angelo umana
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sabato 22 ottobre 2011
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un altro tempo, ma vero
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“E’ inutile stare a raccontarci che siamo tutti uguali, ognuno sfrutta il mondo a modo suo per arrivare suo malgrado dove gli spetta, c’è chi il coltello lo usa per uccidere e chi per tagliarsi una mela, lo stesso coltello e ciò che c’è nel mezzo è il mondo diverso per ognuno di noi”. Questa è la frase che viene detta da una seducente voce femminile alla fine del film.
Due fratelli uniti per la vita, che da adulti prenderanno strade diverse. Da bambini coi loro giochi e le zuffe nella casa-baita di famiglia e nei prati intorno, spiano la malattia della loro mamma che presto gli verrà a mancare. Alla sepoltura una bambina del vicinato, Veronica, guarda il più piccolo dei due fratelli, Alessandro di 11 anni, e si scambiano un leggero sorriso che pare una promessa: si compirà con il loro matrimonio una volta cresciuti.
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“E’ inutile stare a raccontarci che siamo tutti uguali, ognuno sfrutta il mondo a modo suo per arrivare suo malgrado dove gli spetta, c’è chi il coltello lo usa per uccidere e chi per tagliarsi una mela, lo stesso coltello e ciò che c’è nel mezzo è il mondo diverso per ognuno di noi”. Questa è la frase che viene detta da una seducente voce femminile alla fine del film.
Due fratelli uniti per la vita, che da adulti prenderanno strade diverse. Da bambini coi loro giochi e le zuffe nella casa-baita di famiglia e nei prati intorno, spiano la malattia della loro mamma che presto gli verrà a mancare. Alla sepoltura una bambina del vicinato, Veronica, guarda il più piccolo dei due fratelli, Alessandro di 11 anni, e si scambiano un leggero sorriso che pare una promessa: si compirà con il loro matrimonio una volta cresciuti.
Resta il papà disperato e incapace di badare ai due, come nelle antiche famiglie dove il maschio sa solo comandare, la mamma faceva da “contenitore” e da suggeritrice di soluzioni al padre, che sembrava un’autorità temibile. E’ lui che alla scomparsa della moglie porta due cavalli ai figli e gli annuncia: “Di voi non si occuperà più nessuno, voi occupatevi di loro”. Da grandi si ritrovano e si aiutano ancora, "ritrovano sempre la strada di casa" come la madre ripeteva loro, con il loro padre sempre più chiuso e accompagnati dai loro cavalli. Il timido Alessandro legato alla sua terra e alle sue bestie che sa curare come nessun altro e Pietro, di due anni maggiore, estroverso, donnaiolo, elegante, sempre alla ricerca di qualcosa, prima in città e poi altrove, oltre “le montagne e tutto quello che c’è dietro” come dice a una delle sue donne.
C’è nel film la parte dove prevale una vita bucolica, agreste, con le poche parole e i gesti scarni ma pieni di significato di una civiltà contadina con le sue regole, i buoni sentimenti, un paesaggio maestoso di colline verdi che sembrano sconfinate e, non lontane, le montagne imbiancate. I cavalli sembrano parte di questa quiete, maestosi anch’essi come la natura intorno. Merito delle riprese e della fotografia, posti che appaiono immensi e che non necessitano di una precisa collocazione geografica. Il tempo è la fine dell’ottocento. Vi è poi, a contrasto ma appartenente a quella vita e civiltà, la parte in cui vengono a galla vendetta e violenza contro i due fratelli, i colori diventano scuri, i toni truci. Complessivamente un buon film, suscita moderate emozioni e riflessioni sulla famiglia e il tempo che passa. Chissà se le sale apprezzeranno.
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jimi caos
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mercoledì 27 novembre 2013
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ottima fotografia, meno la struttura narrativa
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Tratto da un bellissimo racconto di Pietro Grossi, inserito nell’antologia Pugni (da leggere), il film “Cavalli” è un bell’affresco avventuroso e bucolico della vita di due fratelli cresciuti tra gli appennini alla fine dell’800.
I due piccoli Alessandro e Pietro perdono la madre per una malattia improvvisa, e rimangono soli con il padre tanto amorevole quanto riservato e introverso. Quest’ultimo alla morte della moglie, dona ai figli due splendidi cavalli di cui si dovranno prendere cura, non avendo più nessuno che si occuperà di loro (a onor del vero ragionamento poco comprensibile ma tant’è).
I due giovani apprendono come addomesticare i due animali e, proprio grazie a questi, inizieranno a prendere strade diverse, l’uno in la città e alla ricerca – più ideale che concreta – di una fuga al di là delle cime innevate delle montagne verso un ignoto mondo da scoprire, l’altro radicandosi nella sua terra e iniziando ad allevare lui stesso cavalli.
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Tratto da un bellissimo racconto di Pietro Grossi, inserito nell’antologia Pugni (da leggere), il film “Cavalli” è un bell’affresco avventuroso e bucolico della vita di due fratelli cresciuti tra gli appennini alla fine dell’800.
I due piccoli Alessandro e Pietro perdono la madre per una malattia improvvisa, e rimangono soli con il padre tanto amorevole quanto riservato e introverso. Quest’ultimo alla morte della moglie, dona ai figli due splendidi cavalli di cui si dovranno prendere cura, non avendo più nessuno che si occuperà di loro (a onor del vero ragionamento poco comprensibile ma tant’è).
I due giovani apprendono come addomesticare i due animali e, proprio grazie a questi, inizieranno a prendere strade diverse, l’uno in la città e alla ricerca – più ideale che concreta – di una fuga al di là delle cime innevate delle montagne verso un ignoto mondo da scoprire, l’altro radicandosi nella sua terra e iniziando ad allevare lui stesso cavalli.
I due fratelli che, nonostante tutto, rimangono avvinti da un legale inestinguibile si riavvicinano per via di un dramma che sta per colpire la loro famiglia e questo li porterà a unirsi nuovamente.
Ottima fotografia e bellissimii paesaggi, purtroppo però il risultato finale non è memorabile.
La storia e la struttura narrativa del film sono un po’ sempliciotte, è ben vero che si tratta di un racconto breve, ma Rho non aggiunge proprio nulla di suo e il film risulta non troppo coinvolgente e fin troppo limitato.
Ad ogni modo, consigliato agli amanti dei cavalli e dei paesaggi montani.
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