Ultimamente i Marvel Studios stanno lavorando davvero bene; dopo il valido Thor, esce infatti nelle sale un ottimo prodotto: Captain America: Il Primo Vendicatore, che si presenta, oltre che come un film estremamente spettacolare, con eccezionali scene di azione - rese ancora più mozzafiato da un 3D sorprendentemente efficace - anche come una pellicola con una storia ben strutturata e intrisa di messaggi impliciti e spunti per riflessioni, che sfrutta al meglio le potenzialità del fumetto originale, rispettandolo, ma, al contempo, migliorandone gli aspetti più deboli.
Azzeccata risulta la scelta di ambientare la storia durante la seconda guerra mondiale; un’ambientazione resa molto credibile, oltre che dai costumi, dai trucchi e dalle scenografie impeccabili, anche dai manifesti tipici dell’epoca per richiamare alle armi i giovani americani, uno su tutti quello dello Zio Sam, con l’indice puntato, che per la prima volta vediamo in 3D, nei titoli di coda. Molto efficace è senz’altro anche lo stratagemma ideato per sfruttare il costume indossato dall’eroe nei primi fumetti, troppo ridicolo per risultare credibile agli occhi degli spettatori di oggi, ma perfetto per esprimere la condizione di “burattino” del protagonista, il quale all’inizio viene utilizzato dal governo solo per un’imbarazzante campagna di reclutamento. Captain America nasce infatti come personaggio di spettacolo e diventa anche in quella realtà un eroe dei fumetti; ciò ci permette di assistere ad una fugace apparizione dei primi mitici numeri della testata Marvel: se questo non è geniale! Ma ancora più geniale è l’espediente narrativo ideato per ambientare ai giorni nostri un probabile sequel: una trovata che da sola eleva il film al di sopra dei suoi predecessori Marvel, con un finale in ogni caso drammatico, che esprime al meglio il senso del sacrificio che, nell’immaginario collettivo americano, costituisce una caratteristica tipica dei Marines. Perché, ovviamente, il film è anche una celebrazione dell’esercito USA, con i suoi ideali puri, che il piccolo e gracile protagonista incarna. Egli viene ripetutamente scartato dall’esercito a causa della sua costituzione fisica, ma sarà il dott. Erskine – interpretato da un sempre bravissimo Stanley Tucci – a riconoscerne le grandi doti di spirito, perché “solo i deboli conoscono il vero valore della forza”. Steven Rogers è diverso da tutti gli altri soldati spacconi, lui detesta l’esaltazione, e non vuole arruolarsi per uccidere i nazisti, ma per servire la sua patria. Sarà proprio grazie alla sua pacatezza, alla sua umiltà e alla sua bontà d’animo che verrà scelto per l’esperimento del primo super uomo dell’esercito, poiché il siero ideato dal dott. Erskine amplifica le caratteristiche della persona, quindi le buone attitudini, così come quelle malvagie del cattivo di turno, il perfido Teschio Rosso – impersonato da un impassibile Hugo Weaving – capace di superare lo stesso Hitler quanto a crudeltà.
L’America verrà dunque condotta da un grande uomo, con grandi capacità e grande spirito, il capitano ideale, che, in un periodo di crisi come questo per gli USA e dopo la perdita delle speranze riposte in Obama, si ricopre indubbiamente di riferimenti impliciti.
Prima di concludere è doveroso di fare un elogio a tutto il cast, soprattutto a Chris Evans, che con questo ruolo si spera riesca a conquistarsi un posto di tutto rispetto tra i divi di Hollywood, ingiustamente snobbato dopo le sue gradevoli performances come Torcia Umana nei due I Fantastici Quattro. Brava è anche la bella Hayley Atwell, che riesce a trasmettere impassibilità e al contempo dolcezza – fenomenale è la scena dello sparo nello scudo per provarne l’efficacia, colta da gelosia- per non parlare del grande Tommy Lee Jones, il quale, con la sua simpatica brutalità e il suo scetticismo riesce a conquistare il pubblico.
Tutto quindi appare perfetto in questa ultima rivisitazione Marvel – dialoghi, suono e musiche compresi – e non resta che sperare nella stessa qualità per i sequel e per i prossimi eroi.
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