gianluca stanzani
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venerdì 24 ottobre 2008
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padri e figli
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Fabio (Giorgio Pasotti), è un giovane educatore con la missione di aiutare i detenuti nel loro fragile reinserimento in società. Un giorno conoscerà Sparti (Giorgio Colangeli), un detenuto difficile, con alle spalle vent'anni di galera per omicidio e un passato reciso, in ogni coinvolgimento affettivo. Ma quel passato ritorna, in Fabio e con Fabio: suo figlio. All'inizio, accusandolo di aver voltato le spalle alla famiglia poi, a poco a poco, convincendosi a far di nuovo suoi quei legami spezzati. Coinvolgendo anche la sorella, che vede nell'uomo, soltanto una destabilizzazione ai propri equilibri quotidiani e alla propria serenità raggiunta. Sarà così anche per Sparti, incapace di reggere l'urto di quella svolta imprevista.
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Fabio (Giorgio Pasotti), è un giovane educatore con la missione di aiutare i detenuti nel loro fragile reinserimento in società. Un giorno conoscerà Sparti (Giorgio Colangeli), un detenuto difficile, con alle spalle vent'anni di galera per omicidio e un passato reciso, in ogni coinvolgimento affettivo. Ma quel passato ritorna, in Fabio e con Fabio: suo figlio. All'inizio, accusandolo di aver voltato le spalle alla famiglia poi, a poco a poco, convincendosi a far di nuovo suoi quei legami spezzati. Coinvolgendo anche la sorella, che vede nell'uomo, soltanto una destabilizzazione ai propri equilibri quotidiani e alla propria serenità raggiunta. Sarà così anche per Sparti, incapace di reggere l'urto di quella svolta imprevista. Regista al debutto, Alessandro Angelini affronta il tema dei figli e dei padri, sfruttando lo sfondo del carcere come mero strumento narrativo. Il film soprattutto di una crisi, di due individui che nella propria rudezza nascondono fragilità sommessamente sopite. Acclamazione per Giorgio Colangeli, premiato al 1° Festival Internazionale di Roma 2006, come migliore interprete maschile. Certo che Pasotti...
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lucio
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giovedì 1 febbraio 2007
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uomini in cerca di se stessi
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Un film italiano così bello non lo vedevo da tempo . Questo è davvero un classico esempio di espressione artistica di qualità superiore . Quando si ha una buona idea in testa non servono effetti speciali , non c'è bisogno di musiche assordanti e di ritmi frenetici . Se la storia è vera , profonda e umana nel senso semantico del termine , ecco che la magia si avvera . Le immagini scorrono sullo schermo e vengono assimilate con un piacere arcano nei ripostigli segreti della memoria .
Per la prima volta in vita mia ho visto recitare Giorgio Lucangeli e sono rimasto colpito dalla sua immensa bravura .
Non era certo facile immergersi in un ruolo così difficile e psicologicamente complesso . Lui vi è riuscito alla grande .
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Un film italiano così bello non lo vedevo da tempo . Questo è davvero un classico esempio di espressione artistica di qualità superiore . Quando si ha una buona idea in testa non servono effetti speciali , non c'è bisogno di musiche assordanti e di ritmi frenetici . Se la storia è vera , profonda e umana nel senso semantico del termine , ecco che la magia si avvera . Le immagini scorrono sullo schermo e vengono assimilate con un piacere arcano nei ripostigli segreti della memoria .
Per la prima volta in vita mia ho visto recitare Giorgio Lucangeli e sono rimasto colpito dalla sua immensa bravura .
Non era certo facile immergersi in un ruolo così difficile e psicologicamente complesso . Lui vi è riuscito alla grande .
Faccio i complimenti al regista Alessandro Angelini . Un ragazzo giovane così giovane ha già in testa i grandi temi della vita . Complimenti .
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francesco gatti
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martedì 3 maggio 2011
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un finale che ti apre il cuore
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Il miglior film italiano da molto tempo a questa parte: una eccellente "opera prima" (si scrive così, e fa quasi tenerezza) di Alessandro Angelini, già assistente alla regia di Nanni Moretti in "aprile".
La storia, scritta a 4 mani con tale Angelo Carbone (già operatore carcerario, che io sappia): Giorgio Pasotti è un giovane operatore penitenziario, molto legato alla sorella (Monica Cescon, la ricordiamo in Primo Amore di Garrone), e fidanzato a metà con una ragazzetta della roma "bene", che si trova tra le mani la rieducazione di un carcerato "professionale": Sparti (Giorgio Colangeli, una vita a teatro, e da poco in "L'Amico di famiglia" e anni fa in "la Cena"), omicida affetto da attacchi di epilessia.
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Il miglior film italiano da molto tempo a questa parte: una eccellente "opera prima" (si scrive così, e fa quasi tenerezza) di Alessandro Angelini, già assistente alla regia di Nanni Moretti in "aprile".
La storia, scritta a 4 mani con tale Angelo Carbone (già operatore carcerario, che io sappia): Giorgio Pasotti è un giovane operatore penitenziario, molto legato alla sorella (Monica Cescon, la ricordiamo in Primo Amore di Garrone), e fidanzato a metà con una ragazzetta della roma "bene", che si trova tra le mani la rieducazione di un carcerato "professionale": Sparti (Giorgio Colangeli, una vita a teatro, e da poco in "L'Amico di famiglia" e anni fa in "la Cena"), omicida affetto da attacchi di epilessia.
Il buon Pasotti (prova matura e intensa, la sua: e siamo alla seconda consecutiva dopo "le Rose del deserto", che non si sputtani, please) tracolla quando realizza che lo sparti è nientemeno che suo padre, che abbandonò lui, la mamma e la sorella in concomitanza con il suo arresto.
Emergono quindi in tutti nuovi incubi e vecchi rancori, l'amore covato e la rabbia cieca: ognuno cerca di superare il lutto del padre nato due volte a modo suo. le verità vengono a galla ed in nodi arrivano al pettine.
Angelini è ottimo anche nel far vedere allo spettatore la deprimente realtà carceraria, lontana dalla rieducazione, e svincolata dalla retribuzione, senza perdersi però in atteggiamenti classificatori o pretese didascaliche.
Il finale, a sorpresa, ma non troppo, ti apre il cuore sulle note di una dolce canzone di Antony and the Johnsons.
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mario ausoni
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mercoledì 23 aprile 2008
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la nostra valida celluloide
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decisamente un film riuscito, tanto per il ritmo (volutamente laconico, spezzato) quanto per il montaggio, e la sceneggiatura. l'unica manchevolezza forse la fotografia, non di ampio respiro, ma certamenete non tale da obnubilare la maestosità discreta di questo episodio. il regista, background da documentarista, incardina le scene con la solerzia di un chirurgo, con diligenza intelligente senza mai tracimare nel sentimentalismo, minaccia quantomai presente considerata la questione trattata del rapporto edipico padre-figlio. c'è classe gelida, non manierismo altisonante, scene in grado di coinvolgere lo spettatore senza ricorrere ad espediente pleonastici(musica, effetti, o riprese circense), riusciendo a strapparti una lacrima, e penetrare l'involucro del distacco senza menarti per il naso o surrettiziamente, lo fa perchè è tutto vero, è tutta carne ossa e sentimenti che si mescolano in groviglio, si trasformano in una morsa, in un pugno che ti arriva lancinante allo stomaco.
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decisamente un film riuscito, tanto per il ritmo (volutamente laconico, spezzato) quanto per il montaggio, e la sceneggiatura. l'unica manchevolezza forse la fotografia, non di ampio respiro, ma certamenete non tale da obnubilare la maestosità discreta di questo episodio. il regista, background da documentarista, incardina le scene con la solerzia di un chirurgo, con diligenza intelligente senza mai tracimare nel sentimentalismo, minaccia quantomai presente considerata la questione trattata del rapporto edipico padre-figlio. c'è classe gelida, non manierismo altisonante, scene in grado di coinvolgere lo spettatore senza ricorrere ad espediente pleonastici(musica, effetti, o riprese circense), riusciendo a strapparti una lacrima, e penetrare l'involucro del distacco senza menarti per il naso o surrettiziamente, lo fa perchè è tutto vero, è tutta carne ossa e sentimenti che si mescolano in groviglio, si trasformano in una morsa, in un pugno che ti arriva lancinante allo stomaco. ecco come ti lascia il film nell' imprevedibile epilogo. e credo che questo significa colpire nel segno.
rissolevato il cinema italiano tutto.....
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semmy
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lunedì 15 gennaio 2007
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...proprio un bel film!
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Fabio è un giovane educatore in carcere, con un problematico rapporto con la fidanzata ed il suocero (e -forse- col mondo intero). Un giorno si imbatte in un detenuto particolare: suo padre, "perso" 20 anni prima. Non sarà facile instaurare un rapporto. Bella storia (non scontata, né banalmente buonista), bravissimi attori (Pasotti e Colangeli da applausi), ottima regia (con un largo uso di un'angosciante camera a mano).. proprio un bel film.
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redmond barry
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sabato 13 gennaio 2007
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aria "fresca" per il cinema italiano..
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L'avessero impostato all'americana (cosa che fortunatamente non è accaduta),il titolo sarebbe stato un patetico Sparti contro Sparti (ovvia indiretta cit. da Kramer contro..),ma la stesura e soprattutto la resa di Angelini è ben lungi,si potrebbe etichettare "alla francese".
Coscia di non voler semplicemente esser un dagherrotipo delle storie di questo tipo,dove un padre ed un figlio si affrontano,in un microcosmo,il carcere,che inevitabilmente le amplifica ulteriormente.
Giorgio Pasotti e Colangeli rappresentano al meglio le due parti,rabbiosa l'una,rassegnata l'altra,in comune hanno l'aver sulle spalle il peso dei dubbi legati ad un passato,già di per se soffocante,e che,ancor di più lo è se c'è la consapevolezza che avrebbe potuto essere diverso.
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L'avessero impostato all'americana (cosa che fortunatamente non è accaduta),il titolo sarebbe stato un patetico Sparti contro Sparti (ovvia indiretta cit. da Kramer contro..),ma la stesura e soprattutto la resa di Angelini è ben lungi,si potrebbe etichettare "alla francese".
Coscia di non voler semplicemente esser un dagherrotipo delle storie di questo tipo,dove un padre ed un figlio si affrontano,in un microcosmo,il carcere,che inevitabilmente le amplifica ulteriormente.
Giorgio Pasotti e Colangeli rappresentano al meglio le due parti,rabbiosa l'una,rassegnata l'altra,in comune hanno l'aver sulle spalle il peso dei dubbi legati ad un passato,già di per se soffocante,e che,ancor di più lo è se c'è la consapevolezza che avrebbe potuto essere diverso.
Il loro incontri sono orchestrati magistralmente (il che fornisce un'ennesima conferma per la lode che merita questo debutto),si palesa,dai loro volti,come portino una croce,ci sia una voglia,mai sopita dai rancori,di colmare un vuoto.
La conferma,tramite le carte,della sua identità cancella dal volto di Fabio quella sicurezza,fermezza palesata nel confrontarsi con la vita,come con le minacce dei peggio delinquenti con i queli lavora.
L'intensità contrapposta all'estinzione dei sentimenti,trattenuti,se non addirittura repressi,è notevole,non la trovo affatto forzata,cosi' come i dialoghi,che dalla rivelazione (saturo di quelle che credeva menzogne gli confessa chi è..) in poi,assumono,perfino in un cinema contemporaneo,abituato a spararne di ogni,la cruda pesantezza di una condizione che ritengo solo chi ha conosciuto può sentire sua,perchè certe ciccatrici,pur se attraverso due grandi interpretazioni,non le puoi percepire davvero altrimenti..
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dankor
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lunedì 29 gennaio 2007
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un buon prodotto che poteva riuscire meglio
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Un film di livello discreto senza alcun dubbio e migliore di tanti altri in circolazione , privo però di originalità espressiva e di quel tocco di inventiva che , ad esempio, un altro giovane regista come Sorrentino è riuscito ad esprimere.
La tecnica di ripresa , il montaggio mi sono sembrati abbastanza convenzionali , quasi da film per la televisione ed anche la scelta di concludere il film in modo tragico e non in sintonia con lo sviluppo del plot narrativo non è stata, a mio parere, una scelta felice.
La tipologia dei personaggi abbastanza banale , il ragazzo che si è fatto da sè fidanzato con la ragazza di buona famiglia , che per orgoglio rifiuta l'appoggio economico del suocero,tutto troppo stereotipato.
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Un film di livello discreto senza alcun dubbio e migliore di tanti altri in circolazione , privo però di originalità espressiva e di quel tocco di inventiva che , ad esempio, un altro giovane regista come Sorrentino è riuscito ad esprimere.
La tecnica di ripresa , il montaggio mi sono sembrati abbastanza convenzionali , quasi da film per la televisione ed anche la scelta di concludere il film in modo tragico e non in sintonia con lo sviluppo del plot narrativo non è stata, a mio parere, una scelta felice.
La tipologia dei personaggi abbastanza banale , il ragazzo che si è fatto da sè fidanzato con la ragazza di buona famiglia , che per orgoglio rifiuta l'appoggio economico del suocero,tutto troppo stereotipato. Capisco anche che occorreva ampliare la storia a personaggi esterni per non ridurre tutto al rapporto padre figlio . Ma metterci dento la confessione strappalacrime alla fidanzata ( mio padre non è morto , ha ucciso un uomo, è in carcere !), la classica confessione delle origini segrete dell'eroe...
Sicuramente l'interpretazione di Giorgio Colangeli è stata la migliore e per un attore di teatro abituato a calarsi nei panni di personaggi complessi , la figura del padre carcerato rovinafamiglie non deve essere stata una prova così impegnativa.
Giorgio Pasotti che sicuramente ha una notevole capacità espressiva con quel volto da furetto simpatico ma un po' nevrotico, ha confermato la sua duttilità e poteva essere sfruttato meglio, se la sceneggiatura avesse dato maggior peso, in anticipo rispetto ai tempi del film, alla dialettica padre figlio ,facendo esplodere il conflitto con più virulenza ed in modo più esplicito.
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[+] dankor non fare colazione con gran marnièr...
(di darren)
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