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Non è il solito film con gli zombi; piuttosto è un thriller psicologico, con una buona suspense ed una trama abbastanza originale e sufficientemente complessa, incentrato sul rapporto conflittuale tra gli infettati dal virus e successivamente guariti, i cosiddetti risanati, e la gente sana che non si è mai ammalata, i cosiddetti normali, sullo sfondo di una tragedia familiare.
Il film, esordio alla regia di David Freyne, con Elliot, già Ellen, Page nel ruolo di coprotagonista, si può dire il tentativo riuscito di svincolare l’horror con i mostri assatanati, affamati di carne umana, da un plot divenuto oramai convenzionale e ripetitivo, per l’abuso che nel cinema si è fatto dello stesso soggetto, dal La notte dei morti viventi di Romero in poi, per elevarlo sul piano più alto del dramma umano, basato sulla lotta interiore tra impulsi irrazionali e coscienza morale, con spunti suggestivi per una riflessione sociologica a margine sulla discriminazione dei diversi.
Freyne, pur non rinunciando alla tensione ed alle sequenze splatter tipiche del genere, riesce nella difficile impresa di realizzare un film non classificabile nella categoria dei b-movie, nella quale viceversa rientra la maggior parte dei film che hanno come protagonisti gli zombies.
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