|
Il cinema non ha misteri per uomini come Lucio Fulci, abili professionisti cresciuti lavorando giorno dopo giorno in un ambiente di cui conoscono e sanno gestire ogni aspetto, dalla produzione alla regia, dal montaggio alla musica agli effetti speciali. Osannato all’estero e bistrattato in patria dalla critica, come molti altri protagonisti della scena cinematografica italiana degli anni Sessanta e Settanta alla fine è stato tardivamente riscoperto anche in Italia. Colto sperimentatore inizia ad approfondire il tema della rappresentazione cinematografica della violenza partendo dal “Teatro della crudeltà” teorizzato da Antonin Artaud nel suo celebre testo “Il teatro e il suo doppio”. L’autore francese sostiene la rappresentazione scenica della crudeltà come linguaggio per scuotere lo spettatore e per stimolarlo a una diversa percezione della realtà. Fulci tenta di applicare la lezione nel cinema. Lo fa per la prima volta nel 1966 proprio con il western Le Colt cantarono la morte e fu… tempo di massacro. Lo sbocco finale di questa ricerca sarà l’horror puro, genere di cui diventerà uno dei maestri più riconosciuti e imitati. I quattro dell’Apocalisse rappresenta la seconda tappa in chiave western di questo lavoro, più spiazzante della prima anche per la capacità di forzare i codici di genere oltre gli stessi elementi costitutivi. Tornerà ancora a far cavalcare i suoi personaggi nelle lande del vecchio West nel 1978 quando ormai il western all’italiana è praticamente estinto con Sella d’argento, la storia di un pistolero che rifiuta la logica dell’occhio per occhio.
[+] lascia un commento a gianni lucini »
[ - ] lascia un commento a gianni lucini »
|