laurence316
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venerdì 24 agosto 2018
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molto promettente, si perde col passare dei minuti
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Ritornato all'indipendenza e, di conseguenza, alle produzione a basso budget, Carpenter ha di nuovo l’occasione di lasciarsi andare alle più ardite invenzioni.
E questo film, dai presupposti per nulla da buttar via, nato da questa rinnovata spinta artistica, derivata al regista anche da una rinnovata passione per la scienza e la meccanica quantistica (in particolare, il concetto di antimateria), avrebbe potuto tranquillamente rivelarsi un nuovo capolavoro.
Gli spunti ci sono, le idee narrative e stilistiche anche (si vedano gli interessanti giochi sugli specchi), l’abilità tecnica senza ombra di dubbio (e difatti il film è capace di creare, per buona parte della durata, un eccezionale clima di tensione che non concede tregua, “un senso di angoscia che toglie il respiro” [Mereghetti]).
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Ritornato all'indipendenza e, di conseguenza, alle produzione a basso budget, Carpenter ha di nuovo l’occasione di lasciarsi andare alle più ardite invenzioni.
E questo film, dai presupposti per nulla da buttar via, nato da questa rinnovata spinta artistica, derivata al regista anche da una rinnovata passione per la scienza e la meccanica quantistica (in particolare, il concetto di antimateria), avrebbe potuto tranquillamente rivelarsi un nuovo capolavoro.
Gli spunti ci sono, le idee narrative e stilistiche anche (si vedano gli interessanti giochi sugli specchi), l’abilità tecnica senza ombra di dubbio (e difatti il film è capace di creare, per buona parte della durata, un eccezionale clima di tensione che non concede tregua, “un senso di angoscia che toglie il respiro” [Mereghetti]).
Peccato, però, che le promesse insite nell’ottima prima parte non trovino adeguata risoluzione nella seconda. Pare quasi che il regista (nonché sceneggiatore, con lo pseudonimo di M. Quatermass), ad un certo punto si sia preoccupato di essere andato troppo oltre e abbia, per così dire, “premuto sul tasto del freno”, andando sempre più in difetto di invenzioni, originalità, capacità di andare oltre gli stilemi del genere.
Preoccupato, forse, di arrivare a produrre qualcosa di troppo inusitato (o, forse, più semplicemente, in penuria di idee), Carpenter si rifugia dunque in una conclusione in forte odore di cliché, nello splatter e nelle raffigurazioni più scontate (carne in putrefazione, niente meno che visioni di Satana in persona, sangue a fiotti), e riesce ad indovinare, tolte le già citate invenzioni sugli specchi, un’unica scena, coinvolgente scarafaggi e barboni assettati di sangue.
Per il resto, si affloscia sulla risoluzione della trama più scontata.
Avrebbe potuto rivelarsi veramente “uno dei migliori e più spaventosi horror di tutti gli anni Ottanta” (idem), peccato che, così com’è stato realizzato, non lo sia. E non sia nemmeno uno dei migliori film del regista.
Più efficace ed evocativo il titolo originale, letteralmente “Il principe delle tenebre”. 2° capitolo di quella che il regista stesso definisce la propria “Trilogia dell’Apocalisse”, preceduto dal ben più riuscito La cosa (1982), e seguito dall’altrettanto ben più riuscito Il seme della follia (1994).
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iuriv
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giovedì 8 ottobre 2015
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liquido assassino.
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Carpenter sceglie come tema filosofico di questo film il conflitto tra religione e scienza, tentando di mantenersi equidistante tra le due posizioni. La scelta di introdurre un dibattito così potente in un horror da un'ora e mezza mette in luce il grande problema della pellicola, ovvero i dialoghi arrampicati che i protagonisti sono costretti ad affrontare.
Il regista statunitense sembra consapevole del pericolo che si annida tra le pagine della sua sceneggiatura e decide di affidare ai due anziani del gruppo il ruolo dei saggi, lasciando loro il compito di sviscerare le tematiche della storia. Così mentre Pleasance e Wong si complicano la vita con improbabili teorie, il resto della truppa è disponibile a farsi scannare dall'entità liquida che rappresenta il cattivo del film.
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Carpenter sceglie come tema filosofico di questo film il conflitto tra religione e scienza, tentando di mantenersi equidistante tra le due posizioni. La scelta di introdurre un dibattito così potente in un horror da un'ora e mezza mette in luce il grande problema della pellicola, ovvero i dialoghi arrampicati che i protagonisti sono costretti ad affrontare.
Il regista statunitense sembra consapevole del pericolo che si annida tra le pagine della sua sceneggiatura e decide di affidare ai due anziani del gruppo il ruolo dei saggi, lasciando loro il compito di sviscerare le tematiche della storia. Così mentre Pleasance e Wong si complicano la vita con improbabili teorie, il resto della truppa è disponibile a farsi scannare dall'entità liquida che rappresenta il cattivo del film.
Carpenter punta le sue carte migliori sulla tensione, abbassando il ritmo il più possibile e caricando l'atmosfera con una musica (composta dallo stesso regista) in grado di coinvolgere e sostenere le azioni sullo schermo. Il film cattura lo spettatore, lasciandogli come sfogo solo le brevissime sequenze in cui il mostro in qualche modo si manifesta.
E' una tecnica che ha i suoi rischi, ma il vecchio John non è nato ieri e sa benissimo dosare il mixer emotivo. Batte strade conosciute, rispolverando i classici assedianti e la fusione tra realtà e dimensione onirica. Il risultato è una pellicola che si lascia guardare e che mantiene una sua coerenza fino al finale aperto.
L'impressione, al termine della visione, è quella di aver assistito a un buon horror, costruito su basi abbastanza solide, seppur minato da una certa tendenza a voler caricare un po' troppo di argomenti la storia. Il tema dello scontro tra materialismo e spiritualità, il desiderio di fornire alla fisica quantistica una dose di esoterismo, il fatto che non sempre chi dice le cose dovrebbe farlo e una certa laboriosità nell'incedere dei dialoghi, sono fattori che penalizzano la riuscita generale di un lavoro che forse chiede un filo troppo a se stesso.
Inoltre la meccanica narrativa legata alle possessioni sembra essere utilizzata da Carpenter un po' come gli comoda, lasciando dietro di se il dubbio su come effettivamente il temibile liquido verde agisca. Ma non è un particolare che pregiudica particolarmente la visione, visto che comunque a importare davvero è la motivazione che spinge questo blob.
Al di la dei vari inciampi di sceneggiatura, comunque, grazie alla sua mano calda il regista americano porta a casa un'opera più che dignitosa, forse non la più riuscita della sua cartucciera, ma comunque godibile per tutta la sua durata.
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movieman
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martedì 18 febbraio 2020
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il demonio oltre lo specchio
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La seconda metà degli anni 80 fu un periodo cruciale per la carriera di John Carpenter. All’epoca il regista stava ancora subendo le conseguenze di una serie (immeritata) di fiaschi commerciali che avevano minato la fiducia delle grandi case di produzione americane nei suoi confronti. Abbandonate le grandi produzioni, Carpenter tornò alla regia di film dai costi più contenuti e ai quali appartiene questo “Il signore del male”. Anzi, non si limitò a dirigerlo: scrisse (sotto pseudonimo) anche la sceneggiatura e compose, insieme ad Alan Howarth, la splendida e angosciante colonna sonora.
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La seconda metà degli anni 80 fu un periodo cruciale per la carriera di John Carpenter. All’epoca il regista stava ancora subendo le conseguenze di una serie (immeritata) di fiaschi commerciali che avevano minato la fiducia delle grandi case di produzione americane nei suoi confronti. Abbandonate le grandi produzioni, Carpenter tornò alla regia di film dai costi più contenuti e ai quali appartiene questo “Il signore del male”. Anzi, non si limitò a dirigerlo: scrisse (sotto pseudonimo) anche la sceneggiatura e compose, insieme ad Alan Howarth, la splendida e angosciante colonna sonora. Inoltre, per questo film Carpenter tornò a lavorare con il grande Donald Pleasence dopo “Halloween la notte delle streghe” e “1997: fuga da New York”.
La trama, molto più provocatoria di quello che a prima vista non sembra, racconta l’apocalittica vicenda di un gruppo di studiosi che, su richiesta di un prete (Donald Pleasence, appunto), cerca di scoprire il mistero che si nasconde fra le mura di una chiesa abbandonata di un sobborgo di Los Angeles, dove una misteriosa setta ha custodito, nel corso dei secoli, un enorme contenitore di metallo contenente un misterioso liquido verdastro che sembra addirittura vivo. Il gruppo, compresa l’importanza di questa scoperta, decide di lavorare, a ritmo incessante, fra le mura della chiesa. Nel frattempo, intorno a questi personaggi, cominciano a succedere fatti molto allarmanti: strani cambiamenti avvengono nel cielo, mentre un gruppo di barboni posseduti da una forza malefica (capitanati da un Alice Cooper veramente inquietante: è un personaggio che non apre mai bocca, ma i suoi silenzi sono carichi di minaccia) si dimostra intenzionato ad uccidere chi, fra gli sfortunati studiosi, prova ad uscire dalla chiesa. Ben presto gli studiosi scoprono che la sostanza verdastra chiusa nel contenitore è un’emanazione diabolica e che Satana sta preparando il suo dominio nel nostro mondo. Ovviamente, da quel momento in poi le cose diventeranno molto, molto difficili (e anche un poco mortali e truculente) per i nostri sfortunati protagonisti.
Con la trama mi fermo qui. Questo è un film che divide, forse più di tutti gli altri, gli ammiratori di John Carpenter: non è il suo film più riuscito, ma è uno dei più riusciti e affascinanti. Si fa prima a a parlare delle pecche, tutto sommato accettabili: la sceneggiatura a volte si perde nel tentativo di dover spiegare troppe cose (vengono chiamati in causa i tachioni, i messaggi dal futuro, i sogni, eccetera) e, qualche volta, gli effetti speciali creati per le scene più sanguinarie non sono proprio originalissimi e sfiorano perfino il grottesco. Tolte queste cose, rimane ciò che è ammirevole.In primo luogo, questo è un horror che ha comunque delle idee: spoglia di sacralità tutti gli armamenti di questo tipo di cinema (qui ci sono possessioni diaboliche e preti, ma non esorcismi) trasforma la minaccia demoniaca in un orrore davvero cosmico e, come tutto il resto del cinema di Carpenter di quegli anni (perfino, sia pur a suo modo, “La cosa”) insiste sul concetto che la salvezza può (forse) venire soltanto dallo spirito di gruppo e dal sacrificio di qualcuno. In secondo luogo, questo film si avvale di un’ottima fotografia che trasforma in elementi disturbanti colori apparentemente caldi e che donano le giuste e tenebrose atmosfere alle gotiche scenografie (ma anche gli esterni, con quel cielo che non promette mai niente di buono, non scherzano!). Infine, fra le tante teorie piegate alla trama di questo film, ce n’è almeno una che, in questo contesto, diventa affascinante (quella sulla materia e l’antimateria usata come una metafora dello scontro tra il Bene e il Male) e che trova il suo sbocco in alcune sequenze (queste sì curate con effetti speciali artigianali e affascinanti, altro che il liquido verde e la testa mozzata!) dove, al centro di esse, ci sono gli specchi e dove, in un’altra dimensione e dall’altra parte delle superfici riflettenti (chi ha visto il film sa di cosa sto scrivendo), si nasconde il demonio.
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failips
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venerdì 1 marzo 2013
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non il miglior carpenter ma comunque buon horror
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Considerato uno dei capolavori di Carpenter da molti ma non da tutti...onestamente per quanto mi riguarda è un buon film horror ma sicuramente non tra i migliori del buon regista. Il film parte fin troppo lento e nonostante l'idea iniziale sia molto interessante e con molti spunti di riflessione, alla fine tutto appare un pò troppo confusionario. I personaggi sono poco convincenti (forse anche a causa della recitazione) e i dialoghi a volte inutili o poco sviluppati. Nonostante tutto però una musica veramente d'atmosfera prodotta dallo stesso Carpenter riesce a dare un senso di angoscia e terrore dal primo minuto del film. Qualche bella scena horror e una storia comunque interessante rendono questo per tutti gli appassionati del genere un film da vedere assolutamente.
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Considerato uno dei capolavori di Carpenter da molti ma non da tutti...onestamente per quanto mi riguarda è un buon film horror ma sicuramente non tra i migliori del buon regista. Il film parte fin troppo lento e nonostante l'idea iniziale sia molto interessante e con molti spunti di riflessione, alla fine tutto appare un pò troppo confusionario. I personaggi sono poco convincenti (forse anche a causa della recitazione) e i dialoghi a volte inutili o poco sviluppati. Nonostante tutto però una musica veramente d'atmosfera prodotta dallo stesso Carpenter riesce a dare un senso di angoscia e terrore dal primo minuto del film. Qualche bella scena horror e una storia comunque interessante rendono questo per tutti gli appassionati del genere un film da vedere assolutamente.
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taniamarina
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sabato 24 luglio 2010
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carpenter ha fatto di meglio
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E' un film indubbiamente datato. La risonanza che hanno avuto nella gente di strada tematiche come meccanica quantistica, antimateria, principi di indeterminazione etc, vengono usate furbescamente in questa pellicola che gode di un'atmosfera davvero azzecata, con un Alice Cooper che, a mio avviso, incide più di quello che si sperava. Ma i punti deboli, a mio avviso, sono una pesantezza cronica nell'evidenziare scene di paura, e dialoghi che proprio non funzionano. Sprazzi di grande genialità qua e là hanno permesso a questo film di passare come cult dell'horror. Carpenter ha fatto di meglio, lavori sinceramente più onesti intellettualmente
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