Basato su un omonimo manga di Osamu Tezuka (il “Dio dei manga”), ideato nel 1949 ad appena 21 anni e lontanamente ispirato al classico di Lang del 1927, Metropolis è, senza ombra di dubbio, uno dei più fondamentali e importanti film d’animazione giapponesi.
Diretto da Rintaro (che fu allievo proprio di Tezuka) e scritto niente poco di meno che da Katsuhiro Otomo (Akira), che più che al manga finisce per richiamarsi molto di più al Metropolis di Lang, costato oltre un miliardo di yen (pare sui 15 milioni di dollari) e ben 5 anni di lavoro ad un vasto staff assolutamente d’eccezione, è un film ammaliante e visivamente potentissimo, oltreché molto originale nelle scelte stilistiche.
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Basato su un omonimo manga di Osamu Tezuka (il “Dio dei manga”), ideato nel 1949 ad appena 21 anni e lontanamente ispirato al classico di Lang del 1927, Metropolis è, senza ombra di dubbio, uno dei più fondamentali e importanti film d’animazione giapponesi.
Diretto da Rintaro (che fu allievo proprio di Tezuka) e scritto niente poco di meno che da Katsuhiro Otomo (Akira), che più che al manga finisce per richiamarsi molto di più al Metropolis di Lang, costato oltre un miliardo di yen (pare sui 15 milioni di dollari) e ben 5 anni di lavoro ad un vasto staff assolutamente d’eccezione, è un film ammaliante e visivamente potentissimo, oltreché molto originale nelle scelte stilistiche.
Presenta una perfetta fusione di CGI di altissimo livello (impiegata soprattutto nella resa di questa distopica città del futuro basata su più livelli [come lo era quella del film di Lang]) e di cel-animation (ovvero animazione tradizionale) impiegata invece per realizzare i personaggi, disegnati rispecchiando fedelmente lo stile caratteristico di Tezuka.
Ciò porta ad un risultato finale del tutto inusuale e diverso dalla media dei film d’animazione (non solo giapponesi), ad un film figurativamente magnifico che rivela una minuziosissima cura nei dettagli e una complessità, anche tematica, per nulla indifferente.
Certo, dal punto di vista narrativo, potrà apparire forse, almeno a primo acchito, un po’ troppo contorto e non altrettanto originale come nelle animazioni, ma i temi che affronta, a metà tra A.I – Intelligenza artificiale e Blade Runner, concernenti i possibili rischi derivanti da un progresso e un’innovazione tecnologica senza limiti, lasciati nelle mani solo di poche élite spesso malintenzionate, rimangono pur sempre stimolanti e tremendamente attuali.
E, il finale, per quanto apocalittico e apparentemente pessimista, lascia le porte aperte ad una possibile conciliazione futura tra uomini e macchine, e, quindi, alla speranza.
Non fosse sufficiente il messaggio, il film rimane comunque, come detto, visivamente un’esperienza assolutamente unica e pertanto, anche solo per questa ragione, meritevole di una visione.
Consueto grande successo in patria, da noi è passato invece tristemente inosservato. Ma rimane un film assolutamente da recuperare, non solo da qualunque appassionato di anime, manga e cultura giapponesi, ma anche da qualunque appassionato di cinema in genere.
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