marezia
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sabato 28 marzo 2009
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un esempio scomodo in un mondo di vigliacchi
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Per la prima volta dopo un anno e mezzo circa di frequentazione di questo sito ho il piacere di complimentarmi con la Gandolfi che questa volta ha centrato lo spirito del film senza perdersi né nei classici riassunti riempitivi né in attacchi personali palesemente in malafede. Sottoscriverei ogni parola anche se non essendo perfetta manca di un paio di annotazioni: la presenza della voce narrante del protagonista che ci conduce come in un reportage nelle vicende dell'ultima stagione della vita di questo brillante ragazzo dall'aria insieme guascona e disarmante e la leggerezza della narrazione che avvalendosi della musica passa da personali momenti di introspezione alla angosciosciosa sensazione della strumentalizzazione del proprio lavoro ad opera di chi invece fa il proprio a mezzo servizio sperando che prima o poi l'eroe di turno paghi il proprio coraggio portando via con sé e per sempre lo scoop della sua vita.
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Per la prima volta dopo un anno e mezzo circa di frequentazione di questo sito ho il piacere di complimentarmi con la Gandolfi che questa volta ha centrato lo spirito del film senza perdersi né nei classici riassunti riempitivi né in attacchi personali palesemente in malafede. Sottoscriverei ogni parola anche se non essendo perfetta manca di un paio di annotazioni: la presenza della voce narrante del protagonista che ci conduce come in un reportage nelle vicende dell'ultima stagione della vita di questo brillante ragazzo dall'aria insieme guascona e disarmante e la leggerezza della narrazione che avvalendosi della musica passa da personali momenti di introspezione alla angosciosciosa sensazione della strumentalizzazione del proprio lavoro ad opera di chi invece fa il proprio a mezzo servizio sperando che prima o poi l'eroe di turno paghi il proprio coraggio portando via con sé e per sempre lo scoop della sua vita... (il dossier che aveva in auto dov'è finito?)
Di gran lunga il film migliore di Risi, da prima serata su Rai3.
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achille della ragione
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lunedì 23 marzo 2009
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da vedere assolutamente
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Fortapasc: storia di un eroe per caso
Con ventiquattro anni di ritardo la storia di Giancarlo Siani approda sugli schermi italiani in un film di Marco Risi, che si ispira alla lezione di impegno civile di Rosi, Petri, Damiani, Squitieri, grandi registi che hanno fatto grande il cinema italiano.
Fortapasc racconta gli ultimi quattro mesi di vita del giovane cronista napoletano, ucciso con dieci colpi di pistola perché con le sue inchieste aveva infastidito alcuni boss di Torre Annunziata. Sarà l’unico giornalista a cadere vittima della camorra.
Una anteprima in pompa magna al teatro San Carlo alla presenza del presidente Napolitano ha sancito il ritorno a Napoli del cinema di impegno, dopo il trionfo internazionale di Gomorra, dal quale Fortapasc si differenzia per il diverso ritmo narrativo: non un reportage di guerra duro e spietato che intreccia racconti diversi, bensì la vita di un giovane amante del suo lavoro e soprattutto della verità.
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Fortapasc: storia di un eroe per caso
Con ventiquattro anni di ritardo la storia di Giancarlo Siani approda sugli schermi italiani in un film di Marco Risi, che si ispira alla lezione di impegno civile di Rosi, Petri, Damiani, Squitieri, grandi registi che hanno fatto grande il cinema italiano.
Fortapasc racconta gli ultimi quattro mesi di vita del giovane cronista napoletano, ucciso con dieci colpi di pistola perché con le sue inchieste aveva infastidito alcuni boss di Torre Annunziata. Sarà l’unico giornalista a cadere vittima della camorra.
Una anteprima in pompa magna al teatro San Carlo alla presenza del presidente Napolitano ha sancito il ritorno a Napoli del cinema di impegno, dopo il trionfo internazionale di Gomorra, dal quale Fortapasc si differenzia per il diverso ritmo narrativo: non un reportage di guerra duro e spietato che intreccia racconti diversi, bensì la vita di un giovane amante del suo lavoro e soprattutto della verità.
Il messaggio esorta alla speranza affinché il sacrificio di Giancarlo non sia stato vano, ma concorra a svegliare le coscienze ora che la camorra è divenuta più minacciosa e come una piovra dai mille tentacoli si avvia ad avvolgere tutta l’Italia. Un ricordo esteso alle tante vittime della criminalità organizzate, i cui parenti compaiono numerosi come comparse nella pellicola.
Purtroppo nulla è cambiato, se non in peggio, in questi lunghi anni: il fortino del clan Gionta è sempre lì, nel quadrilatero delle carceri nel centro antico di Torre Annunziata, mentre la malavita continua a dilagare indisturbata grazie all’inefficienza dello Stato.
Vi è pure una sottile denunzia della precarietà della professione giornalistica, Giancarlo era un apprendista che sognava di essere assunto dal Mattino, oggi un esercito di quarantamila precari si confronta con pochi redattori super pagati e colmi di privilegi. Persiste ancora la differenza citata nel film tra giornalisti- giornalisti e giornalisti – impiegati: Giancarlo faceva parte della prima categoria, agiva con coerenza ed ha pagato il suo coraggio con la vita.
Il film è scandito da personaggi vivi, solo alcuni immaginari, disegnati con grande abilità ed interpretati da attori molto bravi: il capitano della locale stazione dei carabinieri, tristemente disilluso, ha la grinta di un Giuliano Gemma d’annata, Massimiliano Gallo si estolle vigoroso in una squallida marea di anime malvagie, mentre Ennio Fantastichini è un sindaco colluso, che ci rammenta le kafkiane riunioni del consiglio comunale rese celebri dalle Mani sulla città.
La tensione aumenta quando si entra nei vicoli puteolenti e diroccati del centro storico e respirando un’atmosfera di morte, si percepisce chiaramente la prepotente legge dei più forti: degli Alfieri, dei Nuvoletta, dei Gionta e di tutti i clan che comandavano ieri come comandano oggi.
Un contrasto lampante con lo sguardo dolce e tenace di Giancarlo, che sorride ingenuamente mentre i killer lo uccidono senza pietà, consapevole che il suo sacrificio servirà a mutare qualcosa se tutti noi sapremo conservarlo nella nostra memoria civile, soltanto così il suo martirio civile non sarà stato vano.
Achille della Ragione
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sanna62
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lunedì 23 marzo 2009
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ottimo film di risi
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Ho visto il film e devo dire che per un regista come Marco Risi, che ci ha abituati a film-documentari, ha tirato fuori il meglio di sé. Anche se il Cast non presenta attori famosissimi, il regista è riuscito in modo egregio a raccontare una storia vera con attori emergenti ma di qualità (De Rienzo-Lodovini, eccezionale la somiglianza dell'attore con Siani), affiancati da attori noti di spicco (Fantastichini,Cantalupo,Riondino,Imparato, Pecci)e con altri personaggi del teatro e canto (Gallo,Capano, Mahieux,Buonomo)per non parlare della maestri della sceneggiatura (Jim Carrington e Andrea Purgatori). Il film contiene alcune scene forti e cruenti (come è giusto che sia quando si tratta di attività camorristiche) ma anche simpatiche e logiche (quando il camorrista provvede a cucinare per il boss Gionta con tanto di grembiule e pistola!).
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Ho visto il film e devo dire che per un regista come Marco Risi, che ci ha abituati a film-documentari, ha tirato fuori il meglio di sé. Anche se il Cast non presenta attori famosissimi, il regista è riuscito in modo egregio a raccontare una storia vera con attori emergenti ma di qualità (De Rienzo-Lodovini, eccezionale la somiglianza dell'attore con Siani), affiancati da attori noti di spicco (Fantastichini,Cantalupo,Riondino,Imparato, Pecci)e con altri personaggi del teatro e canto (Gallo,Capano, Mahieux,Buonomo)per non parlare della maestri della sceneggiatura (Jim Carrington e Andrea Purgatori). Il film contiene alcune scene forti e cruenti (come è giusto che sia quando si tratta di attività camorristiche) ma anche simpatiche e logiche (quando il camorrista provvede a cucinare per il boss Gionta con tanto di grembiule e pistola!). Alla fine della proiezione c'è stato un lungo applauso e stranamente vedevo nella sala molti giovani emozionati: bravo Marco!
Sicuramente un film da vedere.
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pietro berti
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lunedì 6 aprile 2009
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fortapàsc
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FortApàsc (*** e ½) : Regia di Marco Risi, interpreti L. Rienzo, V. Lodovini, N. Riondino, O1 Distribution. Si tratta dell’opinione di Risi sulla camorra. Preceduto da Gomorra, arriva nelle sale Fort Apasc, amara riflessione sull’Italia del Sud. La parola che definisce il titolo viene dalla frase pronunciata dal sindaco di Torre Annunziata dopo l’ennesima strage della camorra: “Non siamo a Fort Apasc” e tratta in maniera coraggiosa ed estremamente intensa della storia di Giancarlo Siani cronista del “Il Mattino”, ucciso dalla Camorra di Torre Annunziata nel 1985. Risi ha deciso di esprimere la sua opinione sulla camorra, facendolo però in maniera completamente diversa, cioè raccontando l’uomo Siani prima dell’eroe ; raccontando le sue debolezze prima del suo coraggio; andando a ripercorrere i suoi ultimi quattro mesi di vita prima del 23 settembre 1985.
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FortApàsc (*** e ½) : Regia di Marco Risi, interpreti L. Rienzo, V. Lodovini, N. Riondino, O1 Distribution. Si tratta dell’opinione di Risi sulla camorra. Preceduto da Gomorra, arriva nelle sale Fort Apasc, amara riflessione sull’Italia del Sud. La parola che definisce il titolo viene dalla frase pronunciata dal sindaco di Torre Annunziata dopo l’ennesima strage della camorra: “Non siamo a Fort Apasc” e tratta in maniera coraggiosa ed estremamente intensa della storia di Giancarlo Siani cronista del “Il Mattino”, ucciso dalla Camorra di Torre Annunziata nel 1985. Risi ha deciso di esprimere la sua opinione sulla camorra, facendolo però in maniera completamente diversa, cioè raccontando l’uomo Siani prima dell’eroe ; raccontando le sue debolezze prima del suo coraggio; andando a ripercorrere i suoi ultimi quattro mesi di vita prima del 23 settembre 1985. La particolarità sta nel fatto che l’inizio del film tratta del giorno in cui Siani viene ucciso, ma la sua voce narrante durante il film ci presenta la storia come se fosse ancora vivo soffermandosi sul fatto del come tutto fosse legato ad interessi per la ricostruzione del dopo-terremoto e di come Giancarlo vedesse e capisse e cercasse di fare bene il suo lavoro; di come coraggiosamente scrivesse “di politici corrotti, di magistrati pavidi, di forze dell’ordine impotenti come un giglio nel fango”. E proprio quando si è avvicinato troppo alla verità scrisse un articolo troppo compromettente nel quale faceva nomi che portarono alla sua condanna a morte.
Storia: G. Siani era un ventiseienne “abusivo” de Il Mattino, cioè un collaboratore in attesa di contratto. Aveva scritto i primi articoli, prima di lavorare per il Mattino, sul periodico “Osservatorio sulla camorra” appassionandosi ai rapporti e alle gerarchie dei clan che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Il suo interesse era la cronaca giudiziaria e proprio per questo suo interesse la camorra decise, durante il suo ritorno a casa a bordo della sua Citroën, in Via Vincenzo Romaniello al Vomero di eliminarlo con dieci colpi di pistola. Questa è l’Italia.Questa è la Campania, questa è Napoli e questo, soprattutto, è quel cancro chiamato camorra. Il film, per la sua particolarità, partendo dalla fine costituisce indubbiamente un’innovazione cinematografica. Dobbiamo purtroppo rilevare che come purtroppo succede a tante opere, anch’essa non ha avuto la pubblicità che invece avrebbe meritato, anche perché che dir si voglia, anche questa è storia, anche questa è nostra storia, anche questa fa parte delle storie scomode che in molti tendono ad accantonare e ad archiviare. Pietro Berti
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ciccio capozzi
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martedì 24 marzo 2009
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evitate le secche della beatificazione post mortem
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“FORTAPASC” di MARCO RISI; ITA, 09. La sera del 23 settembre 85, sotto casa sua, è ucciso il giovane giornalista Giancarlo Siani, “reo” di aver messo a fuoco conflitti interni alla camorra e le collusioni di questa coi politici di Torre Annunziata. Nel 2001 già il giovane regista Maurizio Fiume, utilizzando come set anche la redazione di Metropolis, aveva dedicato un film a Giancarlo, “E io ti seguo”. Un film generoso, che non ebbe una circuitazione degna di questo nome. E anche per Risi la storia produttiva è complicata: era un vecchio progetto, addirittura precedente al film di Fiume, reso oggi possibile dall’interessamento di Angelo Barbagallo, che è personaggio molto interessante del cinema italiano.
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“FORTAPASC” di MARCO RISI; ITA, 09. La sera del 23 settembre 85, sotto casa sua, è ucciso il giovane giornalista Giancarlo Siani, “reo” di aver messo a fuoco conflitti interni alla camorra e le collusioni di questa coi politici di Torre Annunziata. Nel 2001 già il giovane regista Maurizio Fiume, utilizzando come set anche la redazione di Metropolis, aveva dedicato un film a Giancarlo, “E io ti seguo”. Un film generoso, che non ebbe una circuitazione degna di questo nome. E anche per Risi la storia produttiva è complicata: era un vecchio progetto, addirittura precedente al film di Fiume, reso oggi possibile dall’interessamento di Angelo Barbagallo, che è personaggio molto interessante del cinema italiano. Ha prodotto con lungimiranza i film di Moretti e credette in “La meglio gioventù” di Andrea Giordana. “Fortapàsc” è un bel film: mi ha intrigato e commosso. Ha evitato le secche della beatificazione post mortem. E’ di fronte a noi un non-eroe, che voleva, con una buona dose di incoscienza, ma anche di dignità professionale, fare “solo” il suo mestiere. A dire il vero, era uno che non capiva fino in fondo, forse, le implicazioni che fuoriuscivano dal suo osservare con onestà e semplicità gli avvenimenti di “nera” che era chiamato a descrivere. Ma una volta mangiata la foglia, non si è sottratto ad un percorso che poteva essere pericoloso. I bravi sceneggiatori, Purgatori e Carrington, e lo stesso regista, hanno operato il massimo sforzo nel contestualizzare la vicenda umana e individuale in un importante punto di svolta della storia della criminalità. La vicenda di Siani, l’attore assai misurato e intenso Libero De Rienzo, emerge dal confronto molto serrato, dal punto di vista cinematografico, con l’ambiente mafioso che condizionava pesantemente la vita sociale del grande Comune di Torre A.ta. Le connivenze tra il Sindaco e Valentino Gionta, qui l’attore molto bravo M. Gallo, il capo del clan locale, erano fortissime. Il Gionta, ora all’ergastolo, distaccatosi dai cutoliani non solo era uscito indenne dalla distruzione della NCO, ma si era ritagliato uno spazio suo. Il suo muoversi nell’ambiente fisico della Città, in cui operava, è reso con un senso quasi corale di “partecipazione” popolare inneggiante. Ma questo è un tratto che il Gionta sollecitava, con donazioni e interventi “benefici”, pur nel mentre spacciava e faceva il pizzo e lo strozzo, e di cui si gloriava, e che gli veniva “ideologicamente” dalla vecchia appartenenza al Super clan di Cutolo, che faceva della Camorra addirittura una specie di movimento antistatale; però, giustamente, la descrizione ambientale è resa con un realismo severo denso di squallore. Esso fa più pensare al cinema di Francesco Rosi che non a “Gomorra”.
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nicolac
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mercoledì 1 aprile 2009
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siani la speranza nella dura realtà di fortapasc
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Fortapasc è un film d'impegno civile che tutti dovrebbero andare a vedere.
Non si tratta di una biografia del giovane e combattivo Siani, ma del racconto
dei suoi ultimi mesi di vita, del suo duro impegno contro la camorra e contro
la zona grigia della politica che scende a copromessi e si nutre della malavita campana.
La forza dei suoi articoli e la sua libertà d'inchiesta l'ha reso un giornalista
scomodo, inviso al "Sistema" ed ha decretato la sua morte.
Il protagonista Libero De Rienzo si cala bene nel personaggio, lo ritrae in tutta
la sua umanità e la giovanile voglia di cambiare il mondo. E' un film forte, come
recita il titolo volutamente storpiato Fortapasc: la contrada della terra di Napoli,
Torre Annunziata, è un fortino assediato dalla logica della violenza della camorra.
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Fortapasc è un film d'impegno civile che tutti dovrebbero andare a vedere.
Non si tratta di una biografia del giovane e combattivo Siani, ma del racconto
dei suoi ultimi mesi di vita, del suo duro impegno contro la camorra e contro
la zona grigia della politica che scende a copromessi e si nutre della malavita campana.
La forza dei suoi articoli e la sua libertà d'inchiesta l'ha reso un giornalista
scomodo, inviso al "Sistema" ed ha decretato la sua morte.
Il protagonista Libero De Rienzo si cala bene nel personaggio, lo ritrae in tutta
la sua umanità e la giovanile voglia di cambiare il mondo. E' un film forte, come
recita il titolo volutamente storpiato Fortapasc: la contrada della terra di Napoli,
Torre Annunziata, è un fortino assediato dalla logica della violenza della camorra.
In questo quadro, però, la figura e l'opera del compianto giornalista aprono una
speranza, una luce: accanto alla barbarie della criminalità organizzata abbiamo le
energie e le menti migliori per denunciare e cominciare a scardinare le dinamiche
del sistema. A questo riguardo si ricordino le parole di Giovanni Falcone
a proposito della mafia: "La mafia è un fenomeno umano: ha un principio, una sua evoluzione ed avrà una fine."
La pellicola attribuisce molta importanza, seguendo le parole del giornalista, alla
collusione tra camorra e politica, la figura del sindaco di Torre Annzunziata
è illuminante. L'interprete Ennio Fantastichini con la sua abilità recitativa descrive
bene la mentalità del politico corrotto, prono alla camorra e suo complice.
Delicata e commuovente la storia d'amore tra Giancarlo e Daniela, interpretata dalla
bella e capace Daniela Lodovini, come emozionanti sono le ultime scene del film quando il
giovane Siani ritrova Daniela ed il suo amore proprio prima di essere ucciso. Le
canzoni di Vasco che aprono e chiudono il film diventano malinconiche ricordando
come il giornalista non riesca ad andare al concerto con la sua fidanzata perchè
la sua vita è interrotta bruscamente dalle pallottole dei sicari camorristi che non perdonano. L'atto finale dell'assassinio di Siani è un incontro previsto e temuto tra vittima e carnefice, dove lo sguardo della vittima esprime rassegnazione prima che paura.
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carlita
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giovedì 30 aprile 2009
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ci sono i giornalisti e i giornalisti impiegati
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Ci sono i giornalisti giornalisti e i giornalisti impiegati, in questo paese è meglio fare i giornalisti impiegati. E' la frase pronunciata da E. Mahieux alias caporedattore di G. Siani a focalizzare la tematica del film. Un film difficile ma riuscito sia nella trattazione della vicenda "storica" sia nel racconto di una vita vera. Complimenti ad un regista che non si è preoccupato di ottenere consensi attraverso il compiacimento di un pubblico dedito, per la maggior parte, a storie d'amore. Marco Risi si è rivelato sottile nell'affiancare la fidanzata Daniela e l'amico Rico, personaggi necessari a calare il film in una dimensione più vicina al pubblico. Non c'è la rappresentazione di una tragedia, non c'è la proclamazione di un eroe, i fatti sono raccontati, come sono stati, come, probabilmente avrebbe fatto un "giornalista giornalista" che insegue solo la verità a scapito anche della propria vita.
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cinestoico
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martedì 31 marzo 2009
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la "normalità" di un eroe postumo
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Bel film , ricco di suggestioni e citazioni visive, linguaggio cinematografico che sposa tensione, denuncia, tra fiction e realtà. Belle le scene di Camorra, bello anche l'accostamento nel montaggio del mondo della Politica a quello del Malaffare, chiave giusta la "normalità" di un eroe postumo. Gli attori sono bravi, dal convincente Libero De Rienzo al preciso Daniele Pecci ma soprattutto merito al valore aggiunto della pellicola che sta nella la schiera di teatranti di alto livello scelti da Risi quali i credibilissimi fratelli Gianfranco e Massimiliano Gallo, Ernesto Maieux, Renato Carpentieri, Gianfelice Imparato e tutti gli altri. Alla fine la bella tensione creata dal regista sfocia nell'inesorabile morte che giunge puntuale come la condanna quasi fatale di un intero popolo.
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rikymaru blaze
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mercoledì 22 aprile 2009
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recensione di fortapàsc
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Un film splendido che racconta gli ultimi mesi di vita di Giancarlo Siani, un giornalista di Torre Annunziata poi trasferito a Napoli, che scriveva degli articoli sulla camorra.
uesti pezzi giornalistici erano fastidiosi per i mafiosi perchè ne raccontavano le malefatte e davano speranza e coraggio alla gente, un risultato che Siani non si sarebbe mai immaginato.
In una scena del film, il coraggioso giornalista dice che il futuro siamo noi, i giovani che non devono tacere di fronte alla camorra, ma devono affrontarla per far trionfare la giustizia.
Benchè sia stato assassinato a soli 26 anni, ha dato un contributo fondamentale per la lotta alla camorra e i suoi ideali rivivono in noi.
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luigidoradsl
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domenica 29 marzo 2009
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la delicata resistenza nel fortapàsc di risi
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La storia di Siani è raccontata con misurato equilibrio. Risi mostra il volto di una Napoli sotto assedio, la Napoli degli anni ottanta, in mano alla n.c.o. e allo strapotere del clan Nuvoletta e Alfieri-Bardellino (nuova famiglia) e dell’affiliato Gionta nel feudo di Torre Annunziata, e soprattutto degli intrecci tra criminalità organizzata, politica ed imprenditoria. Le spartizioni di tangenti e le infiltrazioni, gli affari con la droga e i soldi del dopo-terremoto, coraggiosamente e ingenuamente smascherati dalla penna di fuoco di un "ragazzino" qualunque che ha liberamente scelto l'impegno civile, l'informazione, il lavoro del "giornalista-giornalista", alla comoda possibilità di varcare il cancello della holliwoodiana villa, “per vedere tutto con chiarezza", del colluso e "maturo" politicante di turno.
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La storia di Siani è raccontata con misurato equilibrio. Risi mostra il volto di una Napoli sotto assedio, la Napoli degli anni ottanta, in mano alla n.c.o. e allo strapotere del clan Nuvoletta e Alfieri-Bardellino (nuova famiglia) e dell’affiliato Gionta nel feudo di Torre Annunziata, e soprattutto degli intrecci tra criminalità organizzata, politica ed imprenditoria. Le spartizioni di tangenti e le infiltrazioni, gli affari con la droga e i soldi del dopo-terremoto, coraggiosamente e ingenuamente smascherati dalla penna di fuoco di un "ragazzino" qualunque che ha liberamente scelto l'impegno civile, l'informazione, il lavoro del "giornalista-giornalista", alla comoda possibilità di varcare il cancello della holliwoodiana villa, “per vedere tutto con chiarezza", del colluso e "maturo" politicante di turno.
Il regista è riuscito a rendere l'accaduto con necessario distacco, il distacco di un cronista attento sembrerebbe, che racconta fatti che sono ormai diventati storia, un pezzo della tragica storia napoletana ed italiana, realtà non dramma o messa in scena. Siani non è stato un eroe, ma un perenne “ragazzino”, incoscienza e ingenuità sono i tratti essenziali che ne definiscono lo spessore umano; persona gioviale, fortemente innamorata della sua donna, che conduce una vita “regolare”, senza trascurare quell’istinto forte, quell’attrazione o curiosità alla base del suo impegno di “abusivo” in una piccola redazione di giornale in periferia.
Torre Annunziata è l’immagine della realtà della maggior parte dei comuni dell’area metropolitana napoletana negli anni settanta e ottanta del secolo scorso.
Immediato e quasi banale il confronto con Gomorra, il film-documentario di Garrone, reportage sul fronte, che avverte: “siamo in guerra”; Risi, tuttavia, ribatte: “lo eravamo già da tempo”, il film del regista milanese assume i tratti della cronaca sentita ed informata dei fatti. Due film complementari, diversi ha dichiarato Risi, dai quali risulta che le mafie si sono riorganizzate, sono andate incontro ad un processo di mutazione, hanno introiettato il potere dei media e della finanza globale, ne fanno sfoggio e si espandono sempre più.
Il concime, però, pare non essere mutato, l'avidità, il potere, i soldi, tanti e subito, lo sfarzo insensato figlio di un consumismo sfrenato venduto a buon prezzo dai media, l'irriverenza nei confronti della vita e della morte, risposta schizofrenica ed estrema ad un’esistenza poco generosa. Il terreno fertile è sempre lo stesso quello che nasce dal disagio sociale, dalla precarietà, dall’impossibilità di immaginarsi un futuro diverso, dall’esistenza costretta in squallidi tuguri di periferie-ghetto abbandonate e senza servizi, il sentire di non farcela a partecipare a quell’abbuffata preparata ad arte dal circo mediatico, il sentirsi irrimediabilmente esclusi dal banchetto, che in realtà coinvolge solo pochi, molto pochi.
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