Dr. House - Stagione 1

Un film di Deran Sarafian, Daniel Sackheim, Daniel Attias, Peter O'Fallon, Greg Yaitanes, Bryan Singer, Fred Gerber, Newton Thomas Sigel, Bryan Spicer, Frederick King Keller, Peter Medak, Guy Ferland, Nelson McCormick, Keith Gordon, Randy Zisk, Tim Hunter, Bill Johnson (IV), Paris Barclay. Con Hugh Laurie, Lisa Edelstein, Omar Epps, Robert Sean Leonard, Jennifer Morrison.
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Formato Serie TV, Titolo originale House M.D.. Drammatico, , numero episodi: 22. - USA 2004. MYMONETRO Dr. House - Stagione 1 * * * * - valutazione media: 4,40 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Dott. House, eroe moderno, e l’immagine del medico Valutazione 4 stelle su cinque

di Kobayashi


Feedback:
martedì 15 luglio 2008

Morbosamente cinico. Scostante. Scontroso. Autoritario. Al di sopra delle regole. Un vero mattatore del piccolo schermo. L’ormai presenza medica insostituibile sulle reti Mediaset: Dott. House. Interpretato dall’inglesissimo Hugh Laurie per un prodotto made in U.S.A creato dal genio di David Shore. Ci piace e ci entusiasma, ma racconta un mondo medico terribile e che, volendo, fa anche un po’ di paura. Ogni puntata è un gioco con la vita del paziente. Le diagnosi vengono fatte in un clima di macabra ilarità e per tentativi sgangherati. Il dottore ha rapporti più frequenti con l’amministrazione della sua clinica rispetto a quelli con i pazienti. E’ sadico con il proprio personale e si prende gioco dei moti di coscienza dei propri specializzandi di fronte a scelte difficili. Si sfoga dei propri handicap e della propria tristezza intraprendendo battaglie per la ricerca della verità medica condotte “in barba” alle sofferenze che vengono inflitte ai pazienti. Forse è proprio il ridicolo di tali atteggiamenti da parte di un professionista a renderlo tanto buffo e divertente. Insomma forse ci piace chi è in grado di giocare con realtà pesantissime e con la vita degli altri, riuscendo spesso a “sfangarla”, in barba ad ogni codice etico e professionale. Un bello e dannato di quelli d’altri tempi. Tant’è che la serie diverte chiunque con al sua aria farsesca e tragicomica, giocando con i concetti più reconditi legati all’animo umano, vita e morte, in maniera seducente e snobistica. E’ caricaturale nei personaggi e nei luoghi, nelle sensazioni trasmesse. Volutamente esagerata nei toni. Come e’ esagerato il protagonista. Ci piace perché ognuno di noi ha incontrato un capo sadico, un professionista pieno di se’, ma vincente, che ti provoca e ti affascina allo stesso tempo. La serie TV funziona perché abbassa il rango di medico sul piano di tutti, quello delle lotte, dei problemi e dei bisogni quotidiani. Svela che anche un medico può essere “non molto a posto”, che ha una vita, un’anima, un cuore. Che soffre. Che sbaglia e sa sbagliare. Ha problemi sul posto di lavoro che affronta giorno per giorno. Nel caso di House ha problemi ad una gamba che lo avvicinano emotivamente alla gente. Uno di cui si fatica ad avere fiducia all’inizio per l’aria scostante e l’aspetto fuori dall’ordinario (non porta il camice), ma di cui poi non si riesce a fare a meno, senza più timori. Certo si parla di una idealizzazione, visto che poi proceduralmente il comportamento del nostro primario dell’americanissimo Princeton-Plaisboro Teaching Hospital è una sequela di errori etici e morali, nonché di una impressionante superficialità nei rapporti di lavoro e nella conduzione del suo reparto. Il ritratto di un pazzo. Un pazzo geniale, però. Uno di quelli che “ … fa niente se fa una cavolata dietro l’altra, tanto è un fenomeno e … non ne possiamo proprio fare a meno … “. Ci piace perché ci fa partecipare alle sofferenze altrui con padronanza delle situazioni e con uno stile tanto schizofrenico quanto, all’apparenza, formidabile e imbattibile nelle soluzioni. E’ il medico che vorremmo come amico, ma non come terapista, uno che non ti fidi a meno che non lo conosci. E’ un bisogno dell’Italia di oggi, affastellata di tanti guai e piccoli drammi, di sfide da affrontare con umorismo, rabbia e convinzione. In barba al senso comune e al giudizio altrui. Sempre e solo con uno scopo: la vittoria. Niente lungaggini e ancora meno burocrazie. Che noie le code alle poste. Meglio stende

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