il cinefilo
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lunedì 22 novembre 2010
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il ponte sul fiume kwai
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Il film in questione è,prima ancora che una critica(anche se forse non particolarmente spietata)alle crudeltà della guerra,un accurata analisi delle questioni riguardanti l'etica militare applicata ai vari gradi di comando all'interno dell'esercito(sia inglese che giapponese).
Si tratta di un ottimo film di guerra(in cui si comprende,almeno in parte,la sua notorietà)e resta leggendario(anche se potrebbe non piacere)il motivetto che viene cantato dai soldati prigionieri(the colonel bogey march)e che,all'epoca,ebbe un enorme successo anche tra i giovani i quali,usciti dai cinema,si dice che si divertissero a fischiarlo per le strade consacrando ulteriormente un mito del cinema di guerra destinato a durare in eterno.
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Il film in questione è,prima ancora che una critica(anche se forse non particolarmente spietata)alle crudeltà della guerra,un accurata analisi delle questioni riguardanti l'etica militare applicata ai vari gradi di comando all'interno dell'esercito(sia inglese che giapponese).
Si tratta di un ottimo film di guerra(in cui si comprende,almeno in parte,la sua notorietà)e resta leggendario(anche se potrebbe non piacere)il motivetto che viene cantato dai soldati prigionieri(the colonel bogey march)e che,all'epoca,ebbe un enorme successo anche tra i giovani i quali,usciti dai cinema,si dice che si divertissero a fischiarlo per le strade consacrando ulteriormente un mito del cinema di guerra destinato a durare in eterno...a mio giudizio merita di essere visto.
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figliounico
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martedì 19 settembre 2023
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soggetto bislacco ma la marcetta è indovinata
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Del ’57 diretto da David Lean, che ha fatto di meglio quando era un regista minimalista, film famoso soprattutto per la marcetta Colonel Bogey, il cui motivo viene fischiettato dai prigionieri inglesi nel campo di lavoro nipponico in una delle sequenze iniziali, se all’epoca fu uno dei kolossal hollywoodiani più acclamati dalla critica, girato peraltro senza badare a spese da parte del produttore Sam Spiegel, che per esigenze di copione fece costruire un vero e proprio ponte nella giungla, oggi è soltanto un polpettone noioso e senza senso, basato su un soggetto che sembra una barzelletta raccontata in un pub da un ubriaco, ovvero la storiella su un colonnello inglese che si innamora a tal punto dell’opera ingegneristica che i suoi uomini hanno eretto sul fiume Kwai per non essere ammazzati dagli aguzzini giapponesi che si oppone strenuamente alla sua distruzione mandando all’aria il piano di sabotaggio organizzato dai suoi compatrioti e la cosa buffa che il film in questione ha vinto sette Oscar e uno proprio per la sceneggiatura.
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Del ’57 diretto da David Lean, che ha fatto di meglio quando era un regista minimalista, film famoso soprattutto per la marcetta Colonel Bogey, il cui motivo viene fischiettato dai prigionieri inglesi nel campo di lavoro nipponico in una delle sequenze iniziali, se all’epoca fu uno dei kolossal hollywoodiani più acclamati dalla critica, girato peraltro senza badare a spese da parte del produttore Sam Spiegel, che per esigenze di copione fece costruire un vero e proprio ponte nella giungla, oggi è soltanto un polpettone noioso e senza senso, basato su un soggetto che sembra una barzelletta raccontata in un pub da un ubriaco, ovvero la storiella su un colonnello inglese che si innamora a tal punto dell’opera ingegneristica che i suoi uomini hanno eretto sul fiume Kwai per non essere ammazzati dagli aguzzini giapponesi che si oppone strenuamente alla sua distruzione mandando all’aria il piano di sabotaggio organizzato dai suoi compatrioti e la cosa buffa che il film in questione ha vinto sette Oscar e uno proprio per la sceneggiatura. Il film è formato da due storie parallele con due eroi distinti e diametralmente opposti, l’impavido ufficiale inglese tutto d’un pezzo, interpretato dall’immenso Alec Guinnes, che rischia la sua vita e quella dei propri uomini per non cedere su una questione di principio alla violenza del suo pari grado carceriere e il marinaio americano sciupa femmine, William Holden che gigioneggia dalla prima all’ultima sequenza, che si finge comandante per avere un trattamento di favore dopo la cattura e finisce per diventare un eroe per caso. Le due storie si dipartono quasi all’inizio del film, viaggiano senza incrociarsi annoiando separatamente per quasi due ore, per poi convergere nel finale a sorpresa che costituisce anche la parte più bislacca del film.
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greatsteven
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lunedì 6 marzo 2017
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un'impresa eroica che contrappose i due eserciti.
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IL PONTE SUL FIUME KWAI (USA, 1957) diretto da DAVID LEAN. Interpretato da WILLIAM HOLDEN, ALEC GUINNESS, JACK HAWKINS, JAMES DONALD, SESSUE HAYAKAWA, GEOFFREY HORNE
Un reparto di prigionieri britannici, nel 1943, viene inviato in un campo di lavoro in Thailandia, comandato dal perfido colonnello Saito.
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IL PONTE SUL FIUME KWAI (USA, 1957) diretto da DAVID LEAN. Interpretato da WILLIAM HOLDEN, ALEC GUINNESS, JACK HAWKINS, JAMES DONALD, SESSUE HAYAKAWA, GEOFFREY HORNE
Un reparto di prigionieri britannici, nel 1943, viene inviato in un campo di lavoro in Thailandia, comandato dal perfido colonnello Saito. Dovranno costruire un ponte sul fiume Kwai che permetta il passaggio di un treno che viaggia sulla ferrovia che congiunge Bangkok a Rangoo. Inizialmente la disciplina e l’atmosfera all’interno del lager sono all’insegna della crudeltà, ma in seguito, grazie al sacrificio eroico del colonnello Nicholson, comandante del distaccamento inglese imprigionato, vengono concesse ai detenuti lavoranti condizioni migliori e più rispettose della loro dignità. Nel tentativo di fuggire, il maggiore statunitense Shears (in realtà un semplice marinaio di seconda classe che ha assunto l’identità di un ufficiale morto rubandogli l’uniforme) viene creduto morto perché ferito e annegato nel Kwai, ma in realtà sopravvive grazie all’aiuto degli abitanti di un vicino villaggio. Ripresosi, viene contattato da un superiore dell’Esercito Americano che lo convince a tornare al campo per far saltare il ponte con un’abbondante carica di esplosivo, scortato da tre commilitoni e, successivamente, anche da un gruppo di donne autoctone. I lavori procedono regolarmente, con gli ufficiali che dapprima amministrano l’operato dei soldati e poi, per necessità, li aiutano materialmente a costruire il ponte, finché l’infrastruttura in legno viene terminata ed appare maestosa. Ma il progetto americano di sabotare il ponte provocandone l’esplosione non andrà secondo i piani previsti, e a rimetterci la pelle ci saranno Nicholson, Saito e lo stesso Shears. Uno dei più bei film di guerra di tutti i tempi. Un’opera magnifica e imponente che si propone di denunciare la guerra pur conservando una notevole ammirazione per coloro che la fanno, inserendo un dialogo tutt’altro che moralistico o manieristico sulla necessità dei conflitti armati e sulla responsabilità tanto dei soldati semplici quanto degli ufficiali, i primi comandati per condurre a compimento le missioni dal punto di vista strettamente diretto e pragmatico e i secondi animati da ragionevoli dubbi sull’etica e sul dovere di guerreggiare contro altri uomini. È soprattutto un film di attori: con una prevalenza, ma non invasiva, di Holden, eccezionale nel ritrarre il falso maggiore che cerca di ottenere la sua redenzione di pace interiore attraverso l’esecuzione di un incarico pericolosissimo, brillano anche A. Guinness (premiato con l’Oscar), colonnello pragmatico e attento alle esigenze di chi comanda, e il suo contraltare/omologo avvelenato e (in un primo momento) malvagio Saito, feroce e inflessibile per adempiere con fedeltà al suo compito, ma tutto sommato aperto al bisogno di umanità mostrato dai lavoratori per poter faticare nel modo più proficuo possibile. Grande protagonista è poi il ponte stesso: impalcatura ben costruita e svettante sul fiume che apre un bacino nel folto della giungla, anch’essa con un ruolo non indifferente nel mosaico simbolico della pellicola, si rivela il motivo fondante che contrappone da una parte i giapponesi invasori, intenzionati all’approvvigionamento di viveri e munizioni per il loro lager, agli americani, che mirano a insabbiarne la costruzione e, non riuscendoci, programmano di smantellarlo con le bombe, e dall’altra ai britannici, all’inizio restii e resistenti al lavoro forzato ma poi motivati a terminarlo. E ci trovano anche una ragione di vita e una ragione per essere orgogliosi del proprio impegno, e in tal senso è esemplificativo il colloquio del colonnello Nicholson col medico della base Clifton (J. Donald coerente e straordinario, altro attore straordinario in questo cast che non ha nemmeno una pecca né un’imperfezione). Ambientazione impeccabile e colonna sonora molto asciutta ma ricompensata dal motivo che il plotone di soldati fischietta allegramente e con perseveranza durante la marcia, divenuto ormai oggetto di culto legato alla storia, sempre più favolosa, de Il ponte sul fiume Kwai. Un altro Oscar andò alla sceneggiatura, ritirato da Pierre Boulle, autore del romanzo cui il film è ispirato, perché gli autentici sceneggiatori, Carl Foreman e Michael Wilson, si trovavano sulla lista nera del maccartismo in quanto filocomunisti. Contrariamente a come può sembrare ad una prima occhiata, non è un film maschilista o misogino: le donne, per quanto poco compaiano, svolgono un ruolo di capitale importanza, e per almeno un paio di ragioni: l’atto di carità a favore di Shears quando è ferito per aiutarlo a rinsavire e la preparazione della missione offensiva contro il ponte, ordinata dal capitano che crede nelle possibilità di Shears, come si evince dalla densa e fruttuosa conversazione che hanno nel suo ufficio, col bellissimo panorama tropicale che si vede fuori. Ha infine il merito di non prendere posizioni ideologiche: né l’esercito statunitense né quello nipponico vengono presi di mira o boicottati. Soltanto la guerra, nella sua disarmante e immensa mostruosità, è al centro di una polemica lucida e intelligente.
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filippo catani
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venerdì 6 gennaio 2012
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film che ha fatto epoca ma troppo lento
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Nella Birmania in piena Seconda Guerra Mondiale un manipolo di soldati inglesi catturati dai giapponesi devono erigere il ponte sul fiume Kwai che permetterà di concludere la linea ferroviaria tra Rangoon e Bankock.
Il film è senza dubbio una delle pietre miliali del cinema e del cinema di guerra in particolare. A più riprese sono poi presenti situazioni e dialoghi che esprimono una feroce critica alla guerra e all'eroismo in tempo di guerra. Indimenticabile inoltre il motivetto fischiato dai soldati inglesi in risposta alle angherie del perfido comandante giapponese. Detto quseto però il film risulta particolarmente lungo con alcuni blocchi decisamente inutili dove non accade praticamente nulla.
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Nella Birmania in piena Seconda Guerra Mondiale un manipolo di soldati inglesi catturati dai giapponesi devono erigere il ponte sul fiume Kwai che permetterà di concludere la linea ferroviaria tra Rangoon e Bankock.
Il film è senza dubbio una delle pietre miliali del cinema e del cinema di guerra in particolare. A più riprese sono poi presenti situazioni e dialoghi che esprimono una feroce critica alla guerra e all'eroismo in tempo di guerra. Indimenticabile inoltre il motivetto fischiato dai soldati inglesi in risposta alle angherie del perfido comandante giapponese. Detto quseto però il film risulta particolarmente lungo con alcuni blocchi decisamente inutili dove non accade praticamente nulla. Volto sicuramente a conferire realismo al film ma la sola scena dell'attraversamento della giungla è decisamente troppo lunga e noiosa. Ottimi interpreti per un film pluripremiato.
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