Baci rubati |
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Un film di François Truffaut.
Con Jean-Pierre Léaud, Delphine Seyrig, Claude Jade, Michael Lonsdale, Harry-Max.
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Titolo originale Baisers volés.
Commedia,
Ratings: Kids+16,
durata 92 min.
- Francia 1968.
MYMONETRO
Baci rubati
valutazione media:
3,81
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Nodi che (ri)tornano.di MercuzioFeedback: 0 |
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domenica 17 maggio 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un lento, commovente slapstick pare questa delicata commedia di Truffaut, incentrata su di una figura che cambia di continuo mestiere, "costume", che arriva a fare del cambiar mestiere/costume un ruolo nel quale fatica a identificarsi, e fuori dal quale i suoi abiti cambieranno ancora, fino a divenire quelli dello sposo promesso (l’avvenire). Penso a Keaton (Sherlock Holmes Jr.?), certo più a Chaplin, con tutti quei sorrisi, gli ammiccamenti in macchina, lasciati, sembra, dal regista un po’ all'arbitrio dell’attore/marionetta Jean Pierre Leaud, in questo che è forse il più "distratto" tra i film di un cineasta nato tra le pagine dei Cahiers Du Cinema sotto gli auspici di Bazin, protagonista di un’accanita stagione di caccia alla ricerca (impossibile?) di un linguaggio-cinema. Distratto perché le riprese coincisero con l' inaspettato licenziamento di Henri Langlois dalla direzione della Cinématheque Française, evento al quale seguirono lunghi scontri col governo e le forze dell'ordine prima che tutto tornasse com'era, o meglio, prima che tutto cambiasse: il maggio parigino fioriva silenzioso. Il noto avvitamento cinematografico, autoreferenziale, sembra rallentare, o se vogliamo, subisce nel suo avvitarsi le interferenze di quel "quotidiano" mobilitato, rivoluzionario, che Truffaut capeggiò affiancato dai GodardResnaisRivetteRayMaraisCarnè.., corpo unico, voce compatta del mondo-cinema contro la traumatica dissolvenza della Francia di De Gaulle. Il film è una commedia del "chi è chi?", "cosa è cosa?", "chi sono/sarò?" fuori dalla caserma (De Gaulle), dalle illusorie letture (Balzac), da deludenti incontri con fredde prostitute (irreggimentate, sorvegliate, “legalizzate”: l’amico Godard negli anni '60 "sembra" non occuparsi d'altro), al di là delle insicurezze di una ragazza che tutti abbiamo temuto una poco di buono perché pedinata da quel "pazzo" che le si dichiara nel finale. E se JPL, come tutti gli altri interpreti, non è l'indefinito presente della Francia (Truffaut non ha mai mescolato cinema e politica, l'impegno "lo faceva ridere" dice chi l'ha conosciuto...), forse lo sarà del cinema, ma non nel senso di una mancanza di forma, ma di una difficoltà a mantenere fluido quel costante, magmatico divenire che il miglior cinema francese ha sempre inseguito sin dai “critici” albori della Nouvelle Vague. E anche se al protagonista sono negati gli iperbolici "successi" dei Lloyd, Keaton, Chaplin, il finale dirada le ombre iniziali (l'interno di un carcere militare) con un assolato esterno, dopo una promessa suggellata con un cavatappi e una passeggiata mano nella mano che profuma di avvenire, qualunque esso sia.
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