enrico omodeo salè
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giovedì 30 settembre 2010
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un ritratto aggiornato della capitale senegalese
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UN RITRATTO AGGIORNATO DELLA CAPITALE SENEGALESE:
Sotto lo sguardo di una camera-eye, l’operatore Dominique Gentil penetra nei meandri della fisionomia architetturale di Dakar, mentre la musica delicata arrangiata da Yande Codou Sene e il suono curato da Alioun Mbow accompagnano le immagini di vita quotidiana che denotano la corsa della modernità attraverso l’Africa.
Nello stesso spazio dei campi lunghi, donne con bambine legate al loro di dietro che attraversano le strade lastricate trasportando l’acqua nelle tradizionali calebasses, rumori e suoni dell’antiquato trasporto pubblico e la vista abbagliante di un’auto europea o giapponese con il miracolo del condizionatore d’aria.
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UN RITRATTO AGGIORNATO DELLA CAPITALE SENEGALESE:
Sotto lo sguardo di una camera-eye, l’operatore Dominique Gentil penetra nei meandri della fisionomia architetturale di Dakar, mentre la musica delicata arrangiata da Yande Codou Sene e il suono curato da Alioun Mbow accompagnano le immagini di vita quotidiana che denotano la corsa della modernità attraverso l’Africa.
Nello stesso spazio dei campi lunghi, donne con bambine legate al loro di dietro che attraversano le strade lastricate trasportando l’acqua nelle tradizionali calebasses, rumori e suoni dell’antiquato trasporto pubblico e la vista abbagliante di un’auto europea o giapponese con il miracolo del condizionatore d’aria. Parallelamente, un’ immagine che fa trasalire: un polveroso spazio aperto dove animali affamati masticano tutto quello che riescono a trovare.
Sono le contraddizioni già evidenziate in Xala, dove le Mercedes dei politici si alternano ai carretti delle classi più umili e le bottiglie di Evian vengono pagate a peso d’oro in un paese dove l’acqua è il bene più prezioso per l’economia e la sussistenza.
Nuove ville con giardini ben curati danno rifugio alla media borghesia, i middlemen e i managers degli interessi capitalisti voltano le spalle alle baracche in rovina occupate dai loro vicini. Mentre elemosina e corruzione diventano accettati stili di vita, l’Aids e l’inquinamento mietono milioni di vittime.
Per non parlare dei monumenti-grattacielo sede delle globalizzate imprese del capitale che troneggiano in modo arrogante sopra la città decadente, evidenti sintomi del fallimento delle politiche post-coloniali sul piano economico, sociale e culturale.
Elementi simbolici sono anche gli eroi rivoluzionari affissi nei poster della casa di Faat Kinè, uomini di azione che vivono o muoiono per la giustizia democratica e l’egualitarismo:Mandela, Thomas Samkara, Nkrumah, e Amilcar Cabral.
Faat Kinépuò essere visto come una definizione di cosa il femminismo può significare nell’Africa del ventunesimo secolo.
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giovedì 30 settembre 2010
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primo lungometraggio della trilogia
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Faat Kiné (2000) è il primo lungometraggio della trilogia “eroismo al quotidiano”. Programmato fuori competizione al 17° festival panafricano di Ouagadougou, dura 120 minuti. Dopo aver passato due anni per scrivere la sceneggiatura, Sembène gira il film interamente in lingua francese, il che può apparire come una contraddizione rispetto all’obbiettivo di Sembène di utilizzare la lingua nazionale come strumento di lotta .
“Se ho girato in francese - ribatte il regista - è perché corrisponde alla realtà della città africana di oggi. La nonna è esclusa quando si parla francese. Nell’Africa della mia gioventù, è la nonna che deteneva il sapere” .
TRAMA
E’un giorno di grande gioia per la cinquantenne Faat Kiné: i suoi due figli Aby e Djib sono riusciti a superare la prova della maturità (Bac), riusciendo a conseguire il diploma di scuola secondaria.
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Faat Kiné (2000) è il primo lungometraggio della trilogia “eroismo al quotidiano”. Programmato fuori competizione al 17° festival panafricano di Ouagadougou, dura 120 minuti. Dopo aver passato due anni per scrivere la sceneggiatura, Sembène gira il film interamente in lingua francese, il che può apparire come una contraddizione rispetto all’obbiettivo di Sembène di utilizzare la lingua nazionale come strumento di lotta .
“Se ho girato in francese - ribatte il regista - è perché corrisponde alla realtà della città africana di oggi. La nonna è esclusa quando si parla francese. Nell’Africa della mia gioventù, è la nonna che deteneva il sapere” .
TRAMA
E’un giorno di grande gioia per la cinquantenne Faat Kiné: i suoi due figli Aby e Djib sono riusciti a superare la prova della maturità (Bac), riusciendo a conseguire il diploma di scuola secondaria.
Evocando la propria giovinezza, la protagonista ricorda che, mentre stava preparando lo stesso esame all’età di vent’anni, venne sedotta e messa in cinta da Gaye, il suo professore di filosofia. Da quel momento i suoi sogni di diventare un avvocato si infrangono e la vita diventa sempre più dura per lei, la madre e i due figli. Le sofferenze patite le accrescono il carisma e il coraggio. Gestisce da sola una pompa di benzina e i risparmi di molti anni di lavoro le permettono di comprarsi una villa, mantenere la madre e gli studi di Aby e Djib.
STRUTTURA
L’abuso di primi piani per far risaltare le emozioni dei personaggi e la scelta di un intreccio “leggero” fanno pensare più a un telefilm su grande schermo che a un film d’autore. Ma al di là di una certa povertà estetica permane la forza della narrazione, i cui elementi umoristici assomigliano ai film del cineasta senegalese Dibril Diop Mambéty (Hiènes e Le Franc ad esempio). Sono presenti alcuni flashback di Faat ventenne, che modificano leggermente l’impostazione lineare della narrazione.
TEMATICHE
“In Faat Kiné, quando consideri il contesto della società senegalese, hai la battaglia di una singola donna, che scopre il potere dei soldi e il valore della libertà. L’unica soluzione per risolvere i suoi problemi è una soluzione individualistica. Questo la incoraggia a lavorare duro, poiché il suo obbiettivo è quello di risparmiare abbastanza soldi per mandare i bambini a studiare altrove” .
Denaro, femminismo e emancipazione individuale sono solo alcune delle tematiche principali del film, che più di ogni altra opera del regista di Ziguinchor è lontano da un messaggio politico–sociale diretto. Si può parlare di una pausa del cineasta dal cinema politico anche se, come verrà mostrato più avanti, l’opera non è priva di una certa vis polemica.
“Questo lungometraggio, se uscirà nelle sale, riconcilierà forse i senegalesi con il cinema popolare, quello destinato al grande pubblico, il cui unico scopo è quello di divertire”, scrive un giornalista del principale quotidiano senegalese, Le soleil. .
Tenendo per scontato che Sembène non fa cinema con il solo scopo dell’intrattenimento, si riscontrano in Faat Kiné numerosi momenti esilaranti, come nella scena in cui una delle due amiche di Faat Kiné racconta i suoi litigi coniugali con il marito poligamo che rifiuta sistematicamente di portare il preservativo che lei gli porge a letto.
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