Confidenza |
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Un film di Daniele Luchetti.
Con Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 136 min.
- Italia 2024.
- Vision Distribution
uscita mercoledì 24 aprile 2024.
MYMONETRO
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Si può fare?
di Nestor Kramig CaffyFeedback: 120 | altri commenti e recensioni di Nestor Kramig Caffy |
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giovedì 12 settembre 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Si può fare? Si può basare un film, a partire dal suo titolo, su una suspense che, probabilmente, è la prima forza di attrazione del pubblico, per poi non svelare, sia (forse troppo banalmente) alla fine o in un momento precedente? Non lo so. Io so che in rete, con la ricerca più convenzionale sul motore più usato, tra i primissimi argomenti di discussione e tra i primissimi interrogativi relativi a questo film e al suo titolo esce la domanda «Qual è il segreto di Pietro Vella?», e le risposte fanno quello che possono: interpretano, in assenza di un dato oggettivo. So anche che altri film che ho visto giocare su una suspense analoga o affine, molto cerebrale, non immediata, affibbiata agli spettatori all'inizio e poi contornata da tanto altro di narrativo o di onirico, non svelano il segreto per cui siamo rimasti in ballo fino alla fine: qualcosa o molto di David Lynch, certamente Mulholland Drive e Strade perdute, forse anche il Niente da nascondere di Hanecke. So anche che tanta parte dell'arte moderna, dal Novecento ai giorni nostri, può giocarti questo scherzo e forse addirittura averlo come postulato: «arrangiati, devi interpretare tu, devi trovartelo da solo il segreto nascosto nell'opera, il significato». So però anche che un film quasi unanimemente ritenuto (forse il quasi è superfluo) tra i migliori, o i più importanti, della storia dell'umanità, che un mistero simile o segreto che dir si voglia prende a fondamento, o almeno a pretesto, per una narrazione rimasta leggendaria, alla fine lo dice, cos'era quel «Rosebud». E questo suo finale che svela non svilisce il capolavoro, non delude le attese e non fa pensare che sarebbe stato meglio rimanere senza sapere, come sarà per tutti coloro che vivono dentro quella storia. Certo, era il 1941, e Quarto potere era concepito per un pubblico americano, abituato già da allora a prodotti di confezione compiuta e impeccabile, e senza troppa cerebralità all'europea, ma Orson Welles i suoi connazionali aveva già ampiamente dimostrato di volerli e poterli tranquillamente spiazzare e sbeffeggiare. Ma ci sarà un motivo, oltre al valore assoluto, se quasi nessuno discute Quarto potere e invece gli esempi che ho fatto sono oggetto di giudizi contrastanti. Io credo che un motivo tra gli altri possa essere questo: se fai un film basato su una causa di suspense (e naturalmente corredato di molto, molto altro), poi non la appaghi mai col relativo disvelamento, potresti essere un genio del marketing, che già ha messo in agenda uno o due sequel e forse anche una serie tv, e con questo espediente prolunga la suspense trasformandola in una fidelizzazione dell'utente (torniamo a Lynch e al fenomeno «Chi ha ucciso Laura Palmer?»); oppure non sapere nemmeno tu quale sia questo segreto inconfessabile, e avere quindi grosse difficoltà col finale del film, soprattutto se chi lo sceneggia insieme a te è Francesco Piccolo, che a me non piace per certe cose che scriveva dai tempi dell'«Unità». Il libro di Starnone da cui è tratto non lo conosco, e immagino che sia lì il peccato originale, che attenua le colpe dei due sceneggiatori, per carità. Poi c'è un'altra possibilità, forse la più realistica: non importa quale sia il segreto inconfessabile, fatevene tutti una ragione, importa che ci sia un segreto inconfessabile che potrebbe distruggere un uomo se confessato; quale sia nello specifico, ecco, decidetelo voi, perché questa è arte moderna, il pubblico vi partecipa come autore e decida liberamente se Pietro Vella ha stuprato qualcuno, non si è mai laureato, non ha l'abilitazione per insegnare, oppure è un serial killer… Ha fatto qualcosa di indicibile, tanto basti, quindi a decidere si va anche per gradi, scartando qualli che poi saranno giudicati peccati veniali. Su questo fatto non specificato, ma pur sempre fatto, ruota il film come riflessione sulle personalità più problematiche, viziate da eccessi di narcisismo o mediocrità, incapaci di calarsi nella normalità che può proporre il vivere, e gioca la capacità del regista di delineare i personaggi e i rapporti tra loro. Forse è più criticabile questo del tiro mancino di non svelare il segreto: anche se gli attori sono capacissimi nel mettere in scena soggetti non standardizzati attraverso una recitazione molto realistica, fatta di tic, espressioni facciali e movenze che non citano altri modelli ma sembrano invece un prodotto originale di quest'opera e dei suoi interpreti (pregio maggiore di Confidenza; del resto mi pare che Federica Rosellini sia esordiente, forse non ha difficoltà a essere sé stessa per apparire come appare il suo personaggio, e Germano è un attore coi fiocchi e non ha difficoltà a recitare per apparire come deve apparire il suo personaggio), trovo incompiuta proprio la storia, a tutti i livelli, quello narrativo e quello formale. Certi contrasti tra quel che viene immaginato e quel che accade invece realmente non mi sembrano venuti bene; i salti narrativi all'indietro, piano temporale preponderante, mi sembrano tutto sommato più vicini ai sontuosi e sapienti flashback di Quarto potere che ai voli onirico-pindarici di Lynch. Forse Luchetti è più bravo quando confeziona una storia compiuta (penso a I piccoli maestri), finale e disvelamenti del caso compresi, che quando tenta l'analisi profonda di personalità e relazioni a partire da un espediente da thriller.
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