La signora della porta accanto

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Un film di François Truffaut. Con Henri Garcin, Fanny Ardant, Gérard Depardieu, Roger Van Hool.
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Titolo originale La femme d'à côté. Drammatico, durata 106 min. - Francia 1981. - Cineteca di Bologna uscita lunedì 5 febbraio 2024. MYMONETRO La signora della porta accanto * * * 1/2 - valutazione media: 3,70 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Tragico svolgimento d'una passione senza speranza. Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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giovedì 16 febbraio 2017

 

LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO (FR, 1981) diretto da FRANçOIS TRUFFAUT. Interpretato da GéRARD DEPARDIEU, FANNY ARDANT, HENRI GARCIN, MICHèLE BAUMGARTNER, VéRONIQUE SILVER, ROGER VAN HOOL

Alla periferia di Grenoble vive Bernard Codret, pilota di barche trentaduenne felicemente sposato con la ricercatrice scientifica Arlette, da cui ha avuto il figlioletto Thomas. La sua vita procede tranquilla finché la casa di fianco alla loro non viene affittata dal controllore di volo Philippe Bochard e da sua moglie, l’illustratrice di libri per bambini Mathilde. E proprio Mathilde, otto anni prima, è stata l’amante di Bernard: conosciutisi da giovanissimi, hanno vissuto insieme una storia d’amore tormentata e ricca di incomprensioni che ha reso entrambi insoddisfatti e sofferenti quando ormai si concluse. Ora che entrambi hanno un nuovo partner e che non si vedono da tanto tempo, l’antico amore riesplode all’improvviso e sono ambedue ad un bivio: continuare a vivere serenamente la nuova esistenza o disseppellire dalle ceneri la vecchia passione e consumarla una volta per tutte? Incontrandosi di nascosto in un albergo di Grenoble, invitandosi reciprocamente a cena insieme al marito di lei e alla moglie di lui e giocando partite a tennis nel circolo della simpatica Odile Juve (colei che apre la narrazione del film al principio e la chiude nel finale), l’uomo e la donna riescono per qualche tempo a far passare la loro rinata relazione sotto silenzio… finché Bernard, stanco delle bugie e dei tradimenti, alla festa che preannuncia il viaggio di nozze di Philippe e Mathilde, non perde la pazienza e, tramite una reazione aggressiva, rivela tutto. Durante il viaggio di nozze, Philippe confessa tutta la sua delusione alla consorte e le impone di cambiare casa e trasferirsi in un appartamento a Grenoble. La donna, che sta collezionando successi sul lavoro grazie a dei disegni molto belli, ma è sempre più distrutta e depressa sul piano sentimentale, ha un esaurimento nervoso e deve essere ricoverata in clinica. Philippe chiede allora a Bernard di andarla a trovare, e il barcaiolo, mosso a pietà, accetta, ma obbliga l’ex amante a chiudere definitivamente la loro storia. Che avrà un tragico e sanguinoso epilogo. Personaggi che si muovono parallelamente a Bernard, Mathilde, Philippe e Arlette sono la matura Odile Juve, la cui vicenda personale ha molto a che fare con la tematica amorosa della trama: vent’anni prima dello svolgimento narrativo, innamorata di un uomo che fuggì in Nuova Caledonia abbandonandola malamente, lei si buttò di sua spontanea volontà giù dal settimo piano d’un palazzo, e soltanto una vetrata lì presente riuscì ad ammortizzare la caduta e salvarle la vita, dunque la sua conoscenza delle sofferenze per cause emotive e sentimentali è molto ampia e adeguata a capire nel profondo la difficile e travagliata passione che infiamma Bernard e Mathilde, fino a risultare fatale per tutti e due. Il più bel film dell’ultimo Truffaut (fu la sua penultima regia). Animato da una colonna sonora quasi inesistente come la stragrande maggioranza dei prodotti del cinema francese (e di Truffaut in particolare), racconta verità toccanti ma pur sempre scottanti sull’amore, descrivendolo come un corredo enorme di sentimenti che, più che avvicinare fra loro un uomo e una donna e decretare un miglioramento umano nei loro animi, li fa precipitare nell’abisso della negatività, troncandone i buoni propositi e dando vita ad un fuoco che brucia incessantemente fino ad incenerire quanto ci può essere di onesto, gradevole e ammissibile. Non a caso la storia si svolge a Grenoble, città della Francia centrale che diede i natali a Stendhal. L'alchimia fra Dépardieu e la Ardant è meravigliosa. Lei ancora un po’ acerba e digiuna del cinema che conta, ma già proiettata verso la piena valorizzazione del suo magnifico talento recitativo, lui già fortificato dalle eccellenti prove artistiche precedenti fornite in Novecento (Bernardo Bertolucci, 1976), Ciao maschio (Marco Ferreri, 1978) e L’ultimo metrò (dello stesso Truffaut, 1980), e qui consacrato in modo decisivo nella sua incontestabile posizione di attore di spicco del cinema d’oltralpe. Il migliore dei personaggi secondari è la gestrice del circolo tennistico di V. Silver: donna che ha vissuto la vita, esperta, dal forte senso pratico e dominata da un saggio altruismo, meritava forse uno spazio maggiore in quanto voce narrante dell’opera, ma il suo affiancamento ai due protagonisti rimane comunque una scelta alquanto azzeccata di una sceneggiatura che non perde un colpo, non aggiunge nei dialoghi una battuta di troppo e predilige i toni accesi pur mantenendo contemporaneamente una lucidità descrittiva e, paradossalmente, anche una certa pacatezza nella distensione dei moventi contrastanti che spingono i due personaggi principali a rispolverare un amore che credevano ormai morto e dimenticato. A suo modo, è anche un film d’amore hitchcockiano, per come prepara con accuratezza la tensione scena dopo scena, fino al momento del duplice sparo che pone termine ai dolori di Bernard e Mathilde: un veicolo congegnato a dovere che inietta nella pellicola anche alcuni elementi tradizionali del thriller. Inoltre, l’amore viene visto nell’ottica della quotidianità: un’ulteriore decisione che lo impreziosisce di un salubre realismo e lo rende un prodotto appetibile a molti spettatori, e soprattutto un capolavoro di gran classe e stile eccezionale.

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