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giovedì 26 dicembre 2019
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nevermore, sei le chiave di tutto...
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Nevermore, sì, il gatto del protagonista, è lui la chiave di tutto di questa lunghissima, lentissima e meravigliosa follia di Jacques Rivette... Una struttura semplice ed essenziale che dilata il tempo, già di per sè lento, di questo lungometraggio inquietante, quasi un thriller addolcito, che ha come punto di forza i due protagonisti, eccezionali, e il luogo dove si svolge gran parte della storia, cioè la casa di Julien. Si tratta di una grande casa con giardino, sviluppata su più piani, in una zona tranquilla dove non passa mai nessuno. All'interno Julien svolge i suoi lavori di ripristino di antichi ed enormi orologi. Una volta si muoveva dappertutto per andare direttamente ad aggiustarli in loco, ora può permettersi di scegliere dal momento che è uno dei pochi artigiani rimasti: quindi se qualcuno ha un orologio da aggiustare deve portarlo per forza a casa sua.
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Nevermore, sì, il gatto del protagonista, è lui la chiave di tutto di questa lunghissima, lentissima e meravigliosa follia di Jacques Rivette... Una struttura semplice ed essenziale che dilata il tempo, già di per sè lento, di questo lungometraggio inquietante, quasi un thriller addolcito, che ha come punto di forza i due protagonisti, eccezionali, e il luogo dove si svolge gran parte della storia, cioè la casa di Julien. Si tratta di una grande casa con giardino, sviluppata su più piani, in una zona tranquilla dove non passa mai nessuno. All'interno Julien svolge i suoi lavori di ripristino di antichi ed enormi orologi. Una volta si muoveva dappertutto per andare direttamente ad aggiustarli in loco, ora può permettersi di scegliere dal momento che è uno dei pochi artigiani rimasti: quindi se qualcuno ha un orologio da aggiustare deve portarlo per forza a casa sua. A questo proposito è illuminante un colloquio telefonico tra Julien e un cliente, che gli chiede di andare direttamente da lui a fare il lavoro. Julien in modo gentile ma deciso gli dice: "Guardi, non insista! Una volta mi muovevo, adesso non mi muovo più. Che sia Arles o Timbuctù non fa differenza, si trovi un'altra persona." Julien non veste ricercato ma è un tipo che piace alla donne. Ha appena terminato una storia con una femmina che gli ha lasciato alcuni vestiti in casa e gli ricompare all'improvviso, dopo essere uscito da un bistrot dove ha bevuto una birra e poi si è addormentato, Marie (Emmanuelle Béart), una splendida trentenne con la quale aveva avuto un flirt un anno prima (o poco più, come gli fa notare lei...). Ricominciano a frequentarsi e a casa di lei, dopo cena, passano una notte di fuoco. Nel frattempo, tra una riparazione e l'altra e le carezze affettuose al suo gatto Nevermore, Julien ricatta una donna affascinante e misteriosa, Madame X: lui non ha l'animo del ricattatore, ma dal momento che ha alcuni documenti compromettenti, perchè non guadagnarci ricattandola? A tal proposito Julien mette in chiaro una regola: non dovranno trovarsi mai nelle rispettive case. Ma Madame X non osserva la regola e si reca nel giardino di Julien che, inviperito, le chiede dieci volte la somma che era stata concordata! Mentre risale sulla sua Mercedes coupè, Madame X esclama a Julien: "Lei è un mostro!". Lui non se ne cura, rientra a casa a riparare orologi, con Nevermore che spesso osserva incredulo il lavoro fatto di ingranaggi, catene e, soprattutto, ticchettii di ogni tipo. Poi Marie sparisce. Lui non si dà pace e inizia a cercarla, intuendo che la donna che ama nasconde un segreto. La trova in un albergo e la convince ad andare a vivere con lui. Lei accetta e tra i due le cose vanno davvero bene, anche se lei si annoia in quella casa enorme arredata in modo sommario. Si nota qualche accenno di gelosia, quando Marie lo tormenta facendo troppe domande sulla sua ex e soprattutto sui vestiti lasciati lì da lui, visto che è costretta a indossare una vestaglia. Nevermore intanto osserva silenzioso lo strano menage tra i due. Tra una colazione in terrazza e notti trascorse nella frenesia della passione, Marie esplora altre stanze disabitate, ed è attratta in modo inquietante da una di esse. La "arreda" in modo strano e bizzarro, motivata da una forza misteriosa. Marie ora ha spesso un'aria triste che preoccupa Julien ma lei lascia tutto in un alone di mistero. Il ricatto di Madame X intanto va avanti e in un'occasione Julien si dimostra quasi umano quando lei gli parla della sorella scomparsa. Ma poi, nel suo giubbotto scamosciato con andamento scostante, se ne torna verso i suoi orologi. Marie intanto è irreversibilmente spinta verso un declino interiore che di fatto interrompe il buon menage con Julien, che cerca le risposte negli occhi di Nevermore, silenzioso testimone della strana storia vissuta in quella casa. Davvero curioso il fatto che ogni volta che Julien ricorda il loro ultimo incontro di un anno prima, Marie sempre puntualizza dicendo: "Un pò più di un anno fa." Al che Julien risponde: "Un pò di più, può essere". Non bisogna cercare le risposte ad ogni stranezza che il grande Rivette mette in scena per destabilizzare l'equilibrio dello spettatore, meglio fare come Nevermore, l'intelligente e quieto gatto della casa che si limita ad osservare senza trarre alcun tipo di conclusione. A lui basta un divano, il cibo e le carezze di Julien, di cui è attento guardiano. Una delle scene più straordinarie si nota alla fine del film, una sequenza proposta in due diverse inquadrature, dove Julien è incredulo e rassegnato allo strano destino in cui sembra finire la storia.
Rivette non si smentisce e una volta in più ci regala un lavoro dove amore, mistero e caso si mischiano senza una chiara motivazione. Va benissimo così. Anche Alberto Moravia diceva che il mistero è parte integrante della vita e, forse, è dello stesso avviso anche Nevermore... - di "Joss" -
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gianleo67
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sabato 18 gennaio 2014
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histoire de fantôme français
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Solitario orologiaio di mezza età incontra e si innamora, ricambiato, di un misteriosa ed affascinate ragazza con cui inizia una tormentata convivenza. Diviso tra una misurata e razionale passione per la meccanica e la ricerca di un difficile equilibrio sentimentale, estorce denaro ad una fraudolenta venditrice di pregiate sete cinesi con qualche scheletro nell'armadio, finendo per scoprire una sconcertante verità riguardo la sua enigmatica compagna.
Quarto capitolo di una ideale quadrilogia che l'autore riesce a completare solo dopo circa trent'anni, questo racconto del sempreverde Rivette è una interdetta ed ineffabile ricognizione nei territori di un esistenzialismo metafisico che cerca di restare ancorato (e per lo più vi riesce) entro gli schemi di una dialettica teatrale autore-spettatore che si fonda sugli studiati ammiccamenti di una messa in scena divisa tra giallo e dramma sentimentale, tra i sussulti di una irriducibile passionalità e la rassegnazione ad una irrevocabile solitudine, fino al colpo di scena finale che sembra sovvertire le imponderabili leggi della vita e della morte.
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Solitario orologiaio di mezza età incontra e si innamora, ricambiato, di un misteriosa ed affascinate ragazza con cui inizia una tormentata convivenza. Diviso tra una misurata e razionale passione per la meccanica e la ricerca di un difficile equilibrio sentimentale, estorce denaro ad una fraudolenta venditrice di pregiate sete cinesi con qualche scheletro nell'armadio, finendo per scoprire una sconcertante verità riguardo la sua enigmatica compagna.
Quarto capitolo di una ideale quadrilogia che l'autore riesce a completare solo dopo circa trent'anni, questo racconto del sempreverde Rivette è una interdetta ed ineffabile ricognizione nei territori di un esistenzialismo metafisico che cerca di restare ancorato (e per lo più vi riesce) entro gli schemi di una dialettica teatrale autore-spettatore che si fonda sugli studiati ammiccamenti di una messa in scena divisa tra giallo e dramma sentimentale, tra i sussulti di una irriducibile passionalità e la rassegnazione ad una irrevocabile solitudine, fino al colpo di scena finale che sembra sovvertire le imponderabili leggi della vita e della morte.
Raffreddando con il suo stile asciutto ed enigmatico una scottante materia letteraria, Rivette riconduce il discorso esemplare sulla irriducibilità dei rapporti umani alla stridente contraddizione tra il dominio della razionalità che presiede alle leggi della meccanica e quello della irrazionalità che regola le fantasmatiche ed evanescenti relazioni tra realtà tangibili ed intangibili, tra amore e morte , tra memoria ed oblio fino al macabro punto di incontro in cui queste dimensioni incompatibili sembrano riconciliarsi nel tragico rintocco di un accordo isocrono, nel lugubre cigolio di una corda penzolante. Attraversato da una sommessa ironia e dalla consapevole scrittura di un artificio demiurgico ('Sono stato manipolato. Manipolato? Ma da chi? Da una donna. Le donne...'), questa indagine metafisica sulla solitudine e sulla memoria alterna momenti di una prolissa quotidianità ai sussulti di uno straniante onirismo, toccando il culmine di una singolare intensità emotiva nelle due scene d'amore che punteggiano la disperata discesa agli inferi della protagonista femminile, ora preda di caccia di un rude macellaio dal tocco di piuma, ora impavida amazzone avvinghiata al suo nemico in un ardito abbraccio d'amore e di morte. Nel tragico oblio di una inevitabile dipartita e nella muta presenza di due solitudini che si scrutano in una stanza vuota, si rivela l'estremo atto di un gesto d'amore, il senso di una presenza smarrita che ritorna tra i vivi, di una strenua speranza che non si arrende alla morte. Strardinaria coppia di attori tra il Julien di Jerzy Radziwilowicz che ricorda il disilluso Marlowe di Elliot Gould (con tanto di gatto sulla spalla) e la sensuale e magica presenza di una splendida Emmanuelle Beart quale fantasmatica reincarnazione di una ammaliante femme fatale. Storia di fantasmi francesi.
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credoindio
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giovedì 17 gennaio 2008
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amore che muore amore che nasce ...amore eterno
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Un mondo al femminile , solo loro ,le donne , sanno dare
e capire l' amore , un uomo mastro ferraio che del tempo
sonda solo la ferrea necessita' della materia , per fortuna c'è chi , su questa terra , sa farsi altare e agnello ... colori tempi immagini di un maestro indagatore dell' umano e oltre...
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francesco franci
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lunedì 10 luglio 2006
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chi è di scena?: l'ombra
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Julien e Marie, o Marie e Lulien?
In scena ci sono, l'ombra, il sogno, ovvero: l'anima. L'anima e la sua ombra, il suo doppio, nascosto, nero.
Come il "daimon" di James Hillman.
Guardi attraverso i sogni, doppi, presentati sullo schermo da Rivette, ed è possibile che ti ritorni in mente un sogno, tuo, fatto la notte prima. Tuo?. Siamo forse, proprietari dei nostri sogni, così come siamo proprietari, di una casa, di un mobile o di un vecchio orologio a pendolo?O, i sogni,sono proprietà del "mondo dei sogni", così come quell'innamoramento, non è mica mio, ma di Eros.
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nigel mansell
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venerdì 5 maggio 2006
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la bellissima beart
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La bellissima Beart da sola vale la visione del film, è una vera diva, bellissima, sensuale e anche un'ottima attrice.
Il film per noi abituati ai canonici 90-100 minuti è un pò lunghetto, qualcuno in sala si è addormentato.
Io l'ho trovato interessante e soprendente, non mi sarei aspettato una trama simile, direi gotica.
Bella l'ambientazione in una parigi autunnale, sempre un pò grigia, con le foglie morte per strada. Interessante la storia d'amore, tra lei bellissima e lui quasi informe, con le sue mani enormi rispetto all'esile corpicino della Beart.
Il messaggio finale è quasi naif, inaspettato per un regista come Rivette: l'amore può vincere tutto.
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anche questa è fatta
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lunedì 13 settembre 2004
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la storia della storia di marie e julien
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questo film è un'abilissima operazione di marketing studiata dalla Swatch per reclamizzare in modo neanche tanto subliminale la comodità degli orologi di plastica rispetto al pendolo.
grazie per l'attenzione
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