emanuelemarchetto
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sabato 18 marzo 2017
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john waters riflette su se stesso
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Ed ecco che torno a parlare di uno dei miei registi preferiti. Il film in questione è ambientato, come tutti i film di Waters, nell'amata e odiata Baltimora, dove seguiamo le vicende di un giovane fotografo amatoriale che viene notato da una critica d'arte di New York, la quale ammira il talento che il giovane ha nel ritrarre i bizzarri personaggi del suo quartiere.
"Quella che chiamano arte contemporanea, a me sembra solo squallore quotidiano" dice uno dei personaggi del film, ed è proprio da questa affermazione che parte la riflessione del regista: Waters iniziò a fare film con alcuni suoi amici; personaggi bizzarri, come Divine, Edith Massey, Mink Stole ed egli spingeva sul pedale della stranezza per sottolinearne l'unicità e la bellezza.
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Ed ecco che torno a parlare di uno dei miei registi preferiti. Il film in questione è ambientato, come tutti i film di Waters, nell'amata e odiata Baltimora, dove seguiamo le vicende di un giovane fotografo amatoriale che viene notato da una critica d'arte di New York, la quale ammira il talento che il giovane ha nel ritrarre i bizzarri personaggi del suo quartiere.
"Quella che chiamano arte contemporanea, a me sembra solo squallore quotidiano" dice uno dei personaggi del film, ed è proprio da questa affermazione che parte la riflessione del regista: Waters iniziò a fare film con alcuni suoi amici; personaggi bizzarri, come Divine, Edith Massey, Mink Stole ed egli spingeva sul pedale della stranezza per sottolinearne l'unicità e la bellezza. Ma agli occhi della critica spocchiosa e del pubblico borghese, le sue "creature" risultavano solo ripugnanti, osservandoli come fossero fenomeni da baraccone. Questo è lo stesso percorso che fa il protagonista del film. Pecket vede il bello anche nella spazzatura, mentre gli spettatori newyorkesi osservano gli strani personaggi ritratti nelle foto come si guardano gli animali allo zoo.
Gli ingredienti del cinema di Waters ci sono tutti, ma, nonostante numerosi colpi bassi, si nota che il regista ha in parte perso la sua cattiveria di un tempo. Il difetto più grande(forse) è proprio il protagonista(Edward Furlong), bravo, ma troppo angelico rispetto ai personaggi a cui Waters ci ha abituato.
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iuriv
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giovedì 15 ottobre 2015
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troppo zucchero, baby.
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Pecker è un film che parla dei rischi nascosti dietro al successo improvviso, del significato della vera arte e del mondo della critica che, con il suo modo di fare, trova più facile giudicare che esporsi. Il tutto utilizzando l'arma della leggerezza.
Ed è proprio quest'ultima caratteristica l'aspetto più controverso della pellicola. Waters immerge nella leggiadria il suo lavoro fin da subito, presentando Pecker, giovane con la passione per la fotografia, nel suo mondo fatto di brava gente. L'intento dell'autore è lampante e serve per costruire un contrasto tra la semplice ed ingenua Baltimora e la dura New York.
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Pecker è un film che parla dei rischi nascosti dietro al successo improvviso, del significato della vera arte e del mondo della critica che, con il suo modo di fare, trova più facile giudicare che esporsi. Il tutto utilizzando l'arma della leggerezza.
Ed è proprio quest'ultima caratteristica l'aspetto più controverso della pellicola. Waters immerge nella leggiadria il suo lavoro fin da subito, presentando Pecker, giovane con la passione per la fotografia, nel suo mondo fatto di brava gente. L'intento dell'autore è lampante e serve per costruire un contrasto tra la semplice ed ingenua Baltimora e la dura New York. Il risultato sono venti minuti indigeribili, in cui tutti sono bravi e buoni e Pecker sembra immerso in un universo fatto di zucchero.
A ben vedere, dopo le cose non vanno poi meglio, visto che nemmeno i cinici newyorkesi sono caratterizzati in modo particolarmente brutale da Waters, che decide di far mancare un vero conflitto di personaggi, preferendo orientarsi sulle peculiarità delle ambientazioni.
Se si vuole catalogare questo film in un genere, lo si potrebbe definire una commedia che non fa ridere (a meno di non concentrarsi su elementi laterali come la "Dolce Chrissy", bambina dall'attitudine fenomenale capace di rendere simpatico un personaggio sulla carta odioso).
Va detto che, probabilmente, l'obbiettivo del regista non è la ricerca della risata a tutti i costi. Sembra piuttosto che si tenti di immergere lo spettatore nella leggerezza che ammanta tutto, ricorrendo ad espedienti come recitazione forzata, personaggi grotteschi e persino inserti grafici dall'aspetto vagamente fiabesco.
A volte questo sovraccarico di buone maniere finisce per nauseare. Però i messaggi che Waters vuole veicolare passano. Senza ombra di dubbio, sotto la patina mielosa e soffocante che opprime, si respira il dramma delle vite che vengono rivoltate da qualcosa di totalmente inaspettato. Qualcosa di apparentemente positivo, ma che si porta dietro problemi cui i personaggi non sono pronti a far fronte.
Dal punto di vista dell'estetica il film si presenta come un tipico indie anni 90, con la sua fotografia sgranata e gli attori tipici di quel mondo. Tanto per gradire, c'è anche la colonna sonora curata da un Stuart Copeland forse non al massimo della forma.
Pecker è un'opera che riesce a dire ciò che si era prefissata e, a conti fatti, questa è la cosa più importante. Tuttavia la pesantezza dell'introduzione e alcune scelte stilistiche decisamente troppo smielate la tengono lontana dall'essere imperdibile.
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