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Il film è del 1970, dunque di un'epoca "calda", più calda, decisamente, di quella in cui viviamo: Anche Sergio Corbucci, dunque, si era lasciato un po'contagiare dallo"spirito del tempo", non rinunciando a metaforizzare temi quali rivoluzione(qui è rappresentata quella messicana di Diaz, Madero, Zapata, ma ci si riferisce ad altro), lotta armata e/o nonviolenta, coereneza tra fini e mezzi, molto altro, in questo film, dove un cinico come il"pinguino"(Lo Svedese, che è invero Franco Nero, alias Sparanero, il suo vero nome poco adatto al cast e al set)si convertià, in modo un po'baldanzoso, alla rivoluzione, intonando l'inno del titolo... senza cantarlo, Thomas Milian è un"Vasco"decisamente convincente(nel suo carnet non c'è solo il Monnezza), Fernando Rey è un rivoluzionario atipico e"altro", complessivamente nonviolento al massimo, anche nei confronti degli animali(una tematica, allora, poco sentita, non fosse stato per sparuti allievi di Gandhi e Capitini, di Luther King, per fare solo pochi nomi). NOn tutto convince, per troppe ellissi e allusioni poi"sprecate", ma il risultato non è indegno di un recupero, anzi. Presentare(come si è fatto)il film al festival di Venezia ha un senso, se
lo si contestualizza, associando ad altri film con Milian(ma non solo)"rivoluzionario"e con il film forse più efficace e precedente di qualche anno, "Requiescant"di Carlo Lizzani con Pier Paolo Pasolini interprete di un prete rivoluzionario(quasi un Camilo TOrres, un teologo della rivoluzione), capostipite degli"spaghetti-western politici". QUalche bella inquadratura, qualche momento effiace, nel film. Forse Milian, poco tenero con Corbucci, era stato un po'troppo duro. El Gato
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