno scorcio su una guerra poco raccontata
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Una giornata. Quattro operatori umanitari, un traduttore e un bambino sono i personaggi di questo film. Viene trovato un cadavere in un pozzo, messo lì per inquinare l'acqua. C'è bisogno di una corda. Siamo nel 1995 nell'ex Jugoslavia: nonostante i negoziati di pace siano a buon punto, gli effetti che ha prodotto la guerra non cessano. La ricerca della corda prosegue lenta, a volte troppo, ma rende l'idea dei tempi morti e degli ostacoli burocratici che si oppongono ai tentativi di ristabilire la normalità. Benicio del Toro interpreta un operatore disilluso che sta per tornare in patria, mentre il suo collega Tim Robbins non vuole tornare a casa perché non ha nessuno che lo aspetti. Un film che riproduce la crudezza della guerra, i suoi aspetti paradossali senza alcuna retorica, riuscendo a mescolare humour e tragedia.
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vanessa zarastro
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lunedì 28 dicembre 2015
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aid across borders
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“Perfect day” ha il merito di mettere in evidenza dei lati secondari delle guerre, i tentativi degli operatori umanitari di dare una mano alla popolazione dei Balcani - attorno al 1995 - che maggiormente ha sofferto e ha soffre la devastazione del conflitto. Regole insulse e protocolli da seguire vengono trasgrediti dal nostro piccolo gruppetto dove i maschi sono “maschi”, coraggiosi e protettivi e le donne o ingenue e inesperte come Sophie (Melanie Thierry) o belle ma un po’ oche come Katya (Olga Kurylenko). Ma che ci fanno queste “modelle senza frontiere” nel teatro della guerra sembra chiedersi il regista?
Sembra che il problema sia rimuovere un cadavere nel pozzo in modo da purificare l’acqua e distribuirla agli abitanti.
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“Perfect day” ha il merito di mettere in evidenza dei lati secondari delle guerre, i tentativi degli operatori umanitari di dare una mano alla popolazione dei Balcani - attorno al 1995 - che maggiormente ha sofferto e ha soffre la devastazione del conflitto. Regole insulse e protocolli da seguire vengono trasgrediti dal nostro piccolo gruppetto dove i maschi sono “maschi”, coraggiosi e protettivi e le donne o ingenue e inesperte come Sophie (Melanie Thierry) o belle ma un po’ oche come Katya (Olga Kurylenko). Ma che ci fanno queste “modelle senza frontiere” nel teatro della guerra sembra chiedersi il regista?
Sembra che il problema sia rimuovere un cadavere nel pozzo in modo da purificare l’acqua e distribuirla agli abitanti. I nostri eroi passeranno attraverso una serie di disavventure da quelle più burocratiche, a quelle minacciose della mafia locale che detiene il potere dell’acqua. Il film gira attorno a questi temi e sembrerebbe concludersi con l’evidenziare l’impotenza degli “buoni” mentre solo la natura riuscirà laddove l’uomo ha fallito (fato?). Tesi non allegra per il gruppo di volontari che rischiano quotidianamente di saltare su una mina per fare un lavoro così poco gratificante (gli idraulici della guerra) come sturare i cessi del campo, rimuovere cadaveri e quant’altro.
Fernando Leon de Aranoa sceglie lo stile del grottesco e un po’ come in “Tutti a casa”, o ne “La grande Guerra” sceglie il momento della fine del conflitto; peccato che il regista spagnolo non abbia proprio la mano di Comencini né tantomeno di Monicelli.
Il “buono” si chiama Mambru ed è impersonificato da Benicio del Toro, si intenerisce per i cani e per i giovani inesperti e diventa tenero - anche un po’ troppo - nei confronti dello sguardo femminile…Piccolo e tarchiato si fa fatica a pensarlo nelle vesti di un esperto Don Giovanni. Migliore è B. il personaggio interpretato da Tim Robbins, che migliora con l’età diventando perfino simpatico, un cinico veterano che non saprebbe più dove andare e cosa fare se non ci fossero le operazioni umanitarie in terre disastrate. Altri due personaggi “locali” fanno parte del gruppo: l’interprete Damir (Fedja Stukan) è fragile perché proprio in quanto indigeno è ricattabile e Nikola (Eldar Residovic) è ilbambino che rivuole il suo pallone e che ancora non sa di essere sopravvissuto ai suoi genitori impiccati senza un vero motivo.
Il film ha un ritmo lento e percorre la terra brulla dei Balcani con le strade che sono pericolosi tornanti. Le scene dei percorsi sono ripetitive e, tutto sommato il film, al di là delle battute talvolta anche divertenti, annoia un po’.
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