Cina, Deserto del Gobi, 1960: un campo di lavoro per dissidenti di destra,
ovvero intellettuali che hanno avversato la dittatura comunista o semplici
borghesi colpevoli di aver espresso un qualsiasi parere, anche innocuo, sul regime. Qui vivono, o per meglio dire muoiono, rintanati in scomodi cunicoli scavati nella sabbia del deserto, uomini denutriti, ammalati, che quasi non si reggono in piedi. Il cibo è talmente scarso, che l’amministrazione del campo sospende il lavoro per tutti i detenuti. Questi mangiano erbe secche e brodaglia
sciapa, e quando uno di loro cattura un topo che si aggira fra le cenciose
e puzzolenti brandine dei detenuti, non gli par vero di cuocerselo in
padella. E qualcuno, preso dalla disperazione, è già passato alla
necrofagia.
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Cina, Deserto del Gobi, 1960: un campo di lavoro per dissidenti di destra,
ovvero intellettuali che hanno avversato la dittatura comunista o semplici
borghesi colpevoli di aver espresso un qualsiasi parere, anche innocuo, sul regime. Qui vivono, o per meglio dire muoiono, rintanati in scomodi cunicoli scavati nella sabbia del deserto, uomini denutriti, ammalati, che quasi non si reggono in piedi. Il cibo è talmente scarso, che l’amministrazione del campo sospende il lavoro per tutti i detenuti. Questi mangiano erbe secche e brodaglia
sciapa, e quando uno di loro cattura un topo che si aggira fra le cenciose
e puzzolenti brandine dei detenuti, non gli par vero di cuocerselo in
padella. E qualcuno, preso dalla disperazione, è già passato alla
necrofagia. Quando muoiono, l’amministrazione del campo registra nome e
data del decesso, poi però li fa seppellire alla rinfusa nel deserto,
senza alcun tipo di lapide, solo col nome scritto in una targhetta …
attaccata al cadavere! E’ quanto scopre la moglie di un poveraccio morto
solo otto giorni prima e che nessuno ora sa dove sia sepolto. La donna
vaga, disperata e piangente, fra le fosse mal scavate, da dove sotto la
sabbia cominciano a spuntare arti o teste che il vento ha cominciato a
disseppellire.
Tutto questo, raccontato con un realismo lento e doloroso in ambienti
scarsamente illuminati, è vero e documentato. Il regista ha tratto la
vicenda dalle testimonianze dirette degli ultimi sopravvissuti al campo. La
situazione di queste creature sub-umane è agghiacciante e un paragone alla
situazione dei lager nazisti non sarebbe assolutamente fuori luogo. Il
film è di una desolante e agghiacciante disperazione, e rivela come l’uomo
sia capace, quando convinto, di disumanizzarsi fino ad un limite
inpensabile e di risultare la creatura più terribile del creato. Un
incubo!
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