The Addiction |
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Un film di Abel Ferrara.
Con Christopher Walken, Lili Taylor, Annabella Sciorra, Edie Falco, Paul Calderon.
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Horror,
Ratings: Kids+16,
durata 82 min.
- USA 1994.
- Vitagraph
uscita martedì 11 novembre 1997.
MYMONETRO
The Addiction
valutazione media:
3,47
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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the addictiondi Adriano SgarrinoFeedback: 609 | altri commenti e recensioni di Adriano Sgarrino |
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giovedì 11 marzo 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Paese di prod.: USA Anno: 1994 Di: Abel Ferrara Con: Lili Taylor, Christopher Walken, Annabella Sciorra, Paul Calderon, Edie Falco, Kathryn Erbe, Fredro Starr. New York: Kathleen Conklin (Taylor), prossima laureanda in filosofia, viene vampirizzata da una "donna" misteriosa (Sciorra). Da quel momento sarà costretta a nutrirsi di sangue anch'ella, imparando a sue spese e sulla propria pelle il male e la perdizione dell'umanità. Sceneggiato in maniera impeccabile da Nicholas St. John, Abel Ferrara ha girato un film non propriamente sul vampirismo ma sulle radici del male insite nel genero umano (in generale) e nel singolo individuo (in particolare). La tesi di fondo è che l'uomo è per sua stessa natura incline al male, al malvagio (e la dipendenza del titolo sta proprio ad indicare la "dipendenza dalla propensione al Male"), come sottolineano le parole della vampira newyorkese ("Non siamo malvagi perché facciamo del male, ma facciamo del male perché siamo malvagi"). Il vampirismo diviene così il pretesto, il mezzo, più o meno efficace, per soddisfare questa atavica ed ineludibile inclinazione al Male. Per avvalorare maggiormente il proprio punto di vista, Ferrara ha deciso di inserire all'interno del film immagini storiche (per es.: gli inserti documentari sull'Olocausto) che, senza dubbio alcuno, testimoniano con forza la predilezione per il malvagio da parte dell'uomo. Pertanto la riflessione sulla condizione umana tova sì nella vicenda vampiresca la sua espressione più immediata e, se vogliamo, più fantasiosa, ma questi addentellamenti di natura storica conferiscono all'opera una dimensione più globale e più reale che non può lasciare indifferenti. In questo modo, l'intimo anelito alla catarsi che avverte la protagonista diviene lo specchio ideale del desiderio di redenzione che l'umanità tutta dovrebbe sentire crescere dentro di sè, a causa degli orrori di cui è tristemente responsabile. L'ottima fotografia in bianconero di Ken Kelsch non fa altro che acuire il persistente senso di disperazione che serpeggia in tutto il film. Molto apprezzabile anche la colonna musicale, curata da Joe Delia, in chiave prevalentemente hip hop e funk, con l'indispensabile apporto dei Cypress Hill. Nel complesso, un film allucinato e allucinante, un capolavoro la cui profondità metafisico-antropologico-filosofica lo distanzia nettamente da qualsiasi altra pellicola: sarebbe ben riduttivo definire "The Addiction" un semplice horror.
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