josh
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martedì 19 aprile 2005
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lucio non solo horror
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Ecco una rivisitazione degli western da parte del grande lucio...
Il film è un western atipico dalle atmosfere un po' deliranti con personaggi originali...il baro ( che però non si vede mai al banco di gioco),la prostituta incinta carina e dolce ma forte all'occorenza..l'alcolizzato e un matto di colore intraprendono un viaggio insieme costretti a cambiare città dopo esser scampati ad un massacro epurazione in una cittadina!!!durante il viaggio i personaggi diverranno amici uniti da le varie difficoltà!!!
la cosa peggiore che capita al gruppo è incontrare uno spietato e sempre grande milliam...toccanti le scene nella città fantasma e nella cittadina innevata abitata da soli uomini delle quali non svelo troppo per non togliere emozioni a chi dovesse vedere il film.
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Ecco una rivisitazione degli western da parte del grande lucio...
Il film è un western atipico dalle atmosfere un po' deliranti con personaggi originali...il baro ( che però non si vede mai al banco di gioco),la prostituta incinta carina e dolce ma forte all'occorenza..l'alcolizzato e un matto di colore intraprendono un viaggio insieme costretti a cambiare città dopo esser scampati ad un massacro epurazione in una cittadina!!!durante il viaggio i personaggi diverranno amici uniti da le varie difficoltà!!!
la cosa peggiore che capita al gruppo è incontrare uno spietato e sempre grande milliam...toccanti le scene nella città fantasma e nella cittadina innevata abitata da soli uomini delle quali non svelo troppo per non togliere emozioni a chi dovesse vedere il film...
in definitiva tra i migliori western con ottimi attori e momenti davvero commoventi ed un funale a suo modo anch'esso originale e bellissimo....dopo aver visto qst film tutti se ne convinceranno fulci non significa solo horror!!
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gianni lucini
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giovedì 15 settembre 2011
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violenza chiama violenza
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Ispirandosi ai personaggi disegnati da Francis Brett Harte nella serie di racconti pubblicata nel 1868 con il titolo di “The luck of roaring camp”, la sceneggiatura di Ennio De Concini accompagna il viaggio quasi iniziatico di un gruppo di disperati attraverso un mondo che sembra rovesciato. In questo film Lucio Fulci forza in maniera inusitata i codici del western all’italiana portandoli fino al limite più estremo. Ne I quattro dell’Apocalisse la violenza è violenza e basta. È anonima come il cappuccio dei giustizieri che massacrano un intero paese per ripulirlo dai peccatori, è feroce come la mano che scuoia vivo un uomo per farlo soffrire di più, è folle come il ghigno di Chaco.
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Ispirandosi ai personaggi disegnati da Francis Brett Harte nella serie di racconti pubblicata nel 1868 con il titolo di “The luck of roaring camp”, la sceneggiatura di Ennio De Concini accompagna il viaggio quasi iniziatico di un gruppo di disperati attraverso un mondo che sembra rovesciato. In questo film Lucio Fulci forza in maniera inusitata i codici del western all’italiana portandoli fino al limite più estremo. Ne I quattro dell’Apocalisse la violenza è violenza e basta. È anonima come il cappuccio dei giustizieri che massacrano un intero paese per ripulirlo dai peccatori, è feroce come la mano che scuoia vivo un uomo per farlo soffrire di più, è folle come il ghigno di Chaco. Non è mai bella, neppure quando serve alla vendetta. Per meglio rendere questi concetti ha eliminare anche pistoleri e duelli. Nessuno dei protagonisti è un pistolero. I quattro fuggiti dall’Apocalisse di Salt Flat sono pacifici abitatori del sottobosco dell’umanità e tre di loro non sanno neppure imbracciare un arma. Il loro persecutore Chaco spara per il gusto di ammazzare e lo fa a tradimento, mai in duello. I codici del western all’italiana prevedono che il duello, mettendo uno di fronte all’altro i contendenti, finisca per rappresentare una sorta di riequilibrio dell’ordine sconvolto dalla violenza, indipendentemente dalle ragioni, dalla qualità e dalle armi di ciascuno. Ne I quattro dell’Apocalisse questo momento non c’è mai neanche quando viene ucciso Chaco. La vendetta si compie e basta. Niente duello. Stubby non riconosce alcuna dignità al suo rivale. Lo uccide e basta. Non c’è sollievo nella fine del nemico, solo la consapevolezza di una profonda solitudine che il regista, con mano geniale, fa riempire dal cane randagio unitosi a lui poco prima dei titoli di coda.
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gianni lucini
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giovedì 15 settembre 2011
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un western psichedelico
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I quattro dell’Apocalisse ha la struttura di un road movie e i colori acidi con le immagini spesso sfuocate ai bordi sono tipici della produzione psichedelica dei primi anni Settanta. La musica è in sintonia con la scelta stilistica così come la caratterizzazione dei personaggi. Lo stesso Chaco, nonostante la sua efferatezza ha in sempre testa una fascia colorata che non avrebbe sfigurato a Woodstock. Per la caratterizzazione della figura del maligno vagabondo che si compiace della sua natura sadica e crudele, Tomas Milian sostenne di essersi ispirato a Charles Manson, il capo della setta dei “Figli di Satana” all’epoca all’onore delle cronache per aver torturato e massacrato, tra gli altri, l’attrice Sharon Tate incinta.
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I quattro dell’Apocalisse ha la struttura di un road movie e i colori acidi con le immagini spesso sfuocate ai bordi sono tipici della produzione psichedelica dei primi anni Settanta. La musica è in sintonia con la scelta stilistica così come la caratterizzazione dei personaggi. Lo stesso Chaco, nonostante la sua efferatezza ha in sempre testa una fascia colorata che non avrebbe sfigurato a Woodstock. Per la caratterizzazione della figura del maligno vagabondo che si compiace della sua natura sadica e crudele, Tomas Milian sostenne di essersi ispirato a Charles Manson, il capo della setta dei “Figli di Satana” all’epoca all’onore delle cronache per aver torturato e massacrato, tra gli altri, l’attrice Sharon Tate incinta. All’uscita nelle sale venne il film vietato ai minori di 18 anni per la crudezza di alcune scene. La produzione decise allora di correre ai ripari alcuni tagli censori ottenendo così l’abbassamento del limite ai 14 anni. Quella tagliata è divenuta la versione cinematografica definitiva del film in Italia, ma all’estero ha continuato a circolare quella originale, senza tagli.
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gianni lucini
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giovedì 15 settembre 2011
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la crudeltà come linguaggio
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Il cinema non ha misteri per uomini come Lucio Fulci, abili professionisti cresciuti lavorando giorno dopo giorno in un ambiente di cui conoscono e sanno gestire ogni aspetto, dalla produzione alla regia, dal montaggio alla musica agli effetti speciali. Osannato all’estero e bistrattato in patria dalla critica, come molti altri protagonisti della scena cinematografica italiana degli anni Sessanta e Settanta alla fine è stato tardivamente riscoperto anche in Italia. Colto sperimentatore inizia ad approfondire il tema della rappresentazione cinematografica della violenza partendo dal “Teatro della crudeltà” teorizzato da Antonin Artaud nel suo celebre testo “Il teatro e il suo doppio”.
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Il cinema non ha misteri per uomini come Lucio Fulci, abili professionisti cresciuti lavorando giorno dopo giorno in un ambiente di cui conoscono e sanno gestire ogni aspetto, dalla produzione alla regia, dal montaggio alla musica agli effetti speciali. Osannato all’estero e bistrattato in patria dalla critica, come molti altri protagonisti della scena cinematografica italiana degli anni Sessanta e Settanta alla fine è stato tardivamente riscoperto anche in Italia. Colto sperimentatore inizia ad approfondire il tema della rappresentazione cinematografica della violenza partendo dal “Teatro della crudeltà” teorizzato da Antonin Artaud nel suo celebre testo “Il teatro e il suo doppio”. L’autore francese sostiene la rappresentazione scenica della crudeltà come linguaggio per scuotere lo spettatore e per stimolarlo a una diversa percezione della realtà. Fulci tenta di applicare la lezione nel cinema. Lo fa per la prima volta nel 1966 proprio con il western Le Colt cantarono la morte e fu… tempo di massacro. Lo sbocco finale di questa ricerca sarà l’horror puro, genere di cui diventerà uno dei maestri più riconosciuti e imitati. I quattro dell’Apocalisse rappresenta la seconda tappa in chiave western di questo lavoro, più spiazzante della prima anche per la capacità di forzare i codici di genere oltre gli stessi elementi costitutivi. Tornerà ancora a far cavalcare i suoi personaggi nelle lande del vecchio West nel 1978 quando ormai il western all’italiana è praticamente estinto con Sella d’argento, la storia di un pistolero che rifiuta la logica dell’occhio per occhio.
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