deborissimah
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domenica 8 settembre 2013
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aria fresca dallo schermo cinematografico
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Arriva dall'Iran questa nuova corrente che ha deciso di sperimentare nuovi linguaggi per parlare al mondo del grande schermo. Una storia macabra, seppure tratta dalla realtà, che purtroppo ha tenuto molti papabili spettatori lontani dalle sale dove veniva proiettata; se avessero saputo di cosa si trattava di certo sarebbero entrati; non c'è sangue, non ci sono scene crude, anche se questo non significa che manchino tensione e suspence, ma soprattutto quello che non manca è un nuovo modo di lavorare che spiazza completamente gli spettatori, sconvolgendo la grammatica della telecamera e del pianosequenza, sconvolgendo lo spaziotempo con una cura dei dettagli a dir poco maniacale e una soluzione per il peggiore dei racconti che senza mostrare nulla riesce a fare accapponare la pelle.
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Arriva dall'Iran questa nuova corrente che ha deciso di sperimentare nuovi linguaggi per parlare al mondo del grande schermo. Una storia macabra, seppure tratta dalla realtà, che purtroppo ha tenuto molti papabili spettatori lontani dalle sale dove veniva proiettata; se avessero saputo di cosa si trattava di certo sarebbero entrati; non c'è sangue, non ci sono scene crude, anche se questo non significa che manchino tensione e suspence, ma soprattutto quello che non manca è un nuovo modo di lavorare che spiazza completamente gli spettatori, sconvolgendo la grammatica della telecamera e del pianosequenza, sconvolgendo lo spaziotempo con una cura dei dettagli a dir poco maniacale e una soluzione per il peggiore dei racconti che senza mostrare nulla riesce a fare accapponare la pelle. Insomma un film assolutamente da vedere
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peer gynt
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venerdì 6 settembre 2013
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l'illusoria diacronia del racconto filmico
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Una didascalia iniziale ci avverte subito che la vicenda del film è tratta da una storia vera, un orrendo fatto di cannibalismo dei gestori di una sorta di trattoria locale a danno dei giovani campeggiatori che si radunano presso un lago nel bosco per una gara di aquiloni in occasione del solstizio d'inverno. Siamo quindi avvertiti che l'ambito di genere è quello dell'horror più vieto (esempi di una trama simile ce ne sono a bizzeffe). Ma il regista ci spiazza subito, costringendoci a seguire in un eterno piano-sequenza ora un personaggio ora un altro e costringendoci ad osservare gli stessi banali episodi più volte e da punti di vista diversi, come se il tempo fosse circolare e per qualche strano mistero noi potessimo, sempre all'interno del piano-sequenza, tornare indietro nel tempo e rivedere un'altra volta l'episodio successo minuti prima.
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Una didascalia iniziale ci avverte subito che la vicenda del film è tratta da una storia vera, un orrendo fatto di cannibalismo dei gestori di una sorta di trattoria locale a danno dei giovani campeggiatori che si radunano presso un lago nel bosco per una gara di aquiloni in occasione del solstizio d'inverno. Siamo quindi avvertiti che l'ambito di genere è quello dell'horror più vieto (esempi di una trama simile ce ne sono a bizzeffe). Ma il regista ci spiazza subito, costringendoci a seguire in un eterno piano-sequenza ora un personaggio ora un altro e costringendoci ad osservare gli stessi banali episodi più volte e da punti di vista diversi, come se il tempo fosse circolare e per qualche strano mistero noi potessimo, sempre all'interno del piano-sequenza, tornare indietro nel tempo e rivedere un'altra volta l'episodio successo minuti prima. Una struttura filmica molto originale e dai chiari risvolti metaforico-linguistici, un procedere continuo e infarcito di dialoghi non significativi nell'attesa per lo spettatore che da un momento all'altro accada l'orrenda e sanguinosa tragedia (aspettativa che però il regista vanifica continuamente), per un film ricco anche di allusioni alle difficoltà dell'Iran contemporaneo. Un'opera notevole, inaspettata, spiazzante, da applaudire sicuramente.
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