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Siamo in Bretagna nel Golfo di Morbihan sull’Oceano Atlantico a Lorient, una cittadina di poco più di 57.000 abitanti. La città, che è anche un importante porto militare oltre che di pesca, fu quasi completamente distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, obiettivo dell’ultima missione del Boing B-17 Flying Fortress il bombardiere pesante quadrimotore usato dall’United States Army Air Forces.
Sulle spiagge di quella zona, infatti, si trovano ancora mine inesplose, infatti, Erwan (l’attore belga François Damiens) per disinnescarle ha messo su un’impresa rischiosa ma redditizia. Rimasto vedovo vive con la figlia ventitreenne (Alice De Lencquesaing), rimasta incinta quasi per caso.
“Toglimi un dubbio” è un film ispirato da una storia vera che narra le vicende di questo bretone mite e introverso che scopre casualmente di non essere il figlio biologico dell’uomo (Guy Marchand) che lo ha cresciuto e amato per più di quarant’anni. Così, mettendosi furtivamente alla ricerca del padre biologico Erwan arriva a Étel, una piccola località chiamata di poco più di 2000 abitanti, non molto distante da Lorient e dove vive Joseph Levkine (André Wilms). Incidentalmente conosce Anna (l’attrice belga Cécile de France), la dottoressa del paese, di cui s’innamora, senza sapere che anche lei è figlia di Joseph. Ed è lì che il dubbio va chiarito: Anne ed Erwan sono o non sono fratelli? Possono fare l’amore appassionatamente dietro un portone o possono andare solo a bere una birra dopo il cinema?
Da qui tutta una a serie di intrecci e circostanze buffe, di ricerca dei padri e di messa a nudo degli affetti. L’occhio di bue è quindi sulla paternità vista con tenerezza, e sugli affetti che sembrano poi non essere necessariamente quelli biologici: Erwan crede quasi di tradire suo padre Bastien, con cui ha un ottimo rapporto, per andare in cerca del suo padre biologico, Juliette pensa di poter fare a meno di un padre per sua figlia e così via. Altre tematiche toccate nel film sono: la difficoltà di accettazione dell’invecchiamento, l’accudimento degli anziani, il volontariato nei confronti dei più deboli, dei carcerati e altro.
Terzo lungometraggio della sceneggiatrice e regista Carine Tardieu, dopo “La Tete de Maman” del 2007 e “Du vent dans mes mollets” del 2012 - il film è abbastanza gradevole e si vede volentieri ma non riesce a convincere del tutto. In bilico tra commedia e dramma, il film presenta delle situazioni divertenti con varie coincidenze che però non riescono a diventare pochade; ad esempio, la situazione della dottoressa della mutua che vede vari diversi pazienti un po’ strani, poteva costituire da solo un tema di caricature grottesche, ma la regista fa vedere solo un paio di esempi e non insiste su questo versante. La famiglia Levkine che rappresenta l’impegno politico e sociale è tratteggiata quasi una macchietta: la moglie di Joseph è partita tempo prima per la Palestina lasciando figlia e marito per aiutare il mondo, lui è un ex militante di sinistra che ha partecipato a varie manifestazioni all’inizio degli anni ’60 a favore dell’Algeria mentre oggi è costretto a manifestare contro la deviazione dell’autostrada – «Eravamo solo in dodici» confessa a Erwan. Inoltre Joseph chiama i suoi cani con i nomi di dittatori (l’ultimo si chiama Pinochet) per il piacere dar loro degli ordini: seduto, vieni qui, vai di là ecc. Così “Toglimi un dubbio”non è neanche sufficientemente impegnato per essere considerato un film serio e sembra che la regista non abbia deciso fino in fondo in quale genere rientrare.
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