gianni lucini
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martedì 4 settembre 2012
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la lezione di antonin artaud nel western
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Violento, ma rigoroso, questo film ottiene uno straordinario successo nelle sale premiando la svolta di Lucio Fulci, fino a quel momento conosciuto per i musicarelli e i film di Franco e Ciccio. Il cinema non ha misteri per uomini come lui, abili professionisti cresciuti lavorando giorno dopo giorno in un ambiente di cui conoscono e sanno gestire ogni aspetto, dalla produzione alla regia, dal montaggio alla musica agli effetti speciali. Osannato all’estero e bistrattato in patria dalla critica, come molti altri protagonisti della scena cinematografica italiana degli anni Sessanta e Settanta alla fine è stato tardivamente riscoperto anche in Italia. Colto sperimentatore inizia ad approfondire il tema della rappresentazione cinematografica della violenza partendo dal “Teatro della crudeltà” teorizzato da Antonin Artaud nel suo celebre testo “Il teatro e il suo doppio”.
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Violento, ma rigoroso, questo film ottiene uno straordinario successo nelle sale premiando la svolta di Lucio Fulci, fino a quel momento conosciuto per i musicarelli e i film di Franco e Ciccio. Il cinema non ha misteri per uomini come lui, abili professionisti cresciuti lavorando giorno dopo giorno in un ambiente di cui conoscono e sanno gestire ogni aspetto, dalla produzione alla regia, dal montaggio alla musica agli effetti speciali. Osannato all’estero e bistrattato in patria dalla critica, come molti altri protagonisti della scena cinematografica italiana degli anni Sessanta e Settanta alla fine è stato tardivamente riscoperto anche in Italia. Colto sperimentatore inizia ad approfondire il tema della rappresentazione cinematografica della violenza partendo dal “Teatro della crudeltà” teorizzato da Antonin Artaud nel suo celebre testo “Il teatro e il suo doppio”. L’autore francese sostiene la rappresentazione scenica della crudeltà come linguaggio per scuotere lo spettatore e per stimolarlo a una diversa percezione della realtà. Fulci tenta di applicare la lezione nel cinema. Lo sbocco finale della sua ricerca sarà l’horror puro, genere di cui diventerà uno dei maestri più riconosciuti e imitati. Il suo lungo cammino inizia proprio con Le Colt cantarono la morte e fu tempo di massacro, un film ricco di sottotesti psicoanalici a partire dall’amore-odio dei figli per il padre e l’odio feroce tra questi ultimi. Anche l’utilizzo degli attori è geniale, a partire da Nino Castelnuovo, reduce dal grande successo televisivo nei panni del romantico Renzo Tramaglino, il protagonista dei “Promessi Sposi”, cui viene affidata la parte di uno psicopatico sanguinario e vestito sempre di bianco. Anche il quasi esordiente George Hilton, con il suo tormentone "gentlemen!" prefigura quasi le successive incursioni nel western comico. È un film fondamentale nella storia del western all’italiana.
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celluloide
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lunedì 18 giugno 2012
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terzetto vincente
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Nino Castelnuono psicopatico eccellente tra frustate risse e sparatorie. George Hilton e Franco Nero
completano degnamente il quadro di azione.
Da vedere per gli amanti del genere.
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giuseppe acciaro
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lunedì 12 novembre 2007
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"western, horror e dramma familiare"
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Film dalla lunga e complessa gestazione,caratterizzato da contrasti tra regista e produttore, ma il prodotto finale non ne ha certo risentito. Ben prima di "Paura nella città dei morti viventi" e di "Black Cat", Fulci evidenzia la sua inclinazione verso atmosfere di impronta orrorifica.Le sparatorie sono numerose, con il duo Franco Nero e George Hilton che si esibisce in una serie di acrobazie e di trovate spettacolari, ma dietro il fragore ci sono delle idee valide che giustificano il tutto.Franco Nero interpreta un personaggio molto diverso dal lugubre Django; qui è un giovane uomo che deve far luce sui propri legami familiari.In questo caso la sua recitazione, come richiede il ruolo, è più sfumata e sfaccettata.
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Film dalla lunga e complessa gestazione,caratterizzato da contrasti tra regista e produttore, ma il prodotto finale non ne ha certo risentito. Ben prima di "Paura nella città dei morti viventi" e di "Black Cat", Fulci evidenzia la sua inclinazione verso atmosfere di impronta orrorifica.Le sparatorie sono numerose, con il duo Franco Nero e George Hilton che si esibisce in una serie di acrobazie e di trovate spettacolari, ma dietro il fragore ci sono delle idee valide che giustificano il tutto.Franco Nero interpreta un personaggio molto diverso dal lugubre Django; qui è un giovane uomo che deve far luce sui propri legami familiari.In questo caso la sua recitazione, come richiede il ruolo, è più sfumata e sfaccettata.George Hilton è un ubriacone che cerca e trova un riscatto, mentre è assolutamente straordinario Nino Castelnuovo nei panni di un damerino sadico e infantile.Oltre alle classiche componenti del western all'italiana, ci sono sequenze e inqradature consone ad un thriller, che Fulci filma con sicuro mestiere.La sceneggiatura di Fernando Di Leo è solidissima, non ci sono i cosiddetti "buchi di sceneggiatura" presenti in svariati prodotti di quegli anni.Belle e coinvolgenti le musiche di Lallo Gori, con il leif motiv eseguito da Sergio Endrigo.Un gioiellino mai scalfito dal passare del tempo.
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giuseppe acciaro
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domenica 11 novembre 2007
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"western, horror e dramma familiare"
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Sono ancora lontani i tempi della "Paura nella città dei morti viventi" e di "Black Cat",ma già in questo film Fulci evidenzia la sua inclinazione verso atmosfere orrorifiche.Il plot è solido, non ci sono i cosiddetti "buchi di sceneggiatura" presenti in diversi western italiani girati in fretta e con pochi mezzi.Quest'opera, tetra, violenta e sanguinosa,parla di emarginazione, di tradimenti, di fratricidi, di relazioni illecite, di manie di grandezza.George Hilton, che qui recita ad un livello più alto della sua media abituale, è un ubriacone che cerca il proprio riscatto, mentre Franco Nero si allontana dalle vesti del fosco pistolero alla "Diango", per interpretare un giovane uomo che deve districarsi tra una rete di misteri.
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Sono ancora lontani i tempi della "Paura nella città dei morti viventi" e di "Black Cat",ma già in questo film Fulci evidenzia la sua inclinazione verso atmosfere orrorifiche.Il plot è solido, non ci sono i cosiddetti "buchi di sceneggiatura" presenti in diversi western italiani girati in fretta e con pochi mezzi.Quest'opera, tetra, violenta e sanguinosa,parla di emarginazione, di tradimenti, di fratricidi, di relazioni illecite, di manie di grandezza.George Hilton, che qui recita ad un livello più alto della sua media abituale, è un ubriacone che cerca il proprio riscatto, mentre Franco Nero si allontana dalle vesti del fosco pistolero alla "Diango", per interpretare un giovane uomo che deve districarsi tra una rete di misteri. Insieme, Hilton e Nero, compiono autentiche stragi,le sparatorie sono numerose e altrettanto le acrobazie e i virtuosismi dei due, ma sono soprattutto le idee di fondo che conferiscono credibilità al tutto.Bellissime le composizioni di Lallo Gori e il brano eseguito da Sergio Endrigo. Indimenticabile Nino Castelnuovo, damerino truce e psicotico.Riuscita la contaminazione tra western, thriller e melò.Causa diverse scene particolarmente cruente, il film subì tagli e censure, la gestazione fu in certi frangenti difficoltosa, ma il lavoro resta negli anni palpitante, vitale.
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giuseppe acciaro
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"western, horror e dramma familiare"
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Sono ancora lontani i tempi della "Paura nella città dei morti viventi" e di "Black Cat",ma già in questo film Fulci evidenzia la sua inclinazione verso atmosfere orrorifiche.Il plot è solido, non ci sono i cosiddetti "buchi di sceneggiatura" presenti in diversi western italiani girati in fretta e con pochi mezzi.Quest'opera, tetra, violenta e sanguinosa,parla di emarginazione, di tradimenti, di fratricidi, di relazioni illecite, di manie di grandezza.George Hilton, che qui recita ad un livello più alto della sua media abituale, è un ubriacone che cerca il proprio riscatto, mentre Franco Nero si allontana dalle vesti del fosco pistolero alla "Diango", per interpretare un giovane uomo che deve districarsi tra una rete di misteri.
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Sono ancora lontani i tempi della "Paura nella città dei morti viventi" e di "Black Cat",ma già in questo film Fulci evidenzia la sua inclinazione verso atmosfere orrorifiche.Il plot è solido, non ci sono i cosiddetti "buchi di sceneggiatura" presenti in diversi western italiani girati in fretta e con pochi mezzi.Quest'opera, tetra, violenta e sanguinosa,parla di emarginazione, di tradimenti, di fratricidi, di relazioni illecite, di manie di grandezza.George Hilton, che qui recita ad un livello più alto della sua media abituale, è un ubriacone che cerca il proprio riscatto, mentre Franco Nero si allontana dalle vesti del fosco pistolero alla "Diango", per interpretare un giovane uomo che deve districarsi tra una rete di misteri. Insieme, Hilton e Nero, compiono autentiche stragi,le sparatorie sono numerose e altrettanto le acrobazie e i virtuosismi dei due, ma sono soprattutto le idee di fondo che conferiscono credibilità al tutto.Bellissime le composizioni di Lallo Gori e il brano eseguito da Sergio Endrigo. Indimenticabile Nino Castelnuovo, damerino truce e psicotico.Riuscita la contaminazione tra western, thriller e melò.Causa diverse scene particolarmente cruente, il film subì tagli e censure, la gestazione fu in certi frangenti difficoltosa, ma il lavoro resta negli anni palpitante, vitale.
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