gianleo67
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lunedì 9 dicembre 2013
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dolce come il miele,amara come la morte
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Irene ,trentenne e orfana di madre, legata sentimentalmente ad un uomo sposato vive da sola in una casa sul litorale romano e viaggia molto per lavoro. Con il supporto 'logistico' di un givane amico medico pratica illegalmente l'eutanasia somministrando, ai malati terminali di famiglie condiscendenti, un potente barbiturico di uso veterinario che si procura nei suoi frequenti viaggi in Messico. Le sue certezze etiche ed il rigore inflessibile del suo protocollo vengono messe in crisi dall'incontro con un anziano ingegnere che ,nonostante goda di buona salute, ha deciso di porre fine ad un'esistenza ormai priva di motivazioni e di scopo.
Le peregrinazioni geografiche di una vecchia 'enfant prodige' del cinema italiano ritornano come le reminescenze scenografiche di un dolente viaggio attraverso la sofferenza e la morte nel suo riuscito esordio da regista attraverso il precario equilibrio (ideologico ed artistico) di un dramma che sfiora, con indulgente intimismo, il tema scottante e controverso della 'dolce morte'.
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Irene ,trentenne e orfana di madre, legata sentimentalmente ad un uomo sposato vive da sola in una casa sul litorale romano e viaggia molto per lavoro. Con il supporto 'logistico' di un givane amico medico pratica illegalmente l'eutanasia somministrando, ai malati terminali di famiglie condiscendenti, un potente barbiturico di uso veterinario che si procura nei suoi frequenti viaggi in Messico. Le sue certezze etiche ed il rigore inflessibile del suo protocollo vengono messe in crisi dall'incontro con un anziano ingegnere che ,nonostante goda di buona salute, ha deciso di porre fine ad un'esistenza ormai priva di motivazioni e di scopo.
Le peregrinazioni geografiche di una vecchia 'enfant prodige' del cinema italiano ritornano come le reminescenze scenografiche di un dolente viaggio attraverso la sofferenza e la morte nel suo riuscito esordio da regista attraverso il precario equilibrio (ideologico ed artistico) di un dramma che sfiora, con indulgente intimismo, il tema scottante e controverso della 'dolce morte'. Capacissima di entrare in punta di piedi nelle stanze di una quotidianità domestica terminale ormai priva di un qualsivoglia orizzonte di speranza e salvazione, la Golino si dimostra abile nell'accostarsi al tema della sofferenza senza scampo attraverso i piani ristretti di una discrezione professionale ed umana che non indulge al patetico od alla facile deriva melodrammatica. Figlia di una recente tradizione 'intimista' del cinema italiano cerca di spostare il punto di vista sull'eutanasia dalle esasperazioni radicali del cinema verità (più vicine alla qualità ed al rigore stilistico del cinema d'oltralpe) verso le declinazioni di un dramma umano che vive di silenzi o, al contrario, di una vibrante emozionalità musicale, sempre in bilico tra sincerità psicologica e retorica dell'espediente cinematografico. Ben costruito nell'alternanza tra gli interni di una insondabile precarietà dell'esperienza umana e gli esterni di una esuberante e solare vitalità, ritrova forse un limite nella tesi narrativa di una protagonista mossa dalle inconfessabili motivazioni di un dramma personale (la perdita della madre) e nelle prevedibili conseguenze di una dialettica divisiva su di un tema politicamente scorretto, lungo il fragile confine tra etica (meglio morale) e libertà di coscienza, laddove le ragioni degli uni valgono sempre quanto quelle degli altri e finendo con lo scegliere una soluzione finale che metta in salvo tanto le une (la libertà di disporre del proprio corpo) quanto le altre (il rispetto per una morte etica che non danneggi nessuno). Brava la Trinca che replica la dolente elaborazione del lutto già vista nel suo esordio morettiano ('La stanza del figlio') nel ruolo controverso di una prezzolata crocerossina della morte e superlativo Carlo Cecchi già cinico e disilluso suicida nel dramma d'esordio martoniano sulla morte di Renato Caccioppoli ('Morte di un matematico napoletano').Menzione speciale della Giuria Ecumenica a Valeria Golino al Festival di Cannes 2013, 3 Nastri d'argento e 2 Globi d'oro.
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filippo catani
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sabato 24 maggio 2014
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dilemma etico
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Una giovane ragazza aiuta a morire i malati terminali attraverso l'utilizzo di un medicinale che va a comprare in Messico. Le sue certezze vanno in frantumi quando viene contatta da un uomo che non è malato ma vuole farla finita perchè è annoiato dalla vita.
Forte e spinoso il tema d'esordio alla regia per la Golino. Questa tematica lacera tutte le coscienze e forse il merito maggiore di questo film è proprio quello di non parteggiare per nessuno limitandosi semplicemente a registrare i fatti. Oltre a tema e regia l'altro punto forte è l'accoppiata Trinca-Cecchi che sa regalare una grande intensità. Ecco la parte restante del film risulta essere un pochino pesante e già vista.
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Una giovane ragazza aiuta a morire i malati terminali attraverso l'utilizzo di un medicinale che va a comprare in Messico. Le sue certezze vanno in frantumi quando viene contatta da un uomo che non è malato ma vuole farla finita perchè è annoiato dalla vita.
Forte e spinoso il tema d'esordio alla regia per la Golino. Questa tematica lacera tutte le coscienze e forse il merito maggiore di questo film è proprio quello di non parteggiare per nessuno limitandosi semplicemente a registrare i fatti. Oltre a tema e regia l'altro punto forte è l'accoppiata Trinca-Cecchi che sa regalare una grande intensità. Ecco la parte restante del film risulta essere un pochino pesante e già vista. La ragazza, al contrario del suo soprannome Miele, è scontrosa e mai in pace con se stessa e non riesce a intrattenere solide relazioni. Forse sarebbe stato meglio stare più sul tema mentre ci sono alcune divagazioni di troppo che finiscono un po' per appesantire lo spettatore. Al netto di ciò ribadiamo che resta un ottimo esordio per la Golino e un'ulteriore prova di maturità per la Trinca che ci era già molto piaciuta nel delicato Un giorno devi andare.
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mareincrespato70
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giovedì 29 maggio 2014
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la morte che accompagna vita
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Film tanto scomodo e inusuale per la paludata borghese cinematografia italiana, quanto raffinato e spiazzante.
Al suo splendido esordio alla regia, Valeria Golino sceglie di affrontare frontalmente, senza compromessi, la morte pur non mostrandola mai, ma evocandola in ogni gesto e rappresentazione simbolica, persino quella sessuale. Una Jasmine Trinca, ancora una volta in stato di grazia, impersona Miele, dispensatrice di morte salvifica, concetto ostico per il catto-comunista mondo italiano, ma tema di im-mortale attualità, perchè, in fondo, si sa: non c'è vita che, ineluttabilmente, non sia legata concettualmente alla morte, che nella nostra esistenza può, persino, essere “desiderata”.
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Film tanto scomodo e inusuale per la paludata borghese cinematografia italiana, quanto raffinato e spiazzante.
Al suo splendido esordio alla regia, Valeria Golino sceglie di affrontare frontalmente, senza compromessi, la morte pur non mostrandola mai, ma evocandola in ogni gesto e rappresentazione simbolica, persino quella sessuale. Una Jasmine Trinca, ancora una volta in stato di grazia, impersona Miele, dispensatrice di morte salvifica, concetto ostico per il catto-comunista mondo italiano, ma tema di im-mortale attualità, perchè, in fondo, si sa: non c'è vita che, ineluttabilmente, non sia legata concettualmente alla morte, che nella nostra esistenza può, persino, essere “desiderata”.
Una macchina da presa febbrile e compassionevole, ma mai retorica, scruta la febbrile esistenza di Miele, la sua anomia quotidiana, i suoi incontri di passaggio, la sua sessualità tormentata, i suoi desideri repressi sino all'incontro con il prof. Grimaldi, un Carlo Cecchi, che si conferma grande attore, personaggio che svela ancor di più la morte, spogliandola dai suoi tabù, ma anche dalla inutile giustificazione della malattia conclamata: eutanasia è una bella parola di origine greca, ma sempre sotto terra ti porta. Tanto vale, allora, considerare la morte compagna di vita, proprio per vivere meglio possibile, approfittando dei doni della quotidianità, del risveglio e respiro giornaliero che ci prefigura il domani. Ottimo prova di tutti gli attori, con Libero Di Rienzo, stavolta spalla di Jasmine Trinca.
Belle le musiche cha accompagnano il film.
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luigi chierico
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giovedì 16 luglio 2015
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de eutanasia
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Il film è frammentario,sebbene tratti un tema basato sul dolore e sulla disperazione,
è totalmente privo di emozioni e soprattutto di pathos; il dolore e la disperazione privi di sentimento
non vengono trattati, se non in un episodio di 5 minuti.
La vicenda manca di unicità,senza un filo conduttore ed un dialogo di sostegno.
Le scene ed i momenti appaiono raccolti alla rinfusa, alla cieca, senza un senso logico e costruttivo,
facendo per altro ricorso ad inutile e sempre odioso uso di fugaci didascalie.
Non vi è mai coinvolgimento ed il modesto montaggio di G. Franchini fa il resto.
Molte volte le scene al buio e le frasi appena sussurrate costringono lo spettatore a vederci chiaro...
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Il film è frammentario,sebbene tratti un tema basato sul dolore e sulla disperazione,
è totalmente privo di emozioni e soprattutto di pathos; il dolore e la disperazione privi di sentimento
non vengono trattati, se non in un episodio di 5 minuti.
La vicenda manca di unicità,senza un filo conduttore ed un dialogo di sostegno.
Le scene ed i momenti appaiono raccolti alla rinfusa, alla cieca, senza un senso logico e costruttivo,
facendo per altro ricorso ad inutile e sempre odioso uso di fugaci didascalie.
Non vi è mai coinvolgimento ed il modesto montaggio di G. Franchini fa il resto.
Molte volte le scene al buio e le frasi appena sussurrate costringono lo spettatore a vederci chiaro...
nell'animo di una giovane donna, mercenario senza scrupoli, che fa della morte il suo sostegno di vita.
Quale il motivo? non certo la pietà o la carità o la partecipazione alla tragedia che porta al gesto disperato.
Quando sopravviene lo scrupolo, per la non condivisione, dinanzi al suicidio c'è l'indifferenza!
Si salva qualche immagine, che prescinde però dal contesto, e la fotografia, quando non è venuta a mancare la luce...
Le allusioni: le frequenti immersioni nel mare, le corse in bici, qualche fugace rapporto, i viaggi in aereo.
La purificazione, una vita sana, l'amore per la vita, un volo... per un altro mondo.
TROPPO POCO
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stefano capasso
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venerdì 11 dicembre 2015
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il cambiamento interiore cambia le relazioni
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Irene è una donna di trentenne che porta con se una inquietudine forte, legata ai ricordi della madre scomparsa dopo una malattia. Forse per questo ha scelto di impegnarsi nell’aiutare a morire persone allo stadio terminale. Si procura un potente veleno per cani in sud America e lo somministra con una attenta procedura ai suoi pazienti. Quando un uomo al quale dovrà somministrare il veleno le confessa di stare bene, comincia in lei un conflitto interiore e l’amicizia che poco a poco si svilupperà con l’uomo porterà Irene a rivedere le sue convinzioni.
Un film duro e freddo questo di Valeria Golino, che proprio nella sua protagonista mette in scene la rabbia di una donna che non vuole sentire il dolore e per questo decide di aiutare gli altri a mettere fine alla vita quando è molto sofferta.
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Irene è una donna di trentenne che porta con se una inquietudine forte, legata ai ricordi della madre scomparsa dopo una malattia. Forse per questo ha scelto di impegnarsi nell’aiutare a morire persone allo stadio terminale. Si procura un potente veleno per cani in sud America e lo somministra con una attenta procedura ai suoi pazienti. Quando un uomo al quale dovrà somministrare il veleno le confessa di stare bene, comincia in lei un conflitto interiore e l’amicizia che poco a poco si svilupperà con l’uomo porterà Irene a rivedere le sue convinzioni.
Un film duro e freddo questo di Valeria Golino, che proprio nella sua protagonista mette in scene la rabbia di una donna che non vuole sentire il dolore e per questo decide di aiutare gli altri a mettere fine alla vita quando è molto sofferta. E’ l’incontro con un uomo, e la relazione sincera che con lui costruisce, che permette alla donna di allargare il campionario delle sue emozioni e rivalutare il senso del suo lavoro. Quando le emozioni emergono in modo fluido, allora anche la compassione può prendere il posto della rabbia.
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jayan
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venerdì 18 settembre 2015
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golino tratta del suicidio assistito in modo forte
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Debutto alla regia di Valeria Golino. Tratta del tema del suicidio assistito in modo forte e intimista. Immagini e paole si susseguono in un film nuovo che penetra nella psicologia dei personaggi. Irene, detta Miele, dopo aver aiutato tante persone a por fine alla loro vita - persone che già sono in fin di vita e che non hanno possibilità di continuare a vivere se non con sofferenza -, quando arriva da lei un ingegnere che vuole morire, ma sta bene, va in crisi, e lascia la 'professione'. Non vuole aiutare a suicidarsi chi non è malato ma solo in crisi depressiva. In lei si insinua il pensiero che forse quelli che ha aiutato a morire volessero vivere dopotutto. Ottima interpretazione di Jasmine Trinca.
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Debutto alla regia di Valeria Golino. Tratta del tema del suicidio assistito in modo forte e intimista. Immagini e paole si susseguono in un film nuovo che penetra nella psicologia dei personaggi. Irene, detta Miele, dopo aver aiutato tante persone a por fine alla loro vita - persone che già sono in fin di vita e che non hanno possibilità di continuare a vivere se non con sofferenza -, quando arriva da lei un ingegnere che vuole morire, ma sta bene, va in crisi, e lascia la 'professione'. Non vuole aiutare a suicidarsi chi non è malato ma solo in crisi depressiva. In lei si insinua il pensiero che forse quelli che ha aiutato a morire volessero vivere dopotutto. Ottima interpretazione di Jasmine Trinca. Bravissima Valeria Golino!
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diomede917
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lunedì 27 maggio 2013
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....e comunque viva la vita......
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Irene sembra una ragazza come tante, è poco appariscente, ma in realtà vive una vita clandestina……dietro una presunta studentessa universitaria a Padova si nasconde Miele…..un nome in codice che caratterizza la sua vera professione…..lei aiuta i malati terminale a morire dolcemente facendo loro ingerire un particolare barbiturico a uso veterinario proveniente dalle farmacie messicane.
I suoi occhi sono fissi ma tristi……il suo corpo è fortemente mascolino allenato da immersioni e arrampicate in bicicletta….cerca di contenere le difficoltà che questo lavoro le impone contenendolo con dei rigidi rituali……l’ultima domanda di ripensamento, una lettera d’addio del malato, una musica scelta dallo stesso per andare a miglior vita con la colonna sonora giusta….
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Irene sembra una ragazza come tante, è poco appariscente, ma in realtà vive una vita clandestina……dietro una presunta studentessa universitaria a Padova si nasconde Miele…..un nome in codice che caratterizza la sua vera professione…..lei aiuta i malati terminale a morire dolcemente facendo loro ingerire un particolare barbiturico a uso veterinario proveniente dalle farmacie messicane.
I suoi occhi sono fissi ma tristi……il suo corpo è fortemente mascolino allenato da immersioni e arrampicate in bicicletta….cerca di contenere le difficoltà che questo lavoro le impone contenendolo con dei rigidi rituali……l’ultima domanda di ripensamento, una lettera d’addio del malato, una musica scelta dallo stesso per andare a miglior vita con la colonna sonora giusta….e poi li lascia in compagnia dei propri cari negli ultimi intensi tre minuti osservandoli come un angelo della morte…..e lei con le cuffie alle orecchie si allontana con una musica ipnotica quasi onirica che la preserva dalla dura realtà della stanza di fianco.
Un giorno s’imbatte in un settantenne che non ha un male visibile e terminale…..ma l’invisibile male di vivere e necessita del suo aiuto per porre fine all’apatia di una vita che non ha più niente da dire…..questo incontro scombina i suoi principi e inizia un intenso confronto/rapporto con l’anziano signore sul significato della voglia di vivere un ragionamento che avrà un evidente effetto boomerang.
Ammetto di aver avuto un certo scetticismo di questo esordio alla regia di Valeria Golino, scetticismo fugato subito dalla prima inquadratura con questa porta chiusa e la musica soffusa con lo sguardo intenso della bravissima Jasmine Trinca…..
Valeria Golino ha avuto un bel coraggio rispetto all’esordio di altre sue colleghe (tipo Morante o Bruni Tedeschi) puntando su una tematica difficile e piena di trappole come l’eutanasia…..prendendo spunto dal romanzo A Nome tuo di Mauro Covacich…..
Bisogna dire che azzecca tutte le mosse non cadendo nel ricattatorio lacrimevole (anche se sono presenti scene di forte impatto emotivo)…..ci presenta questo mestiere un malato alla volta, step by step fino alla drammatica fine di un ragazzo affetto da una malattia neurodegenerativa….. ci accompagna nel dolore e nell’isolamento affettivo della protagonista (una ragazza che non ha uno straccio di fidanzato e che intrattiene una relazione con un geloso uomo sposato)…..e si lascia guidare dalla bravura dei suoi interpreti (da lodare un immenso Calo Cecchi) negli incontri/scontri verbali fatti di provocazioni, sguardi e momenti di dolcezza……
Nonostante il tema affrontato Miele è da ritenersi comunque un inno alla vita……una vita che ti può riservare tante stranezze come un foglio che vola senza un perché…..
Voto 8,5
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(di barone di firenze)
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ddd92
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lunedì 3 giugno 2013
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quando la morte diviene una necessita'
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Forse nemmeno un regista con esperienza decennale avrebbe avuto il coraggio di girare un film del genere.
Ebbene colpisce e stupisce che una regista all’esordio mostri tanto coraggio e, ancor prima di esprimere giudizi, è apprezzabile lo sforzo di “correre il rischio” e di portare sullo schermo un tema tanto scottante.
Irene è una ragazza come tante, o almeno lo è all’apparenza.
Perché sotto l’aspetto della studentessa tranquilla e riservata, forse anche un po’ timida, si nasconde la volontà di difendere la dignità dell’uomo anche in punto di morte.
Lo sguardo di questa giovane donna svela tutta la determinazione ed il coraggio di credere in qualcosa e di portarlo avanti con tutte le proprie forze.
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Forse nemmeno un regista con esperienza decennale avrebbe avuto il coraggio di girare un film del genere.
Ebbene colpisce e stupisce che una regista all’esordio mostri tanto coraggio e, ancor prima di esprimere giudizi, è apprezzabile lo sforzo di “correre il rischio” e di portare sullo schermo un tema tanto scottante.
Irene è una ragazza come tante, o almeno lo è all’apparenza.
Perché sotto l’aspetto della studentessa tranquilla e riservata, forse anche un po’ timida, si nasconde la volontà di difendere la dignità dell’uomo anche in punto di morte.
Lo sguardo di questa giovane donna svela tutta la determinazione ed il coraggio di credere in qualcosa e di portarlo avanti con tutte le proprie forze.
E questo qualcosa ha davvero grande importanza.
Lo ha per Miele (questo è il suo nome di battaglia) che si mette in gioco per concedere una morte dolce a persone la cui vita è ormai ben lontana dall’autosufficienza e dall’autonomia senza le quali saremmo soltanto dei vegetali.
Lo è per lo spettatore che, forse per la prima volta, si ritrova a riflettere su argomenti che purtroppo spesso cerchiamo di allontanare pur essendo consapevoli che, da mortali quali siamo, riguardano tutti noi.
Ma arriva un giorno nel quale le cose non vanno come sempre per Miele.
C’è qualcuno che chiede il suo intervento pur non essendo affatto in fin di vita.
Inizialmente la protagonista ignora che il suo nuovo cliente sia diverso da tutti gli altri.
Consegna il veleno per cani con cui è solita procurare la “dolce morte” nei propri pazienti e viene presto congedata dell’Ingegnere, il primo che rifiuti la sua assistenza.
Ma presto la verità viene a galla e dalla rabbia inziale nasce tra i due un sentimento nobile, paterno, toccante.
Al di là della vicinanza o meno al tema trattato vale la pena di godersi il film anche solo per la gestione magistrale della macchina da presa e del sonoro.
Valeria Golino, che ci aveva abituato a bucare lo schermo con i capelli ribelli, la voce profonda e lo sguardo cristallino e malinconico, non fa rimpiangere il passaggio dalla scena alla macchina da presa.
La cigliegina sulla torta la mette una Jasmine Trinca che non delude le aspettative di chi ne aveva apprezzato il talento già dagli esordi, quando ragazzina venne scelta da Nanni Moretti per “La stanza del figlio”.
Apprezzabile anche la colonna sonora, espressa quasi attraverso una simbiosi tra la protagnoista e le cuffiette bianche dell’Ipod.
Forse l’unica nota dolente sta nella sceneggiatura, in quel finale poco lieto mentre invece sarebbe stato bello e certamente lontano dal banale vedere un destino diverso del rapporto tra Miele e L’Ingegnere.
Ma forse è giusto così.
Forse anche nelle migliori storie è triste ma bello vedere una fine annunciata.
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reckless project
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venerdì 3 maggio 2013
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fino all'ultimo respiro
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Il debutto alla regia di Valeria Golino sarà a Cannes nella sezione Un Certain Regard. E’ liberamente ispirato al libro "A nome tuo" di Mauro Covacich e ricorda le vicende di Jack Kevorkian, dalle quali è stato tratto un film Tv nel 2010 diretto da Barry Levinson e interpretato da Al Pacino. Miele è lo pseudonimo che sceglie la protagonista per mantenere l’anonimato; il film è stato scritto dalla regista con Valia Santella e Francesca Marciano. A quest’ultima non piace la definizione di “angelo della morte” in riferimento al personaggio interpretato da Jasmine Trinca ma in realtà è perfettamente calzante: Irene (questo il suo vero nome, dal greco “pace”) è una trentenne che aiuta le persone affette da malattie terminali o degenerative a porre fine alla loro sofferente esistenza.
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Il debutto alla regia di Valeria Golino sarà a Cannes nella sezione Un Certain Regard. E’ liberamente ispirato al libro "A nome tuo" di Mauro Covacich e ricorda le vicende di Jack Kevorkian, dalle quali è stato tratto un film Tv nel 2010 diretto da Barry Levinson e interpretato da Al Pacino. Miele è lo pseudonimo che sceglie la protagonista per mantenere l’anonimato; il film è stato scritto dalla regista con Valia Santella e Francesca Marciano. A quest’ultima non piace la definizione di “angelo della morte” in riferimento al personaggio interpretato da Jasmine Trinca ma in realtà è perfettamente calzante: Irene (questo il suo vero nome, dal greco “pace”) è una trentenne che aiuta le persone affette da malattie terminali o degenerative a porre fine alla loro sofferente esistenza. Più che di eutanasia si può parlare di suicidio assistito; la ragazza viaggia su e giù per l’Italia e per procurarsi il barbiturico illegale che non lascia tracce nell’autopsia vola fino in Messico. E’ legata a suo padre e porta avanti una doppia relazione (con il complice De Rienzo e l’ignaro Marchioni) ma essenzialmente è una persona che vive una forte solitudine, aggravata dal fatto che il modo in cui si guadagna da vivere è anche il suo grande segreto. Miele cerca il contatto con la vita fino allo sfinimento, gesto che nel film è reso efficacemente dalle corse forsennate in bicicletta, dalle immersioni subacquee, dai ricordi d’infanzia e dai rapporti sessuali che bruciano veloci dando al tutto un senso di espiazione. La sua è una missione a fin di bene alla quale è ormai assuefatta e freddamente abituata finchè un giorno un “errore di sistema” la risveglia. Un ingegnere settantenne le ha mentito: si è fatto procurare il farmaco ma scoppia di salute. Il tradimento del suo codice etico e il senso di colpa la fanno avvicinare all’uomo, prima nel tentativo di sottrargli il barbiturico e poi per cercare di dissuaderlo dalla sua volontà. Difficile trovare materiale superfluo nel film e assolutamente d’obbligo non svelare nulla se non che la storia è basata saldamente sul rapporto tra la giovane Irene e l’ingegner Grimaldi, interpretato quasi alla perfezione da Carlo Cecchi, una persona giovanile e acuta, fisicamente sana ma stanca di vivere anche a causa dell’ “imbecillità contemporanea”. Il punto debole è proprio all’inizio dello sviluppo, l’imprudenza di un paio di passaggi fondamentali e della loro prevedibilità insieme a qualche leggera forzatura di scrittura non convincono pienamente e rendono il dialogo un po’ letterario e dottrinale.Il tema è quello recentemente abusato ma fortissimo (e tabù in Italia, vedi anche Bella addormentata) della malattia e del desiderio di morire facendosi aiutare, che ci ha regalato alcuni eccellenti film negli ultimi anni (da Le invasioni barbariche ad Amour assando per Mare dentro e Million dollar baby). Quest’opera offre spunti di riflessione piuttosto che un intreccio melodrammatico o sequenze cariche di pathos e affronta il tema sensatamente con tocco leggero. Valeria Golino dimostra di essere una perla rara nel panorama cinematografico nostrano. Chi può vantare di aver diviso la scena con un Dustin Hoffman da Oscar (in Rain Man) o con una superstar come Madonna (nel tarantiniano Four rooms)? Scoperta dalla Wertmuller ha recitato negli USA per John Carpenter, Mike Figgis e nell’esordio alla regia di Sean Penn; da noi è stata bravissima negli ultimi tempi come protagonista di Respiro e de La guerra di Mario per entrambi i quali ha vinto il Nastro d’argento come miglior attrice. Questa esordiente con trent’anni di carriera, forse per paura di spaventare il pubblico, afferma che il suo film è vitale e parla, in contrapposizione, anche della vita e, scelta arguta, il decesso non è mai mostrato. Di certo non è un film triste ma di rado ci si trova dinanzi ad un’opera così intrisa di morte, che avvicina e stringe gli spettatori a quel senso di afflizione e di brutale epilogo che trasmettono gli ultimi momenti della vita umana, di un corpo che ha vibrato di gioia e vitalità e ora non può far altro che spegnersi inesorabilmente lasciandoci impotenti ad assisterne la fine, immobilizzati e incupiti davanti a crudeli giacigli, a occhi senza più speranza. Tornata brava perché a suo dire meravigliosamente diretta, Jasmine Trinca, silenziosa traghettatrice per l’aldilà, porta sullo schermo un personaggio asfissiato dal dolore e dalla morte altrui che ha più contatti - e più intensi - con chi se ne sta andando piuttosto che con chi è vicino e presente. Una giovane che ha scelto una vita da boia buono, che si rispecchia nel malessere esistenziale del reticente Grimaldi ma rimane incollata alla vita. Finalmente un personaggio del nostro cinema che rimarrà, in un film che specularmente all’argomento trattato potrebbe avere lunga vita se non l’immortalità, che “non sembra italiano” nemmeno visivamente e con una colonna sonora diegetica che spazia da Bach a Thom York. C’è chi sarà colpito al cuore (forse nell’epoca in cui viviamo una diciottenne difficile lo potrà eleggere a film generazionale) ma per molti sarà scomodo e per altri, sfortunatamente, indigesto.
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goldy
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mercoledì 1 maggio 2013
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molto poco italiano
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Girato con stacchi secchi, aspri e inquadrature mai casuali racconta di vite al tramonto. Con uno stile molto insolito per il cinema italiano, privo di qualsiasi cedimento emotivo, affronta con una maturità laica di chi sente di avere il diritto di poter disporre della propria fine esente da sudditanze religiose il problema dell'eutanasia. La protagonista facilita una fine indolore e accetta di farlo solo per chi è malato terminale. Quando scopre invece che un suo "paziente" desidera farlo per disinteresse alla vita si ribella e si ascoltano.
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Girato con stacchi secchi, aspri e inquadrature mai casuali racconta di vite al tramonto. Con uno stile molto insolito per il cinema italiano, privo di qualsiasi cedimento emotivo, affronta con una maturità laica di chi sente di avere il diritto di poter disporre della propria fine esente da sudditanze religiose il problema dell'eutanasia. La protagonista facilita una fine indolore e accetta di farlo solo per chi è malato terminale. Quando scopre invece che un suo "paziente" desidera farlo per disinteresse alla vita si ribella e si ascoltano. La tematica può sembrare scoraggiante e invece se ne esce con un senso di liberazione rispetto a un tabù che continua a rimanere tale ma di cui si riesce a parlare con sufficiente serenità.
Un film che vedo finalmente adatto anche un mercato internazionale.
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[+] non sono d'accordo in toto
(di lesterburnham)
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