Dolls |
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Un film di Takeshi Kitano.
Con Miho Kanno, Hidetoshi Nishijima, Iatsuya Mihashi, Chieko Matsubara
Drammatico,
durata 113 min.
- Giappone 2002.
MYMONETRO
Dolls
valutazione media:
3,86
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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martedì 6 luglio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Kitano diletta in maniera gargantuesca tanto i suoi intendimenti sensitivi quanto il suo stesso spirito composto e coagulante in contatto ed anelito dell'anima nella sì prolissa e languida tracciazione del movimento toccante e sinuoso dei corpi, i quali, in qualità di inevitabilità delle possibili relazioni instaurantesi fra loro, spezzano, letteralmente, i legami unenti le altrui sembianze e peculiarità personali, in modo tale da causare un abbattimento psico-morale dell'essere coinvolto in cotanto processo di disgregazione-aggregazione.La sineddoche portante inserta dall'immagine delle bambole può facilmente ricollocarsi in uno stato di "antonomasia della soggiacenza", per quanto concerne le storie degli uomini e dei loro sentimenti tratti in considerazione, poichè non indicano e non limitano semplicemente l'abusata e famosa "maschera tragica" dell'inquietudine dell'esistenza ( le oneirasi della ragazza che ha perso il senno), ma è soprattutto elemento cardinale della medesima immobilità dell'ombra dell'"Io", vincolato non dalla mediana passione erotica che, come in una composizione alchemico-musicale, rende ogni cosa armoniosa, ma dal rimorso scaturito dalla pietà nei confronti dei nefandi gesti compiuti, dacchè dettati dall'incoscienza ed inconoscenza sia del prossimo, che, in particolar modo, di se stessi.E' per l'appunto questo uno dei tasselli più fondamentali della comprensione del cinema kitaniano: l'eterna e mai finita ricerca, il viaggio podo-mentale cui si apprestano i personaggi delle sue opere ("L'estate di Kikujiro") entro la cui determinatezza spazio-temporale va a porsi e rivelarsi la semiologia maggiormente profonda e ignorata del senso uguale della vita.La rottura del filo intercorrente nell'intreccio delle avversioni e delle melanconiche ed appassionate inversioni, senza sottintesi inganni procurata e dalle une e dalle altre, è il segno in-confutabile e necessario di una regressiva-successiva ricollegazione, talvolta interrottasi su un piano d'inizio affettivo ( il tradimento e l'insensatezza), ma, pur sempre, circostante la singola dimensione dell'individuo, tenuto in pendenza, sospeso manifestamente, fra i recordi dei suoi attimi vitali.Veramente reali, infine, gli ultimi fotogrammi del film, in cui i protagonisti principali, dopo essersi sostituiti metafisicamente alle bambole addotte sin dalla prima scena, nella tragica dinamica del continuo ribaltamento d'identità della loro esposizione comportamentale ritrovano, questa volta del tutto chiaramente e finalmente, ciò di cui erano andati in cerca: l'amore.
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