melania
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lunedì 26 novembre 2012
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e lo chiamano film...
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non ho altro da aggiungere,se non "la regista,da dove ha tirato fuori una roba del genere?"
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flyanto
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domenica 25 novembre 2012
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quando l'incomunicabilità conduce al nichilismo to
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Film in cui viene descritto il problema dell'incomunicabilità all'interno di un coppia, seppure molto innamorata. Molto discussa e criticata al Festival del cinema di Roma questa pellicola è stata fortemente presa di mira principalmente per il suo tema alquanto "scomodo" (e più diffuso di quanto si creda) appunto della difficoltà a comunicare sessualmente e non e per le esplicite scene di sesso o di nudo che qui, a mio parere, non risultano affatto fine se stesse, ma si rendono necessarie al fine di rappresentare lo stato di disadattamento e di patologia in cui si trova il protagonista maschile. Come nel precedente transoceanico film "Shame", anche qui il protagonista maschile consuma le sue giornate, o per lo meno le sue relazioni sessuali, solo con prostitute od incontri casuali o di scambi di coppia rimanendo del tutto impotente nell' ambito dei suoi affetti reali e sinceri.
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Film in cui viene descritto il problema dell'incomunicabilità all'interno di un coppia, seppure molto innamorata. Molto discussa e criticata al Festival del cinema di Roma questa pellicola è stata fortemente presa di mira principalmente per il suo tema alquanto "scomodo" (e più diffuso di quanto si creda) appunto della difficoltà a comunicare sessualmente e non e per le esplicite scene di sesso o di nudo che qui, a mio parere, non risultano affatto fine se stesse, ma si rendono necessarie al fine di rappresentare lo stato di disadattamento e di patologia in cui si trova il protagonista maschile. Come nel precedente transoceanico film "Shame", anche qui il protagonista maschile consuma le sue giornate, o per lo meno le sue relazioni sessuali, solo con prostitute od incontri casuali o di scambi di coppia rimanendo del tutto impotente nell' ambito dei suoi affetti reali e sinceri. Un disadattamento ed uno stato di tormento profondo che lo porterà alla distruzione e ad un annientamento totale di sè e del suo rapporto affettivo. Ben diretto con uno stile asciutto ed elegante (in certi momenti, forse, un pò patinato) e ben sinteticamente raccontato in un arco di tempo ottimale di non più di 90 minuti, personalmente sono a favore del premio assegnatogli per la regia che per l' interpretazione di Isabella Ferrari che risulta brava e sempre molto bella al naturale, senza fortunatamente l'ausilio di alcun ritocco.
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m.d.c
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domenica 25 novembre 2012
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l'incapacità di mare secondo franchi
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Un film che ha il coraggio dei suoi difetti, che non si risparmia e che non risparmia quasi niente allo spettore. Nella sua rappresentazione di un male di vivere estremo e compulsivo E la chiamano estate mostra, con una cifra stilistica non comune, che un film può essere ancora una scommessa, un azzardo e una sfida rivolta con sfrontatezza al consenso, quasi rigettandolo subito a partire dalla prima inquadratura del sesso della protagonista Isabella Ferrari. Costruito sulla fragilità di un intreccio che in effetti non ha grande sostanza, deborandando qua e là nelle scene di sesso, il film di Franchi segue una strenua traiettoria autodistruttiva immersa in un bianco abbacinante, in un isolamento a tratti visionario, dove la geografia di un'anima in rovina si confonde con scenari liquidi, indecifrabili come il malessere di Jean Marc Barr, anestesista ridotto a essere un' ombra per l'incapacità di amare fisicamente la sua donna.
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Un film che ha il coraggio dei suoi difetti, che non si risparmia e che non risparmia quasi niente allo spettore. Nella sua rappresentazione di un male di vivere estremo e compulsivo E la chiamano estate mostra, con una cifra stilistica non comune, che un film può essere ancora una scommessa, un azzardo e una sfida rivolta con sfrontatezza al consenso, quasi rigettandolo subito a partire dalla prima inquadratura del sesso della protagonista Isabella Ferrari. Costruito sulla fragilità di un intreccio che in effetti non ha grande sostanza, deborandando qua e là nelle scene di sesso, il film di Franchi segue una strenua traiettoria autodistruttiva immersa in un bianco abbacinante, in un isolamento a tratti visionario, dove la geografia di un'anima in rovina si confonde con scenari liquidi, indecifrabili come il malessere di Jean Marc Barr, anestesista ridotto a essere un' ombra per l'incapacità di amare fisicamente la sua donna. Da qui l'idea di cercarne i vecchi fidanzati per pregarli di riallacciare un rapporto con l'ex compagna. L'idea, drammaturgicamente irrisolta (ma non sono forse spesso irrisolte le relazioni, i rapporti?) non è che un pretesto per mettere in scena l' incapacità di amare e di essere amati, la distanza che divide uomini e donne e la ricerca impossibile di una felicità che sembra solo un misterioso, inaccessibile traguardo. L'equilibrio a Franchi non sembra interessare così come il realismo fino a se stesso, ma se la spinta per raccontare una storia è spesso l'anormalità nel caso di E la chiamano estate questa viene mostrata con troppa programmatica esasperazione(compreso il tragico epilogo che sa un pò di di già visto) ma con altrettanta forza creativa nella costruzione delle immagini, nelle intuizioni che rendono significative certe scene(il bacio alla paziente dopo l'operazione, l'amplificarsi del suono dell'acqua sotto la doccia come un'eco insostenibile, l'uso delle diapositive accompagnate dalla voce fuori campo, l'incontro per strada). Nel bilancio tra quello che dà e che chiede al pubblico E la chiamano estate non fa sconti e non ne riceve(ilarità e linciaggio compresi) ma lascia anche una scia di malessere, di gravità e silenzio che spesso anche a film migliori manca. Per un storia che viaggia dalla prima all'ultima inquadratura sul filo del rasoio dell'incomprensione e del rifiuto non è poco e allo stesso tempo forse non è abbastanza. Ma a Franchi le contraddizioni, i conflitti che sprigionano reazioni violente, persino denigratorie sembrano interessare più della ricerca di un equilibrio narrativo. Matteo De Chiara
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pierrotlefou
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domenica 25 novembre 2012
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coraggioso ed originale
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Nonostante le vostre critiche, i fischi, la violenza con la quale è stato accolto, a me il film è sembrato coraggioso nelle scelte e nelle ambizioni, diverso nel linguaggio che propone, toccante ed imperfetto come quasi sempre sono i film personali e dolorosi.
In ogni caso bisognerebbe diffidare sempre dai consensi unanimi, così tragicamente frequenti nella nostra bella Italietta. Non’è certo il primo a vincere un premio tra i fischi dei critici. Prima di lui ci sono stati Pialat con Sotto il sole di satana, Antonioni con l’Avventura, Ferreri con la Grande abbuffata. Detto questo non ho letto una sola recensione bella o brutta che sia, degna di questo nome.
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Nonostante le vostre critiche, i fischi, la violenza con la quale è stato accolto, a me il film è sembrato coraggioso nelle scelte e nelle ambizioni, diverso nel linguaggio che propone, toccante ed imperfetto come quasi sempre sono i film personali e dolorosi.
In ogni caso bisognerebbe diffidare sempre dai consensi unanimi, così tragicamente frequenti nella nostra bella Italietta. Non’è certo il primo a vincere un premio tra i fischi dei critici. Prima di lui ci sono stati Pialat con Sotto il sole di satana, Antonioni con l’Avventura, Ferreri con la Grande abbuffata. Detto questo non ho letto una sola recensione bella o brutta che sia, degna di questo nome. Dire che un film è brutto non significa nulla per un critico. Così come sezionare la fotografia, i dialoghi, la recitazione senza considerare un opera nella sua essenza, nella sua complessità ed anche nella sua imperfezione è considerare un film alla stregua di un prodotto uso e getta.
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il conformista
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sabato 24 novembre 2012
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manco ridicolo, manco trash: inutile
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Film che non va da nessuna parte. Speravo di sbellicarmi dalle risate, invece non è neanche trash. Sembra una di quelle pubblicità patinate di Dash dove il bianco "è sempre più bianco". A parte l'inespressività di Isabella Ferrari, il peggiore è Jean Marc Barr che oltre che negato, si è imbruttito in maniera spropositata dagli anni ottanta. Sono quei bellissimi che a 50 anni invece di diventare affascinanti, sfiorscono e pensano che avere i denti neri sia alternativo. Ci si becca un paio di oscure inquadrature della passera di Isabella Ferrari, ma il regista insiste maggiormenti sui membri e i fondoschiena maschili. L'ironia è che nei film generlamente i personaggi fanno sesso ma sono vestiti, qui invece la Ferrari è sempre nuda ma non fa mai sesso col JM Barr.
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Film che non va da nessuna parte. Speravo di sbellicarmi dalle risate, invece non è neanche trash. Sembra una di quelle pubblicità patinate di Dash dove il bianco "è sempre più bianco". A parte l'inespressività di Isabella Ferrari, il peggiore è Jean Marc Barr che oltre che negato, si è imbruttito in maniera spropositata dagli anni ottanta. Sono quei bellissimi che a 50 anni invece di diventare affascinanti, sfiorscono e pensano che avere i denti neri sia alternativo. Ci si becca un paio di oscure inquadrature della passera di Isabella Ferrari, ma il regista insiste maggiormenti sui membri e i fondoschiena maschili. L'ironia è che nei film generlamente i personaggi fanno sesso ma sono vestiti, qui invece la Ferrari è sempre nuda ma non fa mai sesso col JM Barr. Bella scena dopo un'orgia, tutti tramortiti a terra stecchiti (ma sono vivi): il sesso di guppo stanca parecchio.
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claudio bianco
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venerdì 23 novembre 2012
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un bellissimo film postmoderno
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Scandalo del pubblico del festival... Pagato perchè odiano Muller?... Un film bellissimo. dolente e doloroso, citazionistico ma mai erudito... Struggente... Che si mette a nudo e obbliga lo spettatore a stare solo con se stesso e i propri fantasmi... Franchi è un autore stra avanti, non adatto a questa italietta abituata al cinema realistico, con contenuto falso e morale preconfezionata... E' un film di una ricercatezza stilistica rara... Meritatissimi i premi!!! Ma troppo sofisticato per la critica sciatta!!! E' per un pubblico senza pregiudizi e che non ha paura del sesso che può anche non colmare il vuoto desolante del nostro "essere". Postmoderno, rivoluzionario, forte come un pugno, struggente come una lacrima.
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Scandalo del pubblico del festival... Pagato perchè odiano Muller?... Un film bellissimo. dolente e doloroso, citazionistico ma mai erudito... Struggente... Che si mette a nudo e obbliga lo spettatore a stare solo con se stesso e i propri fantasmi... Franchi è un autore stra avanti, non adatto a questa italietta abituata al cinema realistico, con contenuto falso e morale preconfezionata... E' un film di una ricercatezza stilistica rara... Meritatissimi i premi!!! Ma troppo sofisticato per la critica sciatta!!! E' per un pubblico senza pregiudizi e che non ha paura del sesso che può anche non colmare il vuoto desolante del nostro "essere". Postmoderno, rivoluzionario, forte come un pugno, struggente come una lacrima. Bravissimo!!!
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polpetta 1
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giovedì 22 novembre 2012
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è il peggior film che ho visto
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sono appena tornata dal cinema a vedere " e la chiamano estate" sono esterefatta.Ora capisco le polemiche per la vincita al concorso. Non certo per tutto il sesso che si vede ma per la lentezza e la noiosità delle scene per niente piacevoli in nessun senso. Mi dispiace per la Ferrari, ma con questo film potrebbe dire addio alla sua carriera. Non meritava assolutamente di vincere.
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plania
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giovedì 22 novembre 2012
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ma davvero fate?
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I due premi conquistati dal film di Franchi al Festival di Roma (miglior regia e miglior interprete femminile) dovrebbero aprire un serio dibattito sulla valenza delle giurie e delle rassegne cinematografiche. Mai visto niente di più brutto, di più lento, di più sciattamente interpretato. Il film fa perno al botteghino sulle tanto reclamizzate scene porno ma anche qui la fanfara diventa un campanellino. Insomma veramente nulla da salvare se non una fotografia patinata che a tratti sfiora il kitch. Perchè due premi ad un film del genere? La risposta non ce l'ho e nemmeno la immagino... ovvero la immagino ma me la tengo per me. Ai cari curatori della rassegna romana bisognerebbe dire che così non si va davvero lontani!
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sergiocitti
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venerdì 16 novembre 2012
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film da non guardare assolutamente
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Non riesco a capire perchè sia stato inserito nel Festival del Cinema....uno dei peggiori film che abbia mai visto !!!
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gioygio
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venerdì 16 novembre 2012
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pretenzioso e incompleto
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E' con dispiacere che devo affermare il completo fallimento del film "e la chiamano estate". Da un film del Festival Internazionale del Film di Roma, ci si aspetta un livello alto ed invece già dopo il primo quarto d'ora di film viene voglia di uscire dalla sala e l'unica domanda che sorge spontanea è "perchè è in concorso questo film?".
Il regista sicuramente ha un background cinematografico non indifferente e come afferma lui stesso proviene da una formazione psicanalitica, ma purtroppo tutto ciò non basta per essere un AUTORE di alto livello, l'arte e l'indole artistica è innata e Paolo Franchi ha peccato di superbia.
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E' con dispiacere che devo affermare il completo fallimento del film "e la chiamano estate". Da un film del Festival Internazionale del Film di Roma, ci si aspetta un livello alto ed invece già dopo il primo quarto d'ora di film viene voglia di uscire dalla sala e l'unica domanda che sorge spontanea è "perchè è in concorso questo film?".
Il regista sicuramente ha un background cinematografico non indifferente e come afferma lui stesso proviene da una formazione psicanalitica, ma purtroppo tutto ciò non basta per essere un AUTORE di alto livello, l'arte e l'indole artistica è innata e Paolo Franchi ha peccato di superbia.
La trama poteva essere interessante se fosse stata sviluppata da mani esperte e da una regia sapiente; la storia parla di un amore inespresso, di un'ossessione malata di un uomo che ama una donna quasi idolatrandola ma incapace di avere alcun rapporto sessuale con essa, si diletta e sfoga la sua frustrazione cercando sesso estremo, orge, prostitute.
La grammatica filmica è superficiale, poco emozionale, fredda e priva di armonia. Il dramma del protagonista è rappresentato con un susseguirsi di sequenze volgari, di nudi, atti sessuali e poco altro; non si scava nel personaggio, non si scava nella solitudine e nella gabbia emotiva della protagonista femminile che viene proposta solo nel suo nudo, vuoto e senza emozione.
Peccato per Isabella Ferrari che con un volto serio e teso ha cercato di difendersi dalle critiche e dalle domande scomode dei giornalisti scontenti, come il pubblico in sala alla Prima del film.
Troppa superbia e poca concretezza ed emozione, un gran peccato per Paolo Franchi e per il cinema italiano.
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