cinematta
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venerdì 3 ottobre 2014
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finalmente un nuovo cinema italiano!
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Take5 è proprio un bel film. Una trama movimentata apre il sipario su una gang semi-credibile di rapinatori e si snoda con colpi di scena che svelano psicologie sempre più complesse e un realismo affilato, mai noioso . Scene di quotidiana e grottesca malavita interpretate da attori ex detenuti, con un'intensità che colpisce nel segno.
Grande fotografia, splendida colonna sonora originale, azzeccate le citazioni ai maestri del genere realista, thriller poliziesco e "pulp fiction". Finalmente un cinema italiano nuovo si fa avanti. Consigliatissimo.
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carla72
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sabato 16 novembre 2013
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tanto rumore per nulla!
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E’ vero, il secondo film per un regista è il più difficile. Nonostante il talento di Lombardi Take five non raggiunge lo spettatore che non rimane per niente coinvolto. Il regista vuole comunicare ansiosamente che sa girare, ma non bastano le inquadrature ruffiane a salvare il film. Dialoghi imbarazzanti e finale molto molto discutibile!
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gaiart
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giovedì 14 novembre 2013
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ottimo genio del napoletano : take five and more !
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TAKE FIVE di GUIDO LOMBARDI di Gaia Serena Simionati
Take five, di Guido Lombardi, s’ispira ai cinque minuti di pausa per fumare una sigaretta che i jazzisti non si prendono mai. O al concerto di cinque strumenti che non si ferma mai, come la musica di Dave Brubek, di cui è appassionato. Oppure ad Attento a quei due con l’aggiunta di tre - quei tre su cinque (attori) che sono veramente stati in carcere. Ovvero in tutto cinque malviventi e avanzi di galera che, nel film, cercano di fare una rapina, ma una serie di coincidenze beffarde, che possono esistere solo a Napoli come:
A) il bisogno di rapinare per un trapianto di cuore da due milioni di euro di Salvatore Striano (assoldato per dovere di cronaca dal bravissimo regista ancor prima della partecipazione a Gomorra del 2008).
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TAKE FIVE di GUIDO LOMBARDI di Gaia Serena Simionati
Take five, di Guido Lombardi, s’ispira ai cinque minuti di pausa per fumare una sigaretta che i jazzisti non si prendono mai. O al concerto di cinque strumenti che non si ferma mai, come la musica di Dave Brubek, di cui è appassionato. Oppure ad Attento a quei due con l’aggiunta di tre - quei tre su cinque (attori) che sono veramente stati in carcere. Ovvero in tutto cinque malviventi e avanzi di galera che, nel film, cercano di fare una rapina, ma una serie di coincidenze beffarde, che possono esistere solo a Napoli come:
A) il bisogno di rapinare per un trapianto di cuore da due milioni di euro di Salvatore Striano (assoldato per dovere di cronaca dal bravissimo regista ancor prima della partecipazione a Gomorra del 2008).
B) lo sgorgare improvviso del geniale Scio’men, l’eccezionale Beppe Lanzetta pure nel ruolo del queer, di un’attrazione fisica omosessuale irresistibile per Ruocco.
C) una rottura di un braccio nelle fogne di Napoli, etc etc, tanto da sfociare non solo in una bellissima energia tra i protagonisti, ma anche in battute e scene estremamente divertenti che valgono la solita nomea napoletana- equipollente all’unica genialità italiana.
Gli omaggi a I soliti ignoti, a capolavori come Nodo alla Gola, a Le iene, Rapina a mano armata, non si sprecano, rielaborati in una cosa nuova e assecondati da una sesta protagonista assoluta: la musica della colonna sonora che spazia da un canone di Pachelbel ad arie napoletane perfette.
In realtà, l’origine e il vero omaggio Lombardi lo fa a The big Kahuna, una commedia/film che Lombardi riprende dando lo stesso impianto teatrale e scegliendo forzatamente di girare, (a causa anche di un low budget e sei brevi settimane di riprese) solo nello studio fotografico di Sasà, per provare in laboratorio prima ed essere perfetti sul set poi. Con questo, aggiungendo estro e improvvisazione della cultura napoletana, ottimo cast, naturalezza della recitazione, attenzione ai minimi dettagli, fantasia della storia, ne esce una ricetta vincente, Nu babbà, ormai il quarto della produzione di Rai cinema nei 4 film italiani presenti a Roma Film Festival. Ancora una volta e non si sa più come dimostrarlo in Italia, non è certo il denaro a creare grandezza e risultati eccellenti. Deo gratia!
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