Ai toni cupi del crime, che si apre drammaticamente con un cruento assassinio, tipico inizio del giallo deduttivo alla Conan Doyle, si sovrappongono pian piano quelli leggeri della commedia plautina, rielaborata nella tradizione inglese de La commedia degli equivoci di Shakespeare, mentre i dialoghi arguti intrisi di humor e gli scambi di persona ricordano quelli delle opere di Feydeau, che a tratti prendono il sopravvento sui primi trasformando il noir in una divertente black comedy. Una perfetta macchina teatrale si mette in moto fin dalle prime sequenze e lo spettacolo inizia non sulle tavole del palcoscenico ma nella vita di tutti i giorni, negli ingannevoli racconti che sembrano ideati per creare mondi alternativi e dimensioni fantastiche dove poter fuggire o per lo meno sfuggire per qualche ora ai propri sensi di colpa. Il mondo della finzione si intreccia con quello reale di una ragazza di buona famiglia che volendo intraprendere la carriera di attrice viene invece condotta dal caso o dal destino a fingersi una persona diversa nella vita reale scoprendo con sua grande meraviglia quanto sia facile ingannare il prossimo recitando al di fuori del teatro. Ognuno dei personaggi fornisce la propria versione dei fatti, fatti che non esistono come direbbe Nietzsche, ma soltanto interpretazioni contrastanti che si contraddicono negandosi reciprocamente, cui si aggiungono quelle dello spettatore ignaro di quanto architettato da Hitchcock che come un dio crudele e burlone che voglia prendersi gioco degli umani, propone loro enigmi apparentemente irrisolvibili, la cui soluzione invece traspare fin dalla prima scena, tuttavia esclusivamente se sia stata guardata con la dovuta attenzione. Il meccanismo del travisamento iniziale nel quale incappa la protagonista e che coinvolge anche lo spettatore egualmente vittima della ingannevole ricostruzione dei fatti risulta talmente geniale che ha fatto scuola e decenni dopo influenza ancora il modo di congegnare i plot del cinema di genere e si ritrova tal quale ad esempio nel giallo italiano ed in particolare in quelli di Argento, che coglie peraltro in questa trama anche un altro spunto per i suoi film ossia quello del protagonista che si improvvisa detective dilettante e che spesso nella scena finale, a sorpresa, si trova faccia a faccia con lo psicopatico criminale. La conclusione del film suggerisce pirandellianamente che le persone non sono mai quello che sembrano ma forse soltanto quello che vorrebbero essere agli occhi degli altri per cui chi sembrava colpevole si rivela invece innocente e viceversa, sebbene innocente del tutto non lo sia nessuno.
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