L'abbaglio |
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Un film di Roberto Andò.
Con Toni Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Tommaso Ragno.
continua»
Storico,
durata 131 min.
- Italia 2025.
- 01 Distribution
uscita giovedì 16 gennaio 2025.
MYMONETRO
L'abbaglio
valutazione media:
3,08
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Garibaldi e dintorni
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Il colonnello e i due cialtroni. La gloriosa impresa dei Mille e i suoi risvolti segreti e rivelatori. Il sogno di un'Italia diversa e l'impossibilità di cambiare gli italiani. Insomma l'idealismo, il rigore, il coraggio, anche fisico, senza cui non si può nemmeno sognare un mondo migliore. E insieme la fantasia, l'arte di arrangiarsi, la sensualità più istintiva e incoercibile, il gusto così italiano per la trovata, la scorciatoia, lo sberleffo. Il tutto dentro un episodio storico poco noto che da un racconto postumo di Sciascia, "Il silenzio", trascorre sullo schermo liberamente reinterpretato da Roberto Andò (con Ugo Chiti e Massimo Gaudioso co -sceneggiatori come in "La stranezza").
Il colonnello Orsini, figura storica, cui Garibaldi (Tommaso Ragno) ordina una manovra diversiva e forse suicida, naturalmente è Toni Servillo, qui scintillante di astratti e concretissimi furori. I cialtroni, pura fantasia, sono invece Ficarra e Picone, il primo fuochista e artificiere, il secondo baro e illusionista, finiti per caso e per necessità tra i garibaldini in un percorso che fra Quarto e la Sicilia abbraccia tappe decisive: lo scontro e la fuga, il tradimento e la (parziale) riabilitazione, l'incontro con la morte e quello con l'amore o almeno col desiderio (il lungo episodio nel convento di monache è un capitolo a sé).
Mentre tra una battaglia e un agguato il colonnello e la sua poco invincibile armata affrontano mali ende mici non solo al Sud come mafia, corruzione, ferocia. In un alternarsi di registri qua e là perfino sovrabbondante. Come se l'urgenza di dire e mostrare un'epoca carica di promesse, e così simile alla nostra, prevalesse a tratti sulla logica del racconto. Unita al desiderio di dar fondo alla bravura dei moltissimi interpreti (accanto ai protagonisti citiamo almeno Leonardo Maltese garibaldino ingenuo, Vincenzo Pirrotta protomafioso, Aurora Quattroc chi mater dolorosa). Ne escono comunque svariati momenti memorabili, su tutti il rapporto a distanza fra il colonnello Orsini e l'implacabile comandante delle truppe borboniche, lo svizzero Jean Luc Von Mechel (altra figura storica magnificamente resa da Pascal Greggory, attore caro a Rohmer e a Chéreau). Mentre Ficarra e Picone, affiancati anche qui da un'istrionica, spiritata Giulia Andò, provano una volta di più l'ampiezza e la profondità della loro tastiera in questo racconto picaresco che mescola robuste dosi di dialetto a echi boccacceschi e chapliniani. Con un epilogo quasi western a saldare e contrapporre, italianissimamente, imboscate e cannonate, principi morali e spiriti animali.
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