Tenebre

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Un film di Dario Argento. Con Giuliano Gemma, Anthony Franciosa, Daria Nicolodi, John Saxon, John Steiner.
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Thriller, durata 99 min. - Italia 1983. MYMONETRO Tenebre * * * - - valutazione media: 3,16 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Dal rasoio all''ascia Valutazione 5 stelle su cinque

di Tom Cine


Feedback: 4170 | altri commenti e recensioni di Tom Cine
domenica 25 ottobre 2020

  Quando, nel 1982, Dario Argento tornò dietro la macchina da presa, dopo le parentesi horror di “Suspiria” e “Inferno”, decise di realizzare  un nuovo thriller. Il risultato è uno dei suoi film più belli e particolari, “Tenebre”. 

  Di cosa parla “Tenebre”? E’ la storia di uno scrittore, Peter Neal, che giunge a Roma per la presentazione dell’edizione italiana del suo ultimo thriller (“Tenebre”, appunto: sulle copertine del volume è scritto in latino). Una volta messo piede nella capitale, fa la conoscenza di un funzionario della polizia, il capitano Germani, che lo informa della presenza, in città, di un serial killer che uccide ispirandosi al suo ultimo libro: l’ultima vittima è una cleptomane che aveva appena rubato il suddetto romanzo. Peter decide di indagare: ovviamente, i sospetti e i delitti si moltiplicano. Le vittime sono donne che il folle giudica perverse, ma ben presto la storia si complica e, dopo il rasoio usato nei primi omicidi, fa la sua comparsa in scena una ugualmente letale ( ma più devastante ) ascia.

“Tenebre” è un film spartiacque: Argento si liberò, proprio con questo film, di tutto il barocchismo e i colori innaturali di quasi tutte le opere precedenti, avvicinandolo maggiormente alle atmosfere più realistiche dei suoi primi lavori ma con un’oncia di violenza in più. Se, da una parte, “Tenebre” è libero da qualsiasi riferimento all’horror e al gotico ( generi che avevano già “contaminato” il film più celebre del regista, “Profondo rosso”,  per poi essere apertamente affrontati in “Suspiria” e “Inferno”), dall’altra esaspera, infatti, la violenza grafica di tutte le opere precedenti  con un film molto più sanguinario: “Tenebre” presenta una lunga serie di ammazzamenti che si susseguono quasi senza sosta, e che, nel corso della storia, diventano sempre più efferati  fino all’apoteosi finale. E’ significativo, in questo senso, anche l’abbandono  graduale del rasoio (che avrà, comunque, un ruolo burlesco nella seconda parte), arma onnipresente nei primi film,  che viene infine sostituito con un’ascia: è un “segno” dei tempi in cui questo film uscì, dove la rappresentazione sanguinosa di morti e omicidi, nel cinema “di genere” italiano, era diventata assai più cruenta rispetto anche a quanto si era già visto nel decennio precedente. “Tenebre” è, in tutto e per tutto, un film con il quale Argento abbandonò l’estetica gotica di alcuni dei  suoi film precedenti (“Profondo rosso”, “Suspiria” e  soprattutto “Inferno”) per calarsi negli anni Ottanta, cominciando dalla splendida colonna sonora ( opera di Morante, Pignatelli e Simonetti ), ricca di sonorità elettroniche e pop w includendo, infine personaggi  dalla vita sessuale più libera. Particolarmente spiazzante è la superba fotografia di questo film che, in controtendenza con molti dei precedenti film di Argento ( con le eccezioni de “L’uccello dalle piume di cristallo” e “Quattro mosche di velluto grigio” ), fa un largo uso di colori chiari ( e del bianco in particolare ) per esaltare il rosso del sangue e, quindi, i passaggi più violenti. Comunque, a parte la costruzione ineccepibile dei momenti “forti” e della tensione, “Tenebre” è un signor film e non è nemmeno privo di ritmo e di sottile ironia. La sceneggiatura è (una volta tanto) migliore del solito e bisogna rivederlo più volte per comprendere quanto i pezzi del puzzle sono incastrati piuttosto bene fra di loro, con una perfezione che Argento non saprà più replicare in seguito, mentre le scenografie riescono a restituire, allo spettatore, un’inquietante sensazione di malessere strisciante presentando interni troppo grandi, troppo lindi ( e proprio per questo molto predisposti ad essere imbrattati di sangue ) e troppo vuoti. Il cast svolge, nel complesso, bene il suo lavoro (bisogna, comunque, precisare che alcuni interpreti sono doppiati). Infine, la ciliegina sulla torta è il finale: è uno dei più sorprendenti, disturbanti ,catartici, inquietanti  e insoliti di tutto il cinema di Dario Argento.

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