bartleby corinzio
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lunedì 4 febbraio 2013
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superbo connubio welles-kafka
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Non ci sarebbe manco bisogno di scriverlo ma il film è girato benissimo, mostruosamente bene. L'uso del grandangolo, il long take, il dolly... La prossemica inscritta nello sguardo della macchina da presa. Superbo, così come è felice il connubio Welles- Kafka. Oggi chi potrebbe riportare Kafka sulla pellicola? Chi potrebbe mettere in scena le sue tematiche? Sicuramente Terry Gilliam, Spike Jonze o Charlie Kaufman; mi piacerebbe vedere Il Processo adattato da uno di questi simpatici cineasti.
Il Processo, be', il soggetto è noto. Un uomo Josef K. viene svegliato la mattina (e il risveglio è "il momento più rischioso", così come si legge nel romanzo) da due agenti di polizia che gli notificano lo stato di arresto.
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Non ci sarebbe manco bisogno di scriverlo ma il film è girato benissimo, mostruosamente bene. L'uso del grandangolo, il long take, il dolly... La prossemica inscritta nello sguardo della macchina da presa. Superbo, così come è felice il connubio Welles- Kafka. Oggi chi potrebbe riportare Kafka sulla pellicola? Chi potrebbe mettere in scena le sue tematiche? Sicuramente Terry Gilliam, Spike Jonze o Charlie Kaufman; mi piacerebbe vedere Il Processo adattato da uno di questi simpatici cineasti.
Il Processo, be', il soggetto è noto. Un uomo Josef K. viene svegliato la mattina (e il risveglio è "il momento più rischioso", così come si legge nel romanzo) da due agenti di polizia che gli notificano lo stato di arresto. Per cosa viene arrestato? Non si sa, ma l'uomo -in attesa della condanna- può comunque muoversi liberamente seppur in modo estraniante nel labirintico sistema giudiziario-esistenziale. Dalla sua parte troverà solo le donne, donne che lo coccolano e lo seducono, gli vengono in soccorso giacché Josef K. ha bisogno di essere aiutato dalle donne. E come dargli torto?
Anche il film, ovviamente, ha una struttura claustrofobica, indirizzata verso un esito già inscritto nell'incipit. L'inquietante coterie di avvocati, giudici, funzionari, poliziotti da una parte e la sudditanza degli individui in attesa di giudizio dall'altra, poco più che un alienato marame -così come le scartoffie- prigioniero all'interno dello stesso tribunale. Nel mezzo si muove Josef K., interpretato in modo esemplare (ma per molti la scelta non fu per niente indovinata) da Anthony Perkins. Anthony Perkins dona secondo me un valore ulteriore al film. Io lo trovo ipnotico, nervoso ma non folle, sicuro ma non arrogante. Un attore che è piena fisicità. Diverge certo dal K. originario ma in fondo, se vuoi il Josef K. originario basta semplicemente leggersi il libro.
Josef K. si muove in una linea diacronica ed identitaria, lì nell'attesa -soprattutto- e in un agire non-agire pressoché ininfluente o forse già previsto e quindi auto-condannante. Sulla scorta di quella medesima linea in cui, probabilmente, si trova Kafka. Tra Il Processo e Il Castello. Nel margine o nella linea, per dire, derridariana della différance. O nel nulla di Sartre. Ma a parte questi miei deliri interpretativi o ermeneutici in sovrappeso, la chiave di tutto è forse nella chiave che Leni, domestica e infermiera -interpretata da una bellissima Romy Schneider- dona a K.. La chiave che gli permetterà di incontrare la ragazza quando vorrà. Così come la chiave di tutto è anche nella chiave dell'usciere della Corte, una chiave che non c'è.
Avere la chiave e non usarla, non avercela più ed averne bisogno. Continuamente. Il luogo ideale di Kafka e il luogo alienante che si rivela cestola imprigionante per Josef K..
Seppur traslato nell'ottica di Welles (ma risulterebbe poco interessante seguir pedissequamente questo tipo di romanzo) il suo Processo riflette bene quello originario kafkiano. Nelle varie scelte di regia, nelle modalità filmiche, nell'obiettivo grandangolare Il Processo di Welles veste-trucca più che appropriatamente Il Processo di Kafka, operando una felice collaborazione artistica più che mai contemporanea, sia nella forma che nella sostanza.
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luca scial�
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lunedì 3 dicembre 2012
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un delirio di kafka
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Il signor K. è un giovane impiegato di banca, che si vede arrivare a casa un misterioso ispettore che gli annuncia di essere indagato. Da qui la sua vita è sconvolta, tutto sembra girargli contro, essere in disequilibrio, confusionario. Vive un delirio, un incubo senza fine.
Solo Orson Welles poteva tentare di trasporre il Processo di Kafka, con la sua maestria dietro la macchina da presa: inquadrature ricercate, giochi in chiaro-scuro, personaggi strani e inquietanti. Due sono le possibili reazioni nello spettatore: il massimo coinvolgimento o il non riuscire mai ad appassionarsi, comprenderlo.
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mirror
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lunedì 10 ottobre 2011
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bello ma non il miglior welles
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certo se paragonato alla tanta, troppa m.e.r.d.a che c'è al cinema in questi anni, rimane pur sempre un capolavoro... ma in realtà è decisamente un'opera minore di Welles che sembra un pò giocare sulle visioni senza peraltro affondare troppo nelle profondità kafkiane del romanzo. Ad ogni modo merita di essere visto
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germi86
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mercoledì 3 marzo 2010
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f.kafka
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Ho capito ben poche cose di questo film e cosa volesse rappresentare.Prima di dare un giudizio e anche prima di vedere il film forse converrebbe leggere il romanzo di Kafka per capire(cosa che io non ho fatto e sinceramente non so se farò)
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corman
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giovedì 27 novembre 2008
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non e' esatto, ci sono entrambi
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Il vhs e' disponibile da molto, il dvd da meno. Si trovano facilmente anche nelle biblioteche, poi c'e' Emule...
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(di camillo triolo)
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astamurti
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domenica 3 agosto 2008
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fedele trasposizione di un capolavoro
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Non deve essersi dato molto da fare Welles nel mettere in scena questo film,visto che la fedelta' e l'adesione al romanzo-capolavoro di Kafka sono pressocchè totali(a parte l'invenzione della dinamite nel finale,che,comunque,non stravolge certo la sostanza del libro).A sua giustificazione,però,a mio giudizio,vanno addotte alcune caratteristiche peculiari dell'arte del grande scrittore boemo.Egli racconta le storie con una semplicità dimessa,ma,al tempo stesso,trasportando la vicenda in un mondo surreale che,rispetto al consueto,è una sorta di specchio deformante,un simbolo o un'allegoria.Lo spazio vitale è un mondo allucinato,tra il sogno e il delirio,in cui esseri poco o per nulla caratterizzati eppure estremamente umani vivono situazioni assurde,agghiaccianti.
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Non deve essersi dato molto da fare Welles nel mettere in scena questo film,visto che la fedelta' e l'adesione al romanzo-capolavoro di Kafka sono pressocchè totali(a parte l'invenzione della dinamite nel finale,che,comunque,non stravolge certo la sostanza del libro).A sua giustificazione,però,a mio giudizio,vanno addotte alcune caratteristiche peculiari dell'arte del grande scrittore boemo.Egli racconta le storie con una semplicità dimessa,ma,al tempo stesso,trasportando la vicenda in un mondo surreale che,rispetto al consueto,è una sorta di specchio deformante,un simbolo o un'allegoria.Lo spazio vitale è un mondo allucinato,tra il sogno e il delirio,in cui esseri poco o per nulla caratterizzati eppure estremamente umani vivono situazioni assurde,agghiaccianti.E in quelle rare occasioni in cui sembra palesarsi una vena umoristica,è sempre un'umorismo,in realtà, che sa di magia e che mette a disagio.In definitiva,come rendere altrimenti,se non attraverso la fedeltà al testo,le sue stregate atmosfere metafisiche,atte a rendere conto della sostanza stessa di alcuni grandi fenomeni del mondo contemporaneo,il più vistoso dei quali è certamente l'asservimento dell'uomo a macchinosi organismi statali e burocratici che lo controllano senza che egli nemmeno ne conosca il volto,gli scopi,i procedimenti(tema centrale e colonna portante per i romanzi Il processo e Il castello).Ottima la scelta di Perkins per il ruolo principale,l'impiegato Joseph K.,nonchè l'interpretazione del protagonista di Psycho.Insomma,un plauso a Welles,ma rimane la sensazione,probabilmente inevitabile,di un cammino ampiamente tracciato.
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juan
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venerdì 9 marzo 2007
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welles al palazzaccio !
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solo per precisare che alcune sequenze sono state girate al "Palazzaccio" di Piazza Cavour il Palazzo di giustizia di Roma, sede della Cassazione), come ha testimoniato lo stesso Arnoldo Foà dopo una proiezione straordinaria (in tutti i sensi) del film, ececzionalemnte avvenuta, appunto, al Palazzaccio nel 200
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nick
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giovedì 25 gennaio 2007
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imbarazzante...
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film quantomeno imbarazzante. segue pedissequamente l'opera di kafka, fino all'ultimo minuto; quando un piccolo inatteso colpo di scena stravolge il senso dell'opera di Kafka: da tragedia a farsa psichiatrica. Se fosse rimasto fedele al libro fino in fondo, lo si sarebbe pure potuto perdonare. D'altronde da un capolavoro come "Il Processo" si capisce che e' compito arduo trarre un buon film. Purtroppo Welles ha osato, e purtroppo Welles ha fallito. Forse "il Processo" non e' cosa per americani.
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(di sandor krasna)
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q
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giovedì 20 luglio 2006
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e il dvd?
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è spaventoso che in italia non ci sia il dvd di una pietra miliare quale "il processo". e, se non erro, non c' è neppure una versione in vhs
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marco z
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giovedì 16 marzo 2006
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oltre il film
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Una pellicola ogni 20 anni puo' avere questa qualità, non è esattamente un film, ma un intenso viaggio mentale trasportato attraverso un percorso perfetto per lo scopo di destinazione. E' sbagliato come in altri casi svalorizzare questo film cercando di narrarlo, inquanto non sia possibile descrivere le sensazioni finchè non si provano su se stessi. Concludo dicendo che per essere guidati nel giusto percorso bisognerebbe avere un giusto allenamento, in quanto non ci sia una graduale scala di chiavi di lettura.
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