Gian Luigi Rondi
Il Tempo
I campi di concentramento visti da un bambino. Sulle orme di una storia vera, vissuta da un fisico nucleare olandese, Jona Oberski, che, deportato perché ebreo durante la guerra insieme con i genitori, ha raccontato poi quelle vicende in un libro autobiografico, Anni d’infanzia, pubblicato di recente anche in Italia. Nello sfondo non ci sono le camere a gas – nel campo sono rinchiusi solo quegli ebrei che, provvisti di un visto per emigrare in Palestina, attendono lì la fine del conflitto, pronti, in qualche caso, ad essere scambiati con dei tedeschi prigionieri degli alleati – i patimenti e gli stenti, però, sono sempre in primo piano tanto che Jona, il piccolo protagonista, perde sia il padre sia la madre, l’accento, però, proprio perché è il bambino a ricordare e a narrare, è molto spesso su cose minute, il cibo, il sonno, i carcerieri visti sempre all’altezza degli stivali, le baracche, la gente pietosa, qualche rimprovero, qualche momento di solidarietà. [...]
di Gian Luigi Rondi, articolo completo (2151 caratteri spazi inclusi) su Il Tempo 16 aprile 1993