Special Forces - Liberate l'ostaggio |
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Un film di Stéphane Rybojad.
Con Diane Kruger, Djimon Hounsou, Benoît Magimel, Denis Ménochet, Raphaël Personnaz.
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Titolo originale Special Forces.
Drammatico,
durata 107 min.
- Francia 2011.
- Eagle Pictures
uscita venerdì 11 maggio 2012.
MYMONETRO
Special Forces - Liberate l'ostaggio
valutazione media:
2,52
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Emozioni e guerra in Afghanistandi donni romaniFeedback: 23283 | altri commenti e recensioni di donni romani |
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venerdì 18 maggio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film atipico per la cinematografia francese "Special Forces - Liberate l'ostaggio" è un film fondamentalmente d'azione e di guerra ma venato di approfondimenti psicologici e di coloriture sociali che lo differenziano dai tanti film di genere. Elsa, giornalista francese in Afghanistan per intervistare le coraggiose donne che lottano contro i pregiudizi e l'arretratezza culturale dei talebani, viene sequestrata con il suo assistente afghano da un capo talebano. Le autorità francesi inviano quindi le forze speciali per liberare gli ostaggi, ma l'operazione si complica quando i militari perdono il contatto radio con gli elicotteri e insieme agli ostaggi dovranno affrontare una marcia di più di dieci giorni sulle montagne afghane inseguiti dai talebani. La natura spettacolare del film è dichiarata e infatti le scene di incursione, di scontri e di appostamenti sono girati con la giusta tensione, ma le velleità di Rybojad, in origine regista di documentari, sono ben altre e lo dimostra fin dalle prime scene, quando sceglie di presentarci i protagonisti nelle loro case, con mogli e figli, per dar loro dei profili caratteriali al di là del ruolo. Ce li presenta un po' guasconi - non sono forse gli eredi degli spericolati moschettieri? - che mentre rispondono al fuoco nemico non mancano di gridare "amo questo lavoro" ma anche capaci di legami profondi e sinceri nei confronti dei compagni, e capaci di rischiare la propria vita per salvare una giornalista che nei suoi articoli era stata decisamente critica verso l'impegno militare francese in Afghanistan. Il rapporto fra Elsa e i vari componenti della Squadra Speciale è decisamente la parte più riuscita del film, il confronto prima imbarazzato, poi man mano sempre più viscerale e sincero fra esseri umani che escono dai propri ruoli per calarsi nella scomoda posizione di uomini e donne in lotta per la sopravvivenza sa dare spessore ad una pellicola che facilmente rischiava di scadere nel genere sparatorie senza sosta. Detto questo i difetti ci sono, soprattutto nella rappresentazione dei talebani, appiattiti nella loro crudeltà concentrata nello sguardo truce di Raz Degan (paradossale che un israeliano cresciuto nei kibbutz sia il simbolo dell'islamismo più estremo), ma il respiro cinematografico del film c'è tutto, i tempi scenici sono quelli di tanto cinema americano di genere, ma senza esagerazioni machiste o posizioni estreme. Sicuramente certi eccessi di enfasi e di retorica potevano essere maggiormente sfumati ma l'obiettivo di far riflettere sull'insensatezza di ogni guerra, sul coraggio di uomini che guardano la morte in faccia ogni giorno e su un popolo, quello afghano, che solo grazie a donne coraggiose come Elsa ritrova voce e dignità. Due scene su tutte: la prima si svolge dopo la morte di uno dei componenti della squadra, quando un suo compagno chiede all'assistente afghano di Elsa di recitare una preghiera nella sua lingua, accomunando le fedi nel dolore. L'altra si svolge durante la sepoltura di un altro militare francese, e di svolge in silenzio, con due contadini afghani che si avvicinano e partecipano alla cerimonia deponendo una pietra sulla tomba improvvisata. Ecco, in questa capacità di guardare oltre gli spari e le ideologie, sta il valore principale della pellicola di Rybojad che tra pallottole e ferite mortali riesce anche a trovare lo spazio stretto per un bacio, un fiore nel deserto arido di una guerra infinita.
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