A dieci anni da “Jumanji” un altro gioco da tavolo farà la gioa di grandi e piccini: “Zathura”, diretto dal newyorkese Jon Favreau, è un viaggio attraverso l’ignoto che coinvolge due fratellini in guerra tra loro, un’adolescente alle prime cotte e creature simili a serpenti giganti. Dotato di straordinari effetti speciali -la casa dei protagonisti vaga nell’universo come una navicella spaziale-, il fantasy tratto dal racconto di Chris Van Allsburg riporta in auge i giochi da tavolo ambientando tra le mura domestiche un’avventura ai confini della realtà; nell’era dei videogames il progetto del regista americano può sembrare azzardato, eppure il viaggio intergalattico ha sempre raccolto consensi sul grande schermo.
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A dieci anni da “Jumanji” un altro gioco da tavolo farà la gioa di grandi e piccini: “Zathura”, diretto dal newyorkese Jon Favreau, è un viaggio attraverso l’ignoto che coinvolge due fratellini in guerra tra loro, un’adolescente alle prime cotte e creature simili a serpenti giganti. Dotato di straordinari effetti speciali -la casa dei protagonisti vaga nell’universo come una navicella spaziale-, il fantasy tratto dal racconto di Chris Van Allsburg riporta in auge i giochi da tavolo ambientando tra le mura domestiche un’avventura ai confini della realtà; nell’era dei videogames il progetto del regista americano può sembrare azzardato, eppure il viaggio intergalattico ha sempre raccolto consensi sul grande schermo. Tra piogge di meteoriti e salotti incendiati da alieni che si cibano di carne umana, l’home sweet home diventa un campo di battaglia prima di essere risucchiata da un buco nero. Così in un tripudio di colori Favreau riflette sugli affetti familiari introducendo l’astronauta che ammonisce i due fratellini come un grillo parlante, ci fa scoprire gli angoli poco conosciuti di una villetta americana e gioca con la fantasia attraversando porte temporali. Tim Robbins, nel ruolo del padre separato e malato di overwork, cerca in tutti i modi di tenere la famiglia unita; Josh Hutcherson e Jonah Bobo sono i protagonisti che litigano mille volte prima di tornare a casa sani e salvi. Ingenuo ed onirico, “Zathura” utilizza il gioco come passaggio simbolico dall’infanzia all’età adulta, ma si affida alla scenografia ritoccata al computer per conquistare il pubblico non più giovanissimo. Operazione riuscita, perché il film parla una lingua universale che non conosce frontiere: il divertimento è assicurato, non resta che gustarsi lo spettacolo.
Antonello Villani
(Salerno)
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