gianni lucini
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martedì 20 settembre 2011
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un conflitto generazionale rovesciato
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In Colpire al cuore il primo elemento che balza all’occhio è il rovesciamento dell’impostazione classica con la quale il cinema ha raccontato i conflitti generazionali. Fin dagli anni Cinquanta lo schermo mostra le azioni più o meno eversive o provocatorie della “gioventù bruciata” che tenta di infrangere l’ordine costituito presidiato dall’autorità quasi sempre incarnata dal padre, in ossequio al modello patriarcale. Gianni Amelio ribalta l’impostazione disegnando un padre rivoluzionario che appoggia e collabora attivamente con un’organizzazione eversiva cui si contrappone un figlio quindicenne conservatore e amante dell’ordine costituito al punto da farlo arrestare.
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In Colpire al cuore il primo elemento che balza all’occhio è il rovesciamento dell’impostazione classica con la quale il cinema ha raccontato i conflitti generazionali. Fin dagli anni Cinquanta lo schermo mostra le azioni più o meno eversive o provocatorie della “gioventù bruciata” che tenta di infrangere l’ordine costituito presidiato dall’autorità quasi sempre incarnata dal padre, in ossequio al modello patriarcale. Gianni Amelio ribalta l’impostazione disegnando un padre rivoluzionario che appoggia e collabora attivamente con un’organizzazione eversiva cui si contrappone un figlio quindicenne conservatore e amante dell’ordine costituito al punto da farlo arrestare. È un dramma che attinge alla complessità della tragedia classica anche se la dinamica degli eventi ha l’incedere apparente del giallo, con Emilio che un po’ sulla falsariga di David Hemmings in Blow-up, scatta fotografie destinate a diventare determinanti nel destino di tutti i protagonisti. Fin dalle prime scene, quando Dario corre nel parco e fatica a stare accanto al figlio che invece pedala sulla sua bicicletta, i due faticano a muoversi insieme pur essendo così simili da sfogare la tensione costruendo entrambi castelli di carta prima dell’incontro più violento, quello che avviene dopo la fuga da casa di Emilio. Non c’è un punto d’incontro tra i mondi interiori cui appartengono. Dario ha un’idea “democratica” dell’educazione e vuole regalare al figlio la capacità di interrogarsi, di affrontare la complessità della vita senza pretendere risposte definitive. Emilio, invece, ha bisogno di certezze incrollabili, di schemi che gli consentano di rendere comprensibile e certo il suo percorso vitale. Affronta la vita con il rigore e la schematicità che lo fa essere uno studente modello. In più c’è la gelosia del figlio che è costretto a spiare da lontano la vita del padre. La miscela esplosiva non tarda a innescare l’esplosione finale con la denuncia e l’arresto di Dario cui Emilio assiste come un guardone dalla stessa feritoia che gli era servita a scoprire il nascondiglio di Giulia.
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gianleo67
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mercoledì 30 ottobre 2013
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cattivi maestri degli anni di piombo
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Quindicenne riservato e sensibile scopre che la coppia di giovani amici che frequentano il padre,docente universitario di Letteratura, sono in realtà due spietati terroristi proprio quando uno dei due rimane ucciso durante uno scontro a fuoco con la polizia. Seguendo il padre e la giovane ragazza superstite, a cui questi è legato sentimentalmente, raccoglie prove sulla loro relazione ed il loro impegno politico facendoli arrestare in una drammatica resa dei conti finale.
Primo lungometraggio di Amelio su soggetto proprio sviluppato dall'abile Vincenzo Cerami (pragmatico interprete degli umori più sotterranei della cultura e della società italiane), è in realtà un personale contributo di un autore da sempre in prima linea nel cinema di impegno sociale, alla definizione del rapporto tra gli istinti divergenti di una cultura politica dell'ambiguità e del sospetto,tra le anime contrapposte di un paese diviso nel punto più sensibile e dirimente di una convergenza tra dovere etico e ragioni del cuore,tra lo sviluppo di una coscienza civica libera ed autonoma e la naturale deferenza verso l'ingombrante presenza (culturale,psicologica,morale) della figura paterna.
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Quindicenne riservato e sensibile scopre che la coppia di giovani amici che frequentano il padre,docente universitario di Letteratura, sono in realtà due spietati terroristi proprio quando uno dei due rimane ucciso durante uno scontro a fuoco con la polizia. Seguendo il padre e la giovane ragazza superstite, a cui questi è legato sentimentalmente, raccoglie prove sulla loro relazione ed il loro impegno politico facendoli arrestare in una drammatica resa dei conti finale.
Primo lungometraggio di Amelio su soggetto proprio sviluppato dall'abile Vincenzo Cerami (pragmatico interprete degli umori più sotterranei della cultura e della società italiane), è in realtà un personale contributo di un autore da sempre in prima linea nel cinema di impegno sociale, alla definizione del rapporto tra gli istinti divergenti di una cultura politica dell'ambiguità e del sospetto,tra le anime contrapposte di un paese diviso nel punto più sensibile e dirimente di una convergenza tra dovere etico e ragioni del cuore,tra lo sviluppo di una coscienza civica libera ed autonoma e la naturale deferenza verso l'ingombrante presenza (culturale,psicologica,morale) della figura paterna. Forse viziato da uno strenuo ideologismo che rappresenta il limite più evidente del cinema impegnato di quegli anni (sempre dalla penna di Cerami ricordiamo 'Segreti segreti' del 1984 di Giuseppe Bertolucci) è un film che tenta di tenersi equidistante dalle ragioni della verità e della giustizia, puntando piuttosto su quelle di una sensibilità psicologica che scavi nelle contraddizioni di un conflitto generazionale (il padre mentore , gli allievi cattivi, il figlio disilluso e dialetticamente spietato) che sposta la sua battaglia dal privato al pubblico, dalle insicurezze del rapporto genitoriale alle implacabili certezze di uno stigma sociale. Nel tentativo di perseguire questa difficile alchimia tra credibilità psicologica e la tesi di una rigorosa dimostrazione etica, Amelio rischia però di ridurre i suoi personaggi a figure impenetrabili e meccaniche, caratteri che si stagliano sullo sfondo di un paesaggio metropolitano freddo e lattiginoso, talora privi di una identità definita (la madre autisticamente impegnata nel suo lavoro di traduttrice, la giovane militante, giovane madre di un bimbo già orfano, incerta tra impegno politico e derive sentimentali, il professore cattivo maestro di una ambigua dottrina, il figlio combattuto tra risentimenti personali e la ottusità di una implacabile coerenza etica). Interessante è invece lo spunto di una pervicace e acuta teoria dell'immagine, dove i sintomi di un'allarmante voyerismo rivelano l'essenza stessa del discorso cinematografico: le vite degli altri osservate dall'obiettivo di una macchina fotografica o dal pertugio di una vetrata infranta quale abietta manipolazione di una realtà inconoscibile e privata. Come sempre intenso e misurato lo sguardo lucido di un eccellente Jean-Louis Trintignant (ben doppiato da Luigi La Monica) e quello acerbo e impietoso del giovane Fausto Rossi nella sua unica prova d'attore; mal impegnata Laura Morante. Cattivi maestri degli anni di piombo.
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marco glerean
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domenica 13 marzo 2011
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gli anni di piombo dall'interno
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Gli anni di piombo visti da dentro. Questo perché in primo luogo il film venne girato nel 1982 e quindi ancora temporalmente compreso nel periodo storico di cui tratta e, in secondo luogo, perché di quegli anni difficili si narra dalla prospettiva di coloro che si trovarono ad essere spettatori e comparse se non addirittura involontari protagonisti, ovvero i cittadini comuni.
Siamo in una non casualmente plumbea Milano e vi troviamo una famiglia benestante in cui c’è un padre insegnante universitario (Trintignant) che simpatizza per gli ideali dei contestatori e considera le persone più importanti dei fatti che le coinvolgono. C’è un figlio (Rossi) adolescente alle prese con i problemi della sua età e con quelli più grandi di lui che si trova a dover valutare ed affrontare a causa del mondo circostante, ideale della giustizia in primis.
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Gli anni di piombo visti da dentro. Questo perché in primo luogo il film venne girato nel 1982 e quindi ancora temporalmente compreso nel periodo storico di cui tratta e, in secondo luogo, perché di quegli anni difficili si narra dalla prospettiva di coloro che si trovarono ad essere spettatori e comparse se non addirittura involontari protagonisti, ovvero i cittadini comuni.
Siamo in una non casualmente plumbea Milano e vi troviamo una famiglia benestante in cui c’è un padre insegnante universitario (Trintignant) che simpatizza per gli ideali dei contestatori e considera le persone più importanti dei fatti che le coinvolgono. C’è un figlio (Rossi) adolescente alle prese con i problemi della sua età e con quelli più grandi di lui che si trova a dover valutare ed affrontare a causa del mondo circostante, ideale della giustizia in primis. Vi sono anche una madre ed una figlia attente solamente alle proprie faccende, per disinteresse la prima e perché troppo giovane la seconda.
Padre e figlio incontrano una giovane coppia di amici del primo e si verrà in seguito a scoprire che questi sono invischiati con il terrorismo, attivamente lui e passivamente lei; l’insegnante vuole proteggere ed il figlio denunciare.
I due si confrontano lasciando intravvedere echi di conflitti generazionali ancora irrisolti, non si intendono e si scontrano. Vince il più giovane con un contropiede al limite del fuorigioco.
Chi ha ragione? Forse entrambi, la sentenza è ardua ed il regista non si schiera ma lascia giudicare.
Il film è importante perché affronta il tema di quegli anni dal punto di vista delle opinioni che poteva farsi la gente all’epoca e lo fa con stile asciutto saltando a piè pari la facile tentazione di ricorrere alle sparatorie e alle emozioni dettate dal sangue. Non si parla di vittime e carnefici ma si mostrano gli altri, quelli costretti a convivere con i fatti.
Rimane un dubbio, sono i padri che tradiscono i figli o sono questi a tradire i padri?
L’opinione del regista potrebbe celarsi nella sigla finale che dopo qualche breve titolo di coda prosegue a schermo nero fino al termine del sottofondo musicale.
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