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Il boss Anjo fugge con 100 milioni di yen; sulle sue tracce viene sguinzagliato, con la sua gang, il folle e masochista Kakihara, il quale per i suoi metodi poco ortodossi (per usare un eufemismo) viene estradato dal sindacato della yakuza di Shinjuku. Contemporaneamente l’ambiente malavitoso è decimato dai deliranti attacchi omicidi di Ichi, ragazzo complessato e psicotico, la cui debole psiche è traviata e sconvolta da un misterioso manovratore; Ichi inoltre si incolpa di non aver tempo addietro salvato una ragazza stuprata da dei bulletti. Al corrente delle gesta di Ichi, Kakihara farà di tutto per trovarlo, conscio di aver trovato un rivale alla sua altezza per determinazione e ferocia.
Film violento e controverso, tratto da una manga di Hideo Yamamoto e diretto dal regista giapponese Takashi Miike. Il personaggio inquietante di Ichi è oscurato da Kakihara, un maestro del sadismo e della tortura; entrambi i protagonisti tuttavia sono accomunati dall’essere, alla loro radice, due perdenti: Ichi è un fallito, un ragazzo da curare, violento e delicato, angelo e demone, che agisce con inconsapevole violenza e mascherata crudeltà tanto che lo spettatore non potrà non provare pena per lui; Kakihara è un mistico all’incontrario, alla ricerca di un dolore assoluto, di una commistione sovrana fra piacere e dolore che paradossalmente unisce lui e le sue vittime e che è destinata a rivelarsi fallimentare, alla ricerca di una pace estrema e celestiale e al tempo stesso inconcludente; una ricerca che avrà il suo culmine nella struggente e poetica scena finale in cui Kakihara si perforerà con due spuntoni i timpani in modo da non sentire più nulla: al massimo della violenza, alla saturazione totale Kakihara evade da una realtà insoddisfacente come insoddisfacenti sono le torture che realizza sulle vittime, elaborate, ma finite, destinate a concludersi, chiudendosi nel totale silenzio. La sua ricerca di un perverso assoluto coinciderà, alla fine, con la morte.
Il film nel complesso è ben realizzato, gli effetti speciali sono pregevoli e accurati e la prova corale degli attori è ottima: su tutti svettano la figura di Kakihara (non deve trarre in inganno il titolo del film, sulla locandina del film è lui a essere raffigurato) e di Ichi. La violenza eccessiva, a volte parossistica, ma mai fine a se stessa(per certi versi simile a quella dei film di Tarantino, anche se più aspra), le tematiche forti e il modo in cui sono trattate le donne lo rendono un prodotto non adatto a tutti.
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