samanta
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domenica 26 febbraio 2023
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manca l''acqua a los angeles
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E' un film uscito nel 1974che concerne un problema chhe scosse la Los Angeles degli anni '30 la mancanza di acqua in una città che era situata tra il mare e il deserto, figura centrale fu William Mulholland capo del Dipartimento acque pubbliche le cui soluzioni scontentarono gli agricoltori della contea che vedevano le acque di un invaso depauperate a danno delle loro colture. La regia è di Roman Polanski giovane ed affermato direttore (Rosemary Babie's), con questo film di gran successo fu lanciato nell'Olimpo di Hollywood, la sceneggiatura e il soggetto sono di Robert Thorpe uno dei più celebri sceneggiatori (Il socio, Mission Impossible) che ricevette l'Oscar, ebbe contrasti con Polanski che cambiò radicalmente il finale (la storia è ben raccontata da D.
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E' un film uscito nel 1974che concerne un problema chhe scosse la Los Angeles degli anni '30 la mancanza di acqua in una città che era situata tra il mare e il deserto, figura centrale fu William Mulholland capo del Dipartimento acque pubbliche le cui soluzioni scontentarono gli agricoltori della contea che vedevano le acque di un invaso depauperate a danno delle loro colture. La regia è di Roman Polanski giovane ed affermato direttore (Rosemary Babie's), con questo film di gran successo fu lanciato nell'Olimpo di Hollywood, la sceneggiatura e il soggetto sono di Robert Thorpe uno dei più celebri sceneggiatori (Il socio, Mission Impossible) che ricevette l'Oscar, ebbe contrasti con Polanski che cambiò radicalmente il finale (la storia è ben raccontata da D. Thomson ne La regola perfetta).
Jake Gittes (Jack Nicholson) un detective privato ex-poliziotto riceve la visita di una donna che si presenta come la moglie dell'ingegnere Mulwray (Daniel Zwerling) capo del Dipartimento dell'acqua di L.A. e vuole che accerti se il marito le è fedele. Jake lo pedina e comprende che l'uomo si oppone alla creazione di un bacino che impoverirebbe gli agricoltori, lo sorprende poi in compagnia di una giovane donna, fotografa la coppia ma le immagini finiscono su un giornale. Si presenta la vera moglie di Mulwaray Ewelyn Cross (Faye Dunaway) e poco dopo è trovato il cadavere dell'ingegnere annegato, Jake comprende dall'autopsia che è stato ucciso e comincia ad indagare. Si troverà in un vortice di corruzione il cui il "padrino" è un ricco speculatore Noah Cross (John Houston) padre di Evelyn torbido individuo coinvolto in delitti, incesti, scoprirà Katherine sorella di Evelyn ed in realtà sua figlia frutto della violenza di Noah. Il finale vede il corrutore impunito, Evelyn uccisa e Jake che si allontana solo.
La storia ricorda 2 film: Il mistero del Falco Maltese e Il grande sonno, dal primo l'espediente di una donna che dà false generalità per avviare l'indagine, dal secondo l'atmosfera di inganni, misteri, false piste e colpi di scena. D'altra parte Jake assomiglia a Spade o Marlowe ed è interpretato con grande abilità professionale da Jack Nicholson. Di suo Polansky ha introdotto un ritmo veloce e la trovata del finale che malgrado l'opposizione dei produttori e dello sceneggiatore provocò l'interesse del pubblico, lo stesso Thorpe (a cui fu dato l'Oscar!) che aveva congegnato un finale con la sconfitta del cattivo e la vittoria dei buoni, successivamente riconobbe di avere avuto torto. Sempre presente l'ossessione di Polansky per il sesso che si troverà anche nei suoi film successivi (come Luna di fiele), d'altra parte questo fu l'ultimo suo film in USA da cui dovette fuggire per lo stupro di una ragazzina di 13 anni. Il film dipinge una L.A. degli intrighi e della corruzione imperante negli anni '30 (vedi Babylon), sorretto da un'indubbia abilità tecnica del regista e da una buona recitazione degli interpreti: di Nicholson si è già detto, ma bravi anche gli altri protagonisti come Faye Dunaway e John Houston, padre boss e stupratore.
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samanta
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domenica 26 febbraio 2023
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manca l''acqua a los angeles
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E' un film uscito nel 1974che concerne un problema chhe scosse la Los Angeles degli anni '30 la mancanza di acqua in una città che era situata tra il mare e il deserto, figura centrale fu William Mulholland capo del Dipartimento acque pubbliche le cui soluzioni scontentarono gli agricoltori della contea che vedevano le acque di un invaso depauperate a danno delle loro colture. La regia è di Roman Polanski giovane ed affermato direttore (Rosemary Babie's), con questo film di gran successo fu lanciato nell'Olimpo di Hollywood, la sceneggiatura e il soggetto sono di Robert Thorpe uno dei più celebri sceneggiatori (Il socio, Mission Impossible) che ricevette l'Oscar, ebbe contrasti con Polanski che cambiò radicalmente il finale (la storia è ben raccontata da D.
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E' un film uscito nel 1974che concerne un problema chhe scosse la Los Angeles degli anni '30 la mancanza di acqua in una città che era situata tra il mare e il deserto, figura centrale fu William Mulholland capo del Dipartimento acque pubbliche le cui soluzioni scontentarono gli agricoltori della contea che vedevano le acque di un invaso depauperate a danno delle loro colture. La regia è di Roman Polanski giovane ed affermato direttore (Rosemary Babie's), con questo film di gran successo fu lanciato nell'Olimpo di Hollywood, la sceneggiatura e il soggetto sono di Robert Thorpe uno dei più celebri sceneggiatori (Il socio, Mission Impossible) che ricevette l'Oscar, ebbe contrasti con Polanski che cambiò radicalmente il finale (la storia è ben raccontata da D. Thomson ne La regola perfetta).
Jake Gittes (Jack Nicholson) un detective privato ex-poliziotto riceve la visita di una donna che si presenta come la moglie dell'ingegnere Mulwray (Daniel Zwerling) capo del Dipartimento dell'acqua di L.A. e vuole che accerti se il marito le è fedele. Jake lo pedina e comprende che l'uomo si oppone alla creazione di un bacino che impoverirebbe gli agricoltori, lo sorprende poi in compagnia di una giovane donna, fotografa la coppia ma le immagini finiscono su un giornale. Si presenta la vera moglie di Mulwaray Ewelyn Cross (Faye Dunaway) e poco dopo è trovato il cadavere dell'ingegnere annegato, Jake comprende dall'autopsia che è stato ucciso e comincia ad indagare. Si troverà in un vortice di corruzione il cui il "padrino" è un ricco speculatore Noah Cross (John Houston) padre di Evelyn torbido individuo coinvolto in delitti, incesti, scoprirà Katherine sorella di Evelyn ed in realtà sua figlia frutto della violenza di Noah. Il finale vede il corrutore impunito, Evelyn uccisa e Jake che si allontana solo.
La storia ricorda 2 film: Il mistero del Falco Maltese e Il grande sonno, dal primo l'espediente di una donna che dà false generalità per avviare l'indagine, dal secondo l'atmosfera di inganni, misteri, false piste e colpi di scena. D'altra parte Jake assomiglia a Spade o Marlowe ed è interpretato con grande abilità professionale da Jack Nicholson. Di suo Polansky ha introdotto un ritmo veloce e la trovata del finale che malgrado l'opposizione dei produttori e dello sceneggiatore provocò l'interesse del pubblico, lo stesso Thorpe (a cui fu dato l'Oscar!) che aveva congegnato un finale con la sconfitta del cattivo e la vittoria dei buoni, successivamente riconobbe di avere avuto torto. Sempre presente l'ossessione di Polansky per il sesso che si troverà anche nei suoi film successivi (come Luna di fiele), d'altra parte questo fu l'ultimo suo film in USA da cui dovette fuggire per lo stupro di una ragazzina di 13 anni. Il film dipinge una L.A. degli intrighi e della corruzione imperante negli anni '30 (vedi Babylon), sorretto da un'indubbia abilità tecnica del regista e da una buona recitazione degli interpreti: di Nicholson si è già detto, ma bravi anche gli altri protagonisti come Faye Dunaway e John Houston, padre boss e stupratore.
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mercoledì 17 luglio 2019
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un neo-noir magistrale, quasi perfetto
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La brillante ed infallibile sceneggiatura scritta da Robert Towne (giustamente insignito del Premio Oscar nel 1975) costituisce solamente il punto di partenza di quello che si configura come un (quasi) perfetto neo-noir in cui Roman Polanski esibisce tutte le convenzioni del genere per poi ribaltarle e dissacrarle con abilità ed intelligenza notevoli. Pur lavorando su commissione, quindi su un progetto non suo, il regista riesce perfettamente a trattare con la stessa lucidità sia le classiche tematiche del genere, sia quelle ricorrenti della sua filmografia. Nel primo caso, un esempio è la presenza incombente e ambigua del Male, che si presenta come un’entità minacciosa e quasi astratta che, successivamente, si concretizza materializzandosi nel personaggio del bravo John Huston.
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La brillante ed infallibile sceneggiatura scritta da Robert Towne (giustamente insignito del Premio Oscar nel 1975) costituisce solamente il punto di partenza di quello che si configura come un (quasi) perfetto neo-noir in cui Roman Polanski esibisce tutte le convenzioni del genere per poi ribaltarle e dissacrarle con abilità ed intelligenza notevoli. Pur lavorando su commissione, quindi su un progetto non suo, il regista riesce perfettamente a trattare con la stessa lucidità sia le classiche tematiche del genere, sia quelle ricorrenti della sua filmografia. Nel primo caso, un esempio è la presenza incombente e ambigua del Male, che si presenta come un’entità minacciosa e quasi astratta che, successivamente, si concretizza materializzandosi nel personaggio del bravo John Huston. Nel secondo caso, è molto evidente il ruolo centrale che svolge l’acqua nella pellicola: oltre ad essere il promotore della vicenda, che cela complotti politici dominati dalla corruzione, ha un ruolo puramente simbolico, in quanto, come in altre opere di Polanski, è l’incarnazione del male e della morte. L’altro incommensurabile merito del film è quello aver riesumato un genere cinematografico (abbandonato dall’industria hollywoodiana due decenni prima) grazie alle oscure quanto sinuose atmosfere, in cui spiccano i raffinati costumi e la ricercata fotografia, grazie alla sfuggente e misteriosa figura della Femme Fatale, perfettamente interpretata da Faye Dunaway, e, soprattutto, grazie alla figura centrale del disincantato e beffardo protagonista, che ha il volto di un Jack Nicholson superiore a ogni elogio per le sfumature che conferisce al personaggio. In conclusione, una pietra miliare del cinema noir e statunitense, assolutamente imperdibile per tutti i cinefili.
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venerdì 19 aprile 2019
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un perfetto noir su corruzione e drammi familiari
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Roman Polanski mescola sapientemente le atmosfere tipiche del noir con una trama che sembra essere degna del maestro Alfred Hitchcock, caratterizzata da un'intrigo che ruota attorno al suo disincantato protagonista e che si trasforma in un vortice di interessi politici, corruzione, tradimenti e drammi familiari, con un'esplicita critica ai primi aspetti e un'amara riflessione sugli ultimi due, intesi come eventi capaci di sconvolgere la vita familiare e di segnare inesorabilmente la vita di una persona. L'affascinante personaggio dell'investigatore, interpretato da un magnifico Jack Nicholson, nonostante possa apparire come il protagonista, è solo utilizzato dal regista come un punto di vista per raccontare una storia struggente e intrigante, dalla struttura complessa il cui messaggio viene trasmesso in modo efficace e molto potente, quasi disarmante: la corruzione, il ricatto e lo scandalo sono tutti elementi che portano ad una serie di eventi dalla preoccupante potenza distruttiva.
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Roman Polanski mescola sapientemente le atmosfere tipiche del noir con una trama che sembra essere degna del maestro Alfred Hitchcock, caratterizzata da un'intrigo che ruota attorno al suo disincantato protagonista e che si trasforma in un vortice di interessi politici, corruzione, tradimenti e drammi familiari, con un'esplicita critica ai primi aspetti e un'amara riflessione sugli ultimi due, intesi come eventi capaci di sconvolgere la vita familiare e di segnare inesorabilmente la vita di una persona. L'affascinante personaggio dell'investigatore, interpretato da un magnifico Jack Nicholson, nonostante possa apparire come il protagonista, è solo utilizzato dal regista come un punto di vista per raccontare una storia struggente e intrigante, dalla struttura complessa il cui messaggio viene trasmesso in modo efficace e molto potente, quasi disarmante: la corruzione, il ricatto e lo scandalo sono tutti elementi che portano ad una serie di eventi dalla preoccupante potenza distruttiva. L'ottima fotografia, i costumi eccellenti e la scenografia immersiva rendono questo film affascinante anche dal punto di vista visivo, senza però scadere nel manierismo compiaciuto. Gli unici difetti sono l'inutile relazione tra l'investigatore e la vedova e alcune lungaggini nella sceneggiatura (ricca di ottimi dialoghi): peccato. 4.5 stelle su 5.
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l''uomodellasala
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giovedì 15 giugno 2017
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un capolavoro sottovalutato
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote.
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote. un omaggio al genere noir da guardare, con l'unico difetto di essere uscito nello stesso anno del Padrino-parte II, cosa che l'ha gettato ingiusatamente nell'ombra.
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[+] sottovalutato?!?
(di emaspac)
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l''uomodellasala
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giovedì 15 giugno 2017
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un capolavoro sottovalutato
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote.
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote. un omaggio al genere noir da guardare, con l'unico difetto di essere uscito nello stesso anno del Padrino-parte II, cosa che l'ha gettato ingiusatamente nell'ombra.
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l''uomodellasala
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giovedì 15 giugno 2017
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un capolavoro sottovalutato
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote.
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Roman ci regala uno dei film più belli della storia del cinema ma sconosciuto ai più. la trama non potrebbe essere più geniale, un neo-noir che parte da un piccolo mistero per poi finire in un complotto diabolico passando per tanti colpi di scena. l'apparato tecnico è formidabile, grazie a lui finiamo in ua San Francisco onirica e oscura: la fotografia è strraordinaria, la colonna sonora è formidabile e sopratutto le scenografie danno una ricostruzione perfetta. gli attori danno delle prove stupende: Nicholson meritava l'oscar, Fay non è da meno, Huston si trova perfettamente a suo agio nell'insolita veste di attore. il finale poi: qualcosa di scioccante, in cui i cattivi vincono e gli eroi tornano a casa a mani vuote. un omaggio al genere noir da guardare, con l'unico difetto di essere uscito nello stesso anno del Padrino-parte II, cosa che l'ha gettato ingiusatamente nell'ombra.
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great steven
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giovedì 11 maggio 2017
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una ventata di novità nel noir poliziesco.
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CHINATOWN (USA, 1974) diretto da ROMAN POLANSKI. Interpretato da JACK NICHOLSON, FAYE DUNAWAY, JOHN HUSTON, BURT YOUNG, BRUCE GLOVER
Nell’assolata e deserta Los Angeles del 1937, al detective privato Jacob Gittes si rivolge una donna che si spaccia per la signora Muwlray, moglie del più importante proprietario idrogeologico della metropoli, chiedendogli di indagare su un suo presunto tradimento coniugale.
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CHINATOWN (USA, 1974) diretto da ROMAN POLANSKI. Interpretato da JACK NICHOLSON, FAYE DUNAWAY, JOHN HUSTON, BURT YOUNG, BRUCE GLOVER
Nell’assolata e deserta Los Angeles del 1937, al detective privato Jacob Gittes si rivolge una donna che si spaccia per la signora Muwlray, moglie del più importante proprietario idrogeologico della metropoli, chiedendogli di indagare su un suo presunto tradimento coniugale. Occupandosi di un caso assai (ma solo in apparenza) più banale dei suoi canoni abituali, Jake arriva invece a conoscere la vera Evelyne Muwlray (nata Cross; l’altra donna non era che una prostituta pagata da una fondazione di cui Jake conosce il losco presidente), dark lady in piena regola, che lo trascina nel vortice di uno scandalo pubblico di corruzione che ruota intorno alla morte di Hollis Muwlray, trovato annegato in un canale di scolo. Ma si tratta di un accidente o di un omicidio architettato? Jake non può saperlo fintantoché non raccoglie sufficienti prove che lo portano ad incontrare di persona il terribile Noah Cross, socio alla pari di Hollis nella gestione delle risorse idriche che approvvigionano la città del bene primario. I rischi dell’impresa non sono da sottovalutare: Jake viene ferito al naso da un ghignante sorvegliante nano, disvela la presenza di una misteriosa ragazzina che potrebbe esser stata l’amante di Hollis, depreda incartamenti dagli archivi catastali e fa luce, uno per uno, su tutti gli aspetti oscuri di una storia tanto misteriosa quanto potenzialmente esplosiva, con gli agricoltori degli aranceti che protestano per la scarsità idrica e i progettisti di una diga che, a parole, sostengono di ridare l’acqua alla città, ma poi la scaricano nell’oceano, favorendo la desertificazione e rimpinguando le proprie casse. Ma il bandolo della matassa sta tutto nell’animo della tormentata Evelyn: la signora Muwlray ha sempre creduto fino all’ultimo nelle integerrime intenzioni del marito, ma nulla poté fare per impedire al padre di assassinarlo… dopo che il pericolosissimo e pazzo capitalista ebbe concluso due affari che gli stavano particolarmente a cuore: sottrarre al socio tutti i segreti per l’ottimo funzionamento della ditta e violentare la figlia, dando così vita alla sua figlia-sorella, la ragazzina che si credeva la concubina del defunto Hollis. Nel mettere a nudo una situazione di corruzione così sfracellata e madornale e una vicenda privata tanto sconvolgente, Jake rischia l’arresto per favoreggiamento, sottrazione di prove ed estorsione, ed è pronto a farsi ammanettare dal suo ex collega Lou Escobar (importante fu il periodo di Jake Gittes come poliziotto a Chinatown, poi archiviato per delusioni professionali), ma accade l’irreparabile: Evelyne e Catherine (così si chiama la ragazzina) sono più che mai decise a varcare la frontiera e non tornar mai più negli Stati Uniti. Escobar spara un colpo, ma Jake lo neutralizza; non può invece farlo col suo collega Walsh, che ferisce a morte Evelyn. Ormai sconfitto e avendo veduto il frutto del suo duro (anche se non onesto fino in fondo) lavoro, a Jake viene concessa la libertà di tornarsene a casa e stendere un velo pietoso su Chinatown. Permeato di un umorismo caustico e al tempo stesso sardonico, ricco di trovate geniali (l’occhio della Dunaway di cui Nicholson si accorge un istante prima del loro unico rapporto amoroso e che poi sarà quello da cui oltrepasserà il proiettile letale) e giustamente proiettato verso un finale amaro e destabilizzante, fece, senza lasciarsi andare ad esercizi di nostalgica archeologia, scuola nella rivisitazione del cinema nero americano. È, in fin dei conti, un noir con tutte le carte in regola: l’investigatore privato ex poliziotto, cinico, disincantato ma tutto sommato anche idealista e coraggioso; la femme fatale che manovra i fili di una vita dietro cui è però nascosto un dramma inconfessabile la cui venuta alla luce le provocherà un nuovo trauma ancora più sfibrante; il finanziere vegliardo che non si fa scrupoli né nell’incesto né nella rapida, violenta eliminazione fisica di un concorrente che ne sa più di lui in idrogeologia e dunque necessita delle sue conoscenze, una volta messe in pratica, per appropriarsi d’ogni cosa che rientri nel bacino d’utenza del suo mastodontico potere; l’agente promosso a tenente, che cova astio e insolenza nei riguardi del protagonista, ma pur essendo sempre sul punto di commettere una scorrettezza o un atto avventato contro di lui, glieli risparmia puntualmente dovendo ammettere a viva forza che l’ex collega aveva colto nel segno, svolgendo il proprio lavoro con un acume, una sfrontatezza e una perseveranza insospettabili, per quello che rimane comunque un subalterno. Nel grande labirinto di doppi giochi, servi del potere, raggiri, corruzioni dilaganti, bisogni disattesi e magnati spadroneggianti, è difficile individuare un vincitore. Il personaggio di Gittes viene sicuramente ripristinato, ma la sua riabilitazione è penalizzata dall’errore di credere eccessivamente nel suo idealismo, il che gli spiattella di fronte la realtà cruda dei fatti e non gli consente un pieno raggiungimento dell’utopia sperata. Nicholson se la cava benissimo finalmente in un ruolo meno psicopatico delle sue usuali corde, e lo affianca una Dunaway ormai fuori dall’aura di sex-symbol venticinquenne con la sua dama dell’aristocrazia che ostenta sicurezza e padronanza di sé per mascherare il dolore straziante che è pure personificato in carne e ossa dall’abuso paterno verso di lei. Polanski seppe scegliersi saggiamente un antagonista con connessi e controfiocchi come Huston: l’attore-regista si trasforma in un vecchio bue duro a crepare, un burattinaio malvagio e calcolatore che non si limita a bramare smaniosamente la pecunia, ma la ottiene sacrificando amici e nemici che gli capita di incontrare sul proprio percorso immancabilmente in salita e in divenire. E il quartiere cinese? È un topos in cui viene raccolto il lerciume morale che alberga negli animi dei personaggi, la fucina di espiazione dei vizi, della corruzione, del malessere, di quello stesso "mal di vivere" contro il quale si cerca affannosamente una ragione, un rimedio, un palliativo. A modo suo, è anche un’opera ecologica: il giardino dei Muwlray in cui l’acqua salata danneggia l’erba e in cui Gittes ritrova gli occhiali dell’uomo su cui indagava fanno riaffiorare il tema ambientalistico, e Los Angeles, città californiana stretta fra il Pacifico e la faglia di Sant’Andrea, non può certo dirsi nuova a questi scontri solitamente bilaterali di cultori dell’ambiente che muovono in una direzione o nell’altra, coi rispettivi propositi costruttivi o destrutturanti. Il vero eroe del film resta tuttavia Robert Towne, e una volta tanto un Oscar alla sceneggiatura è stato meritato senza strascichi né riserve: va tutto alla sua dovizia di particolari, al suo talento di narratore eccezionale e alla sua capacità di costruire intrecci che somigliano ad incastri societari, per come inscenano storie quanto mai formidabili e seducenti.
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elgatoloco
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mercoledì 29 marzo 2017
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film straordinario, tipicamente"polanskiano"
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Nicholson, Dunaway, Huston(che qui è il"vilain", l'"hjio de puta", per dirla in latinoamericano più che in castigliano puro, con tutte le contrazioni e le variazioni previste...)in questo"Chinatown"di Polanski che rimane un grandissimo film, anche per chi preferisca(di poco, però, come anche chi scrive)il Polanski fantastico, "dark", di "Rosemary's Baby"ma anche quello fantastico-"quieto" di"Who?". Trama, se vogliamo, à la Chandler, dove intrighi e corruzione sono alla base del film, con sviluppi imprevisti ad ogni"tornante", con una fotografia che alterna la luminosità all'oscurità, sottolienendo i contrasti forti e inequivocabili, dove poi, però, ogni nuovo sviluppo nega quanto si era ritenuto di capire da quanto viene prima.
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Nicholson, Dunaway, Huston(che qui è il"vilain", l'"hjio de puta", per dirla in latinoamericano più che in castigliano puro, con tutte le contrazioni e le variazioni previste...)in questo"Chinatown"di Polanski che rimane un grandissimo film, anche per chi preferisca(di poco, però, come anche chi scrive)il Polanski fantastico, "dark", di "Rosemary's Baby"ma anche quello fantastico-"quieto" di"Who?". Trama, se vogliamo, à la Chandler, dove intrighi e corruzione sono alla base del film, con sviluppi imprevisti ad ogni"tornante", con una fotografia che alterna la luminosità all'oscurità, sottolienendo i contrasti forti e inequivocabili, dove poi, però, ogni nuovo sviluppo nega quanto si era ritenuto di capire da quanto viene prima... Un gioco al massacro totale, anche quando è avvertibile sottilmente(parlo qui, ovviamente, della parte iniziale del film), in maniera , diciamo pure"soft", ma che poi si rivela per quanto è in realtà, ossia terribile...Nessuna enfasi sull'ambientazione, appunto"chandleriana"(pieni anni Trenta del Novecento, 1937 per la precisione...), costumi e scene efficaci quanto non "esibiti", pregnanti, dove l'ambientazione è parte del "tutto"filmico ma, ovviamente, non lo esaurisce... Film decisamente onnivoro, totalizzante, dove, a proposito della detection/investigazione, nei canoni migliori del"thriller"ma anche proprio della ricerca filmica di Polanski"nulla è come sembra"("Who?", sempre e comunque mi sembra proprio un proclama, un"manifesto"), dove i primi indizi vengono subito e continuamente erosi, messi in crisi da quanto segue, con una "logica"(?)impeccabile, senza scampo, in qualche misura. Da considerare con molta attenzione, anche perché, al di là del sequel firmato come regista da Nicholson, che peraltro non conosco e ritengo sia stato proposto raramente, comunque non spesso, gli esiti del film non si sono visti"massicciamente". Da rivalutare e riscoprire-riproporre, direi, continuamente, per esaminarne(vale per tutto Polanski, per la sua opera omnia)ogni sequenza. El Gato
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brian77
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sabato 31 maggio 2014
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grandissimo
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Questo è un capolavoro dall'inizio alla fine. C'è poco da dire, tranne vederlo e rivederlo. Fino all'orrore finale del grande John Huston, che riunisce in sé tutti i poteri più feroci, padre, padrone, Capitale, Hollywood...
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