chissima
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martedì 7 dicembre 2010
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ny
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Pare che se la sceneggiatura non è ambientata a New York, Woody Allen non produca idee brillanti.
Il film dello scorso anno aveva rincuorato tutti i fans del nostro regista: finalmente ha ritrovato la verve, e che verve! avevamo esclamato tutti noi che lo adoriamo a prescindere. Ma questo "incontrerai ecc ecc" è carino in superfice, ma talmente triste, proprio d'umor nero. Neanche l'ombra del solito pessimismo dolce-amaro che fa di Woody il vero Woody. Questo film appare il suo giudizio definitivo di disprezzo del genere maschile e femminile, niente a che vedere con la caotica ma gioiosa umanità newyorkese di "Basta che funzioni": senza l'energia di NY, pare non funzioni niente. Non si salva nessuno dalla stupidità mista a malafede o, quanto meno, a pigrizia mentale.
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Pare che se la sceneggiatura non è ambientata a New York, Woody Allen non produca idee brillanti.
Il film dello scorso anno aveva rincuorato tutti i fans del nostro regista: finalmente ha ritrovato la verve, e che verve! avevamo esclamato tutti noi che lo adoriamo a prescindere. Ma questo "incontrerai ecc ecc" è carino in superfice, ma talmente triste, proprio d'umor nero. Neanche l'ombra del solito pessimismo dolce-amaro che fa di Woody il vero Woody. Questo film appare il suo giudizio definitivo di disprezzo del genere maschile e femminile, niente a che vedere con la caotica ma gioiosa umanità newyorkese di "Basta che funzioni": senza l'energia di NY, pare non funzioni niente. Non si salva nessuno dalla stupidità mista a malafede o, quanto meno, a pigrizia mentale.
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nigel mansell
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domenica 12 dicembre 2010
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e alla fine non succede nulla
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E come dice Shakespeare alla fine non succede nulla. Ottima regia, ottimi attori, ottime ambientazioni, una Londra meravigliosa con donne bellissime e appartamenti da favola, tutti vestiti impeccabilmente, tono su tono: che dire, il Woody Allen che ci si aspetta. Ma noi tutti suoi fans ci aspettiamo di più.
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francesco giuliano
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giovedì 16 dicembre 2010
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l’illusione è una medicina per la vita!
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Quest’ultimo film del grande Woody Allen emana un percettibile profumo filosofeggiante arricchito da fantastiche musiche dal sapore barocco. Il regista, infatti, affronta un tema fondamentalmente sostanziale per l’esistenza degli esseri umani perché con una sottile, quasi inavvertibile, tenue e ironica vena pessimistica tratta, per tutta la durata della pellicola, con la descrizione di varie intricate situazioni familiari, il discorso sul senso della vita: la nostra esistenza ha un senso solo se ci si aggrappa necessariamente a personali illusioni che, al pari di “medicine”, ci danno la carica per continuare a vivere.
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Quest’ultimo film del grande Woody Allen emana un percettibile profumo filosofeggiante arricchito da fantastiche musiche dal sapore barocco. Il regista, infatti, affronta un tema fondamentalmente sostanziale per l’esistenza degli esseri umani perché con una sottile, quasi inavvertibile, tenue e ironica vena pessimistica tratta, per tutta la durata della pellicola, con la descrizione di varie intricate situazioni familiari, il discorso sul senso della vita: la nostra esistenza ha un senso solo se ci si aggrappa necessariamente a personali illusioni che, al pari di “medicine”, ci danno la carica per continuare a vivere.
Il film si srotola attorno ad una coppia: lui, Roy, è un medico mancato che cerca di fare lo scrittore invano, invaghendosi nel frattempo di una giovane promessa sposa rovinandole il matrimonio, e lei, Sally è un’assistente di una galleria d’arte che si prende una cotta per il suo direttore. Hanno, parimenti, una vita aggrovigliata Helena, la madre di Sally, divorziata, che si rivolge ad una chiromante che le fa credere dell’esistenza di una “seconda vita”, e il padre Alfie, ormai avanti negli anni, che, per mostrare vanamente la sua “giovinezza”, si prende una cotta per una prostituta sciocca e vistosa che oltretutto diventa la sua nuova moglie. Ognuno dei personaggi si crea, dunque, un’illusione che, come descrivo in un mio recente romanzo “Come fumo nell’aria” (2010, ed. Prospettiva editrice), svanisce, si dissipa, si dissolve, si dilegua lasciando l’amaro in bocca. Non è uno dei migliori film di Allen, in quanto non sempre riesce a coinvolgere, come invece è nel suo stile, pienamente lo spettatore, ma comunque non lo fa annoiare. (Francesco Giuliano)
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dbmassi
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martedì 21 dicembre 2010
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un film sulla realtà
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Il film è davvero ben fatto ed il messaggio era molto profondo. Infatti, non si limita solo a rappresentare la citazione di Shakespeare "la vita è un racconto di un idiota, pieno di rumore e furia, privo di significato" che costituisce il leitmotiv del film (ripetuta per ben due volte all’inizio ed alla fine del film), ma sviluppa questo argomento mettendo in scena la soluzione più utilizzata dagli esseri umani per sopperire a questa totale mancanza di significato: l’illusione.
È appunto l’illusione che viene rappresentata in molte delle sue forme: dalla più comune menzogna sull’amore che viene citata nel titolo del film “incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, all’anziana signora che, abbandonata dal marito, si rifugia nei consigli della chiromante imbrogliona (bellissimo lo scambio di battute col cognato scettico):
Roy: ".
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Il film è davvero ben fatto ed il messaggio era molto profondo. Infatti, non si limita solo a rappresentare la citazione di Shakespeare "la vita è un racconto di un idiota, pieno di rumore e furia, privo di significato" che costituisce il leitmotiv del film (ripetuta per ben due volte all’inizio ed alla fine del film), ma sviluppa questo argomento mettendo in scena la soluzione più utilizzata dagli esseri umani per sopperire a questa totale mancanza di significato: l’illusione.
È appunto l’illusione che viene rappresentata in molte delle sue forme: dalla più comune menzogna sull’amore che viene citata nel titolo del film “incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, all’anziana signora che, abbandonata dal marito, si rifugia nei consigli della chiromante imbrogliona (bellissimo lo scambio di battute col cognato scettico):
Roy: "..quella sedicente veggente prende tutti i tuoi soldi e ti dice solo quello che ti piace sentire!"
Helena: "anche tu prendi i miei soldi, visto che pago io i tuoi conti, e in più quello che mi dici non mi piace affatto!"
Dall’anziano Alfie che si illude di trovare nel sesso (e nel Viagra) la soluzione alla propria paura di invecchiare, a Roy che identifica col successo letterario a tutti i costi la realizzazione della propria esistenza.
Nel film abbiamo visto anche che queste illusioni a volte possono durare e dare anche degli ottimi risultati (Helena trova in realtà l’amore) mentre le menzogne di altri personaggi li porteranno presto ad un tragico fallimento. Il motivo possiamo solo immaginarlo; forse perché Helena era quella che si illudeva di più? O forse, come già lo stesso Woody aveva magistralmente rappresentato nello splendido Match Point, si tratta solo di fortuna?
In quest’ottica non è difficile immedesimarsi nei personaggi del film, tutti ci illudiamo quotidianamente che qualcosa di spirituale o di materiale possa dare un senso alla nostra vita perché, in fondo, siamo consapevoli solo dell’inconsapevolezza altrui.
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giacomogabrielli
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domenica 12 dicembre 2010
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familiare. ***
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Un cast di alto livello domina questa altrettanto alta commedia dai toni brillanti, con un ritmo tipico degli ultimi film di Allen. La ricerca del partner ideale vista con gli occhi del leggendario regista, non fa mancare momenti divertenti e con una recitazione di alto livello. Nel cast, tra gli altri, Anthony Hopkins e Josh Brolin. FAMILIARE. ***
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pepito1948
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lunedì 20 dicembre 2010
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un mondo senza speranza
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INCONTRERAI L'UOMO DEI TUOI SOGNI
Cito un pensiero di Woody Allen: "Credo che la vita sia un lungo, doloroso incubo privo di significato e che l'unica possibilità di essere felici sia mentire a se stessi....". Ancora, parafrasando Shakespeare: "E' tutto rumore e furia, e alla fine non vuol dire nulla". Non c'è da stare granchè allegri a riflettere sulla cornice folosofica dell'autore che, quanto a pessimismo (che sembra aumentare con il progredire dell'età), sembra voler gareggiare con certi film dei colleghi Cohen. Non c'è niente da fare, l'uomo è fallace, è meschino, è incapace di costruirsi -e mantenere su livelli accettabili- una vita soddisfacente, e tutto ciò porta inesorabilmente all'unico approdo possibile, cui non si sfugge, sia pure dopo effimeri successi: il fallimento, l'irraggiungibilità degli obiettivi finali.
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INCONTRERAI L'UOMO DEI TUOI SOGNI
Cito un pensiero di Woody Allen: "Credo che la vita sia un lungo, doloroso incubo privo di significato e che l'unica possibilità di essere felici sia mentire a se stessi....". Ancora, parafrasando Shakespeare: "E' tutto rumore e furia, e alla fine non vuol dire nulla". Non c'è da stare granchè allegri a riflettere sulla cornice folosofica dell'autore che, quanto a pessimismo (che sembra aumentare con il progredire dell'età), sembra voler gareggiare con certi film dei colleghi Cohen. Non c'è niente da fare, l'uomo è fallace, è meschino, è incapace di costruirsi -e mantenere su livelli accettabili- una vita soddisfacente, e tutto ciò porta inesorabilmente all'unico approdo possibile, cui non si sfugge, sia pure dopo effimeri successi: il fallimento, l'irraggiungibilità degli obiettivi finali. Questo il tema di fondo, tutt'altro che nuovo, dell'ultimo film di Allen, che per l'occasione ritorna a girare a Londra.
Per dimostrare la sua tesi, egli inscena alcune storie di persone di normale quotidianità -tratte dal suo ambiente preferito, quello della media o alta borghesia- intrecciate fra di loro da rapporti di parentela, secondo uno schema che tende a rappresentare un'ampia gamma di tipologie umane, comportamentali e situazionali in cui possa in qualche modo trovare posto il transfert di identificazione dello spettatore.
Ecco quindi l'attempato marito che, per scacciare l'imminente vecchiaia, conosce e sposa una ragazzetta oca e puttanella quanto succhiasoldi ed opportunista, accorgendosi dell'errore quando ormai è troppo tardi per tornare sui suoi passi; la figlia delusa dal menage familiare che si innamora del nuovo datore di lavoro, sprofondando nella vana illusione di essere ricambiata; suo marito scrittore che, dopo il successo del primo romanzo e la conquista di una giovane dirimpettaia, perde l'ispirazione e crede di porvi rimedio grazie ad un furto letterario. Ma è soprattutto l'ultima protagonista, moglie abbandonata del primo e madre invadente della seconda, che impersona al meglio la visione esistenziale e la quadratura del cerchio di Allen: l'anziana signora è succube di un'improvvisata indovina (a cui si riferisce il titolo) che le predice ciò che lei vorrebbe sentirsi dire, e vive in un mondo virtuale tutto suo che non ha nulla a che fare con la dura realtà che schiaccia gli altri mortali; grazie a questo si salverà e conoscerà un libraio occultista e perso sulle tracce più o meno percepibili dell'anima della defunta moglie, quindi anche lui fuori dalla realtà. "Le uniche persone felici sono coloro che non si rendono conto della realtà, gli sciocchi, i pazzi, che però alla fine sono più felici di me" (ancora Allen). C'è comprensione, c'è indulgenza verso i personaggi, visti come vittime più che come artefici dei propri fallimenti. Tranne che per uno, lo scrittore fedifrago, per il quale non c'è pietà e si profila un duro redde rationem.
Niente di nuovo quindi sotto il sole; stesso tema, differenti contesti per trasmetterci il solito messaggio di desolato sconforto verso l'umana esistenza, il tutto espresso -anche con l'aiuto di una voce narrante come nel penultimo film- con la consueta soave leggerezza. Ma non si ride durante la visione del film, che è difficile definire commedia sia pure sui generis; non ci sono le famose brillanti battute che compensano l'amarezza di fondo; nè si gode dei guizzi di genialità dei dialoghi cui Allen ci aveva abituato. Anche il cast non mi sembra impeccabile: accanto al grande Anthony Hopkins, che ci stupirebbe anche se interpretasse un rude boscaiolo o il matto del villaggio o uno scaricatore di porto in pensione, ed alle ottime e credibili Naomi Watts e Gemma Jones, c'è un Banderas che gigioneggia senza essere Nicholson, e Josh Brolin, spaesato sosia di Schwarzenegger che mi sembra più indicato nel ruoli da duro dei film dei fratelli Cohen.
Insomma una prova d'autore (un autore che rimane pur sempre uno dei più grandi della filmografia mondiale) al di sotto delle aspettative. Per chiudere mi sento di sintetizzare così il messaggio che ho percepito alzandomi piuttosto depresso a fine proiezione: la speranza è la penultima a morire; l'ultima è la consapevolezza che non c'è speranza.
CLAUDIO PIPITONE
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olgadik
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giovedì 9 dicembre 2010
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dall'umorismo al pessimismo
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Dopo la prima mezz’ora, che gira a vuoto e un po’ noiosamente, il teatrino prende anima, corpo e movimento. I fatti si intrecciano e in qualche modo il gruppo dei personaggi entra in relazione. E se non c’è proprio un legame diretto tra loro, hanno in comune la ricerca di un amore, che sia quello giusto, e l’oscura insidia della solitudine che sonnecchia al fondo dell’esistenza di tutti, condizione conclamata quanto più si avanza con gli anni. Questa volta Woody non è protagonista, ma l’amarezza degli ultimi film, londinesi e non, è presente e farà storcere il naso a chi non lo ama e pensa a una produzione ripetitiva. Io invece ritengo che ogni autore proceda con diverse modalità: alcuni sviluppano temi esplorando ambienti sociali a loro vicini e approfondendo via via il discorso (Allen appunto); altri amano fare incursioni in campi e tematiche diversi (Visconti ad esempio o Bertolucci).
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Dopo la prima mezz’ora, che gira a vuoto e un po’ noiosamente, il teatrino prende anima, corpo e movimento. I fatti si intrecciano e in qualche modo il gruppo dei personaggi entra in relazione. E se non c’è proprio un legame diretto tra loro, hanno in comune la ricerca di un amore, che sia quello giusto, e l’oscura insidia della solitudine che sonnecchia al fondo dell’esistenza di tutti, condizione conclamata quanto più si avanza con gli anni. Questa volta Woody non è protagonista, ma l’amarezza degli ultimi film, londinesi e non, è presente e farà storcere il naso a chi non lo ama e pensa a una produzione ripetitiva. Io invece ritengo che ogni autore proceda con diverse modalità: alcuni sviluppano temi esplorando ambienti sociali a loro vicini e approfondendo via via il discorso (Allen appunto); altri amano fare incursioni in campi e tematiche diversi (Visconti ad esempio o Bertolucci). Quello che importa però è che il film riesca a comunicare emozioni e riflessioni e parli nel suo linguaggio al meglio. A proposito di linguaggio: la scorrevolezza della direzione, la bravura nel ricavare il meglio dagli attori (eccettuato Josh Brolin che sta nel ruolo come un pugile suonato), la fotografia luminosa e chiara di quartieri e angolini della Londra più dolce, le musiche che suggeriscono la tenerezza dei sentimenti che si vorrebbe durassero per sempre, tutto questo è inconfondibile. Nel gruppo dei personaggi si salvano alla fine più sballati, illusi e fantasiosi. Tale è una anziana signora, Helena, abbandonata da un coniuge coetaneo, irretita da una veggente che le predice come prossimo un nuovo incontro amoroso e dalla quale la vecchia signora si fa guidare quasi ogni giorno, con l’aggiunta magari di un bicchierino, finché il nuovo amore non arriva. Questo non sarà l’uomo dei sogni ma un rotondo signore, fresco vedovo, assiduo nelle sedute spiritiche che attende dall’aldilà il permesso della moglie per essere ancora felice. Così i due personaggi, che sembrano usciti da Alice nel paese delle meraviglie, durano nella loro illusione, giacché l’amore rimane finché si riesce a illudersi che così sia. Toccherà a loro, seduti su una panchina nel verde del parco, l’ultima zummata del regista. Gli altri personaggi sono più cinici (tra questi la palma va a una affascinante Sally, figlia di Elena), più sprovveduti (l’anziano divorziato Alfie che sposa una prostituta pronta a tradirlo e a sfruttarlo), più sfortunati (Roy scrittore fallito, coniuge di Sally, mantenuto dalla moglie, che non riuscirà a portare a termine il colpo grosso della sua vita). Tutti comunque darebbero qualsiasi cosa pur di avere un nuovo inizio, una seconda esistenza. Ciò toccherà solo agli illusi, a quelli che sanno mentire a se stessi con leggerezza, perché, come Allen dice in apertura citando da Shakespeare: “La vita è una favola narrata da uno sciocco, piena di strepiti e di furore ma senza significato”.
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algernon
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sabato 4 dicembre 2010
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una maionese impazzita di relazioni
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due coppie in crisi, padre e madre, così come figlia e genero. e poi altre coppie variamente slegate e messe in libertà, in una girandola di comportamenti incauti che portano naturalmente al peggio, salvo che per la surreale Helena, che troverà un soddisfacente ed altrettanto surreale compagno. Allen dirige come sempre con grande classe ed umorismo una commedia molto gustosa, con le solite punte di cinismo tragicomico, come la trovata magistrale del furto del romanzo con sorpresa finale.
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tantum ergo
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domenica 5 dicembre 2010
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il film più amaro
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A 75 anni Woody Allen si lascia andare al completo naufragio nichilistico; non fosse per la vena glamour anche nella disperazione e per il pallosissimo autocompiacimento che non riesce a levarsi di dosso nemmeno in età avanzata questo film sarebbe davvero un capolavoro assoluto.
Comunque assieme a Vicky, Cristina, Barcellona è certamente il suo migliore (migliore di Match Point, ad esempio).
La vita non ha senso, le nostre azioni sono mosse da moventi pseudo razionali perché in fondo non si tratta altro che della realizzazione di sogni privati, di illusioni infantili alle quali non si è mai rinunciato o a semplice desiderio di soldi e successo.Manon solo; perché nemmeno le nosytre azioni in fondo hanno un sesno reale da riportare a noi stessi o alla nostra cresicta interiore, affettiva e spirituale perché la catena degli eventi ci sovrasta del tutto e dietro ogni angolo ci apsetta la disillusione o al coincidenza che distrugge e ridicolizza i nostri miseri piani (a meno che non si nasca con la camicia come il distaccato Greg-Banderas che più che esistere davvero è uno stereotipo dell'immaginazione di quegli "sconfitti" che sono i personaggi principali).
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A 75 anni Woody Allen si lascia andare al completo naufragio nichilistico; non fosse per la vena glamour anche nella disperazione e per il pallosissimo autocompiacimento che non riesce a levarsi di dosso nemmeno in età avanzata questo film sarebbe davvero un capolavoro assoluto.
Comunque assieme a Vicky, Cristina, Barcellona è certamente il suo migliore (migliore di Match Point, ad esempio).
La vita non ha senso, le nostre azioni sono mosse da moventi pseudo razionali perché in fondo non si tratta altro che della realizzazione di sogni privati, di illusioni infantili alle quali non si è mai rinunciato o a semplice desiderio di soldi e successo.Manon solo; perché nemmeno le nosytre azioni in fondo hanno un sesno reale da riportare a noi stessi o alla nostra cresicta interiore, affettiva e spirituale perché la catena degli eventi ci sovrasta del tutto e dietro ogni angolo ci apsetta la disillusione o al coincidenza che distrugge e ridicolizza i nostri miseri piani (a meno che non si nasca con la camicia come il distaccato Greg-Banderas che più che esistere davvero è uno stereotipo dell'immaginazione di quegli "sconfitti" che sono i personaggi principali).
E allora l'unica speranza (e qui sta la "cattiveria" del messaggio, la cosmica disperazione nichilistica del regista arrivato al limite della sua esistenza), l'unica speranza è sperare di "non soffrire" e pur di evitare il dolore si può arrivare a desiderare delle assurdità inesistenti e indimostrabili ma per questo stesso incontrovertibili (le profezie, le molte vite, le speranze di incontrare il tall, dark stranger): La madre colpisce all'inizio per la fissità del suo sguardo che a tutta prima muove a compassione e pietà; ma alla fine si vedrà che quella vitrea fissità è incrollabile e spietata determinazione, appunto a "non soffrire", a chiudere gli occhi sulla realtaà reale che è orrribile e senza speranza e a restare "eyes wide shut" sul sogno impossibile ma rassicurante a costo di non guardare più le sofferenze degli altri fossero anche quelle delle persone che ci stanno più vicino; a usare gli altri semplicemente come scudo umano di fronte inevitabile perdita di senso esistenziale a cui ci porta la vita.
In Woody Allen però non c'è mai catarsi e non solo, c'è anche un non troppo nascosto autocompiacimento nel disvelare "l'atroce realtà delle cose" e questo è il difetto di questo e degli altri suoi film; una mancanza congenita di partecipazione umana, di pietà, di immedesimazione nell'altro che rivelano un fondo di mancanza di sinserità.
Comunque un grande film da rivedere.
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alexia62
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domenica 5 dicembre 2010
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commedia esilarante
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Storie di coppie in crisi sullo sfondo di una Londra contemporanea,dove spicca fra tutti il personaggio di Helena che sembra uscito da un'altra epoca.
Humour inglese abbinato all'autoironia e il cinismo tipico di Allen.....un bel connubio ,non c'è che dire. Hopkins insuperabile, come sempre.
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