aurora
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mercoledì 28 ottobre 2020
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surreale e spiazzante : da vedere
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Un film da non perdere per chi ha apprezzato la new wave greca di Lanthimos, Makridis, Zois e altri. Qui il regista di Miserere e lo sceneggiatore di The LObster e altri film di Lanthimos, danno vita ad una realtà distopica e spiazzante, metafora della condizione umana. Da vedere assolutamente.
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guidobaldo maria riccardelli
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lunedì 27 giugno 2016
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sulla dolorosa convivenza col cambiamento
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Difficilmente inquadrabile in un genere, surreale ed a più riprese spiazzante, questo "L" si offre all'interpretazione più libera, forse troppo in verità, ben conscio di correre il rischio di risultare impenetrabile, riponendo perciò grande fiducia sulla disponibilità intellettuale dello spettatore.
Ben diretto, grazie alla mano registica sapiente di Babis Makridis (benché si tratti dell'opera prima del cineasta di Kastoria), sa comunicare proficuamente la sensazione generale, orientata ad una follia lucida, conclamata ed accettata, unica via possibile e percorribile.
Diffusamente simbolico, ne ravvisiamo un intento volto alla generalizzazione delle azioni del protagonista (il sempre ottimo Aris Servetalis) quali rimandi ad un più ampio ragionamento sulle logiche proprie del meccanismo della rappresentanza, una critica a quella logica del ricambio che, almeno per quanto concerne la Grecia attuale, mal ha saputo districarsi.
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Difficilmente inquadrabile in un genere, surreale ed a più riprese spiazzante, questo "L" si offre all'interpretazione più libera, forse troppo in verità, ben conscio di correre il rischio di risultare impenetrabile, riponendo perciò grande fiducia sulla disponibilità intellettuale dello spettatore.
Ben diretto, grazie alla mano registica sapiente di Babis Makridis (benché si tratti dell'opera prima del cineasta di Kastoria), sa comunicare proficuamente la sensazione generale, orientata ad una follia lucida, conclamata ed accettata, unica via possibile e percorribile.
Diffusamente simbolico, ne ravvisiamo un intento volto alla generalizzazione delle azioni del protagonista (il sempre ottimo Aris Servetalis) quali rimandi ad un più ampio ragionamento sulle logiche proprie del meccanismo della rappresentanza, una critica a quella logica del ricambio che, almeno per quanto concerne la Grecia attuale, mal ha saputo districarsi. Oltre a questo, ci pare di scorgere un ragionamento, ancora una volta connotato in veste critica, sul fenomeno dell'autodeterminazione, personale e sociale, nonché a livello intra ed extra nazionale, nel quale il finale appare come la degna concretizzazione di ciò, una rassegnazione desolata ma quantomeno credibile in una realtà senza troppe speranze.
Più in generale, si pone ben in vista quel meccanismo, proprio delle dinamiche contemporanee, per il quale la sopraffazione risulta essere il movimento più credibile ed efficace, incentivato e promosso, in una visione quantomai ancestrale delle relazioni interpersonali.
Enigmatica e su linee di pensiero astratte, si caratterizza in primis come pellicola ampiamente stimolante, oltre che esteticamente riuscita.
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guidobaldo maria riccardelli
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lunedì 27 giugno 2016
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la dolorosa convivenza col cambiamento
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Surreale ed a più riprese spiazzante, questo "L" si offre all'interpretazione più libera, forse troppo in verità, ben conscio di correre il rischio di risultare impenetrabile, riponendo perciò grande fiducia sulla disponibilità intellettuale dello spettatore.
Ben diretto, grazie ad una mano registica sapiente (benché si tratti di un'opera prima), sa comunicare proficuamente la sensazione generale, orientata ad una follia lucida, conclamata ed accettata, unica via possibile e percorribile.
Diffusamente simbolico, ne ravvisiamo un intento volto alla generalizzazione delle azioni del protagonista (il sempre ottimo Aris Servetalis) quali rimandi ad un più ampio ragionamento sulle logiche proprie del meccanismo della rappresentazione, una critica a quella logica del ricambio che, almeno per quanto concerne la Grecia attuale, mal ha saputo districarsi.
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Surreale ed a più riprese spiazzante, questo "L" si offre all'interpretazione più libera, forse troppo in verità, ben conscio di correre il rischio di risultare impenetrabile, riponendo perciò grande fiducia sulla disponibilità intellettuale dello spettatore.
Ben diretto, grazie ad una mano registica sapiente (benché si tratti di un'opera prima), sa comunicare proficuamente la sensazione generale, orientata ad una follia lucida, conclamata ed accettata, unica via possibile e percorribile.
Diffusamente simbolico, ne ravvisiamo un intento volto alla generalizzazione delle azioni del protagonista (il sempre ottimo Aris Servetalis) quali rimandi ad un più ampio ragionamento sulle logiche proprie del meccanismo della rappresentazione, una critica a quella logica del ricambio che, almeno per quanto concerne la Grecia attuale, mal ha saputo districarsi. Oltre a questo, ci pare di scorgere un ragionamento, ancora una volta connotato in veste critica, sul fenomeno dell'autodeterminazione, personale e sociale, nel quale il finale appare come la degna concretizzazione di ciò, una rassegnazione desolata ma quantomeno credibile in una realtà senza troppe speranze.
Enigmatica e su linee di pensiero astratte, si caratterizza in primis come pellicola ampiamente stimolante, oltre che esteticamente riuscita.
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