Coinvolgente, suggestivo, bellissimo docufilm sulla musica nera del terzo mondo di Pierre-Yves Borgeaud, che, cinepresa in spalla, segue Gilberto Gil nel suo viaggio tra i popoli soggiogati e schiacciati dal colonizzatore bianco, cristiano ed intollerante, filmando gli incontri del cantautore brasiliano, già ministro della cultura del suo Paese, con gli aborigeni dell’Australia, con il cantautore Vusi Mahlasela in Sudafrica e, ritornato nella sua Bahia, con una cantante india che, sebbene integrata nella cultura portoghese, conserva memoria della sua lingua e delle sue tradizioni.
Improprio appare l’accostamento con Buena vista social club, un’opera nostalgica in cui Wenders riscopre la sopravvivenza sorprendente delle musica cubana del passato attraverso la storia di vecchi artisti dell’isola.
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Coinvolgente, suggestivo, bellissimo docufilm sulla musica nera del terzo mondo di Pierre-Yves Borgeaud, che, cinepresa in spalla, segue Gilberto Gil nel suo viaggio tra i popoli soggiogati e schiacciati dal colonizzatore bianco, cristiano ed intollerante, filmando gli incontri del cantautore brasiliano, già ministro della cultura del suo Paese, con gli aborigeni dell’Australia, con il cantautore Vusi Mahlasela in Sudafrica e, ritornato nella sua Bahia, con una cantante india che, sebbene integrata nella cultura portoghese, conserva memoria della sua lingua e delle sue tradizioni.
Improprio appare l’accostamento con Buena vista social club, un’opera nostalgica in cui Wenders riscopre la sopravvivenza sorprendente delle musica cubana del passato attraverso la storia di vecchi artisti dell’isola. Questo film, viceversa, è calato nel presente. C’è l’incontro attuale di sonorità di differenti popoli accomunati dal dolore della perdita della propria identità culturale.
L’approccio modernista del Gil politico, che da ministro si impegnò per diffondere tra i giovani l’uso del computer e di internet all’insegna della globalizzazione e dell’integrazione, si mescola alla poesia senza tempo della sua musica, in cui si fondono i ritmi della samba ed i canti religiosi del candoblè, in un tentativo utopico di rendere possibile la coesistenza tra l’antico ed il moderno.
Il film è una apertura inaspettata, da parte di chi ha sofferto la schiavitù, l’emarginazione e l’apartheid, al mondo contemporaneo, a condizione che esso si dimostri rispettoso delle civiltà distrutte dalla colonizzazione. Troppo tardi, il misfatto è compiuto.
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