dario carta
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sabato 26 marzo 2011
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nuova hammer horror ?si',ma come?
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Seconda offerta della nuova Hammer Horror risorta dalle ceneri della cultuale Casa di Produzione inglese,laboratorio di prodotti per lo spettacolo horror e fantascientifico disponibili per i banconi del cinema di consumo del ventennio ‘50/’70.
Dopo il remake di Matt Reeves del lavoro di Tomas Alfredson,ispirato all’omonimo romanzo svedese “Let Me In”,la Hammer Horror,riconnottata dietro un restauro di una reputazione dimenticata in sabbatici decenni di silenzio dei vecchi Studios,edita “The Resident”,del finlandese Antti Jokinen,un film di evidente derivazione speculativa immesso a combustibile di avvio dell’ennesimo meccanismo commerciale di un impianto creativo in stato di sofferenza.
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Seconda offerta della nuova Hammer Horror risorta dalle ceneri della cultuale Casa di Produzione inglese,laboratorio di prodotti per lo spettacolo horror e fantascientifico disponibili per i banconi del cinema di consumo del ventennio ‘50/’70.
Dopo il remake di Matt Reeves del lavoro di Tomas Alfredson,ispirato all’omonimo romanzo svedese “Let Me In”,la Hammer Horror,riconnottata dietro un restauro di una reputazione dimenticata in sabbatici decenni di silenzio dei vecchi Studios,edita “The Resident”,del finlandese Antti Jokinen,un film di evidente derivazione speculativa immesso a combustibile di avvio dell’ennesimo meccanismo commerciale di un impianto creativo in stato di sofferenza.
La pellicola di Jokinen offre il respiro asfittico sufficiente a suffragare una causa televisiva di basso impegno e banale ordinarietà,con frequenti e illusorie occhiate a lavori di ben diverso spessore (Hitchcock fra i più evidenti).
La dottoressa Juliet Dermer (Hilary Swank) è in cerca di una nuova sistemazione domestica,dopo aver lasciato il compagno poco fedele e,rispondendo ad una inserzione sul giornale,trova un’insperata soluzione in un affitto a ottimo prezzo per un grande ed elegante appartamento in fase di ristrutturazione e messo a disposizione dall’affascinante proprietario Max (Jeffrey Dean Morgan),convivente con l’inquietante figura del nonno (Christopher Lee),per il quale sembra nutrire un sentimento di morbosa soggezione.
Juliet,sollevata,si trasferisce nell’abitazione e intreccia una relazione con Max,ma si accorge ben presto quale incubo è racchiuso nelle mura di quella casa.
L’impianto dei titoli di testa è solo un pallido preludio alla sfacciataggine di una storia dove Norman Bates si asciuga in un nullismo da serata televisiva d’estate.
Intriso di disarmanti clichès,la pellicola scandisce fin dalla prima manciata di minuti i segnali allarmanti di pagine già lette alla noia nei capitoli canonici della narrativa filmica del genere thriller,abusata nella quotidiana banalità televisiva seriale.
La presunzione di insinuare ansia e tensione nella follia,nell’angoscia di una situazione surreale e nei giochi d’ombra di una casa degli orrori,evapora nella spiccia laconicità di una psicologia malata di una figura subito messa in luce ed incollata con piatto manierismo nelle rivisitazioni cultuali (“Psycho”) peraltro pretenziose nelle forme di esposizione narrativa e nei contenuti.
L’attenzione e la tensione emotiva precipitano nello sconforto che segue all’inadeguatezza di protagonisti per caso,incarnati da nomi di un cinema illustre e di rispetto (Christopher Lee in testa),qui silhouettes appiccicate sullo sfondo di una narrazione pedante e obsoleta gravitata da un soliloquio registico sostanziale ed irritante.
Una lancia è per Guillermo Navarro per il lavoro di fotografia.
La sua collaborazione con Guillermo Del Toro (“Hell Boy”, “Il labirinto del Fauno”) emerge nei cromatismi scenici delle sequenze d’interni e nella tavolozza dei colori giocati sui chiari e scuri di luci ed ombre in caldi e inquietanti movimenti d’immagine.
Questo però è insufficiente per la riuscita di un film nella sua interezza e resta da immaginare cosa rimane di una pellicola che si riassume nei mille lavori di un cinema assente che va e passa ed è subito dimenticato.
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onufrio
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sabato 15 ottobre 2016
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inquietanti presenze
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Juliet è una dottoresssa che lavora in un Pronto Soccorso di un ospedale di Brooklyn. Ha deciso di trasferirsi e vivere da sola, reduce da un'importante storia sentimentale. Il destino la porta a ritrovarsi a vivere in un bellissimo appartamento il cui proprietario si dimostra sin da subito molto socievole e carino, tanto da attrarre Juliet; i due iniziano a frequentarsi, intanto la donna avverte strane presenze nella casa, quasi si sentisse osservata. Thriller originale nella prima parte ma che nel finale cade banalmente sui soliti standard; il regista è in grado di creare la giusta suspance sino a quando gli altarini non vengono del tutto svelati e allora a quel punto la ripetitività prende il soppravvento consegnandoci un finale (seppur degno) scontato.
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Juliet è una dottoresssa che lavora in un Pronto Soccorso di un ospedale di Brooklyn. Ha deciso di trasferirsi e vivere da sola, reduce da un'importante storia sentimentale. Il destino la porta a ritrovarsi a vivere in un bellissimo appartamento il cui proprietario si dimostra sin da subito molto socievole e carino, tanto da attrarre Juliet; i due iniziano a frequentarsi, intanto la donna avverte strane presenze nella casa, quasi si sentisse osservata. Thriller originale nella prima parte ma che nel finale cade banalmente sui soliti standard; il regista è in grado di creare la giusta suspance sino a quando gli altarini non vengono del tutto svelati e allora a quel punto la ripetitività prende il soppravvento consegnandoci un finale (seppur degno) scontato.
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