giorgio
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domenica 6 luglio 2008
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il finale: il vero scoglio critico
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Provo qui a spendere due parole su "l'uomo di paglia",
"L'uomo di paglia" è un film perfettamente costruito nella sequenza che porta i personaggi alla catastrofe. Il film è molto efficace nel rappresentare l'eros come forza irresistibile, che domina i personaggi, che porta irresistibilmente lui a scoprirsi, nel suo piccolo, un "mostro". Forse c'è un dato che sufgge, perchè si coglie più a fatica con gli occhi di oggi: "l'uomo di paglia" è la storia di un uomo che di fatto corrompe una (quasi) minorenne: perchè tale è la Franca Bettoja del film che ha da poco compiuto i 22 anni (21 allora era la maggiore età). Questa ragazza, innamorandosi di un uomo sposato, patisce il disonore, perde l'accesso al matrimonio (al vero 'status' concesso allora per il riconoscimento sociale della donna) e, su questa scia, si suicida, quando la storia d'amore finisce.
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Provo qui a spendere due parole su "l'uomo di paglia",
"L'uomo di paglia" è un film perfettamente costruito nella sequenza che porta i personaggi alla catastrofe. Il film è molto efficace nel rappresentare l'eros come forza irresistibile, che domina i personaggi, che porta irresistibilmente lui a scoprirsi, nel suo piccolo, un "mostro". Forse c'è un dato che sufgge, perchè si coglie più a fatica con gli occhi di oggi: "l'uomo di paglia" è la storia di un uomo che di fatto corrompe una (quasi) minorenne: perchè tale è la Franca Bettoja del film che ha da poco compiuto i 22 anni (21 allora era la maggiore età). Questa ragazza, innamorandosi di un uomo sposato, patisce il disonore, perde l'accesso al matrimonio (al vero 'status' concesso allora per il riconoscimento sociale della donna) e, su questa scia, si suicida, quando la storia d'amore finisce.
Oggi, in tempi di maggiore età abbassata, in tempi di maggiore libertà sessuale (anche femminile), forse fatichiamo
a comprendere il dramma del personaggio di Rita. Ma il dramma è questo. Di qui, si comprende il finale: si comprende perchè la moglie va via e si mette a luce il perchè del ritorno.
Tale finale costituisce da sempre motivo di discussione, perchè, secondo la critica, impedisce al film di raggiungere la soglia del capolavoro. Taluni (vedi 'castoro') ravvisano in questo finale l'intenzione del regista di volersi ingraziare il favore dei censori democristiani di allora, propensi a colpire duramente il 'culturame', ossia certo cinema dell'alienazione (Antonioni, Visconti: vedi le traversie di "Rocco e i suoi fratelli"). Niente di più errato. Vediamo il finale: le teste dei eprsonaggi vengono associate alla testa di uno spaventapasseri: "l'uomo di paglia", appunto, della poesia di Eliot che da il titolo al film. "l'uomo di paglia", in questa sequenza", non rivela solo la natura di lui, ma rivela anche la condizione della moglie: in questo film, la situazione della moglie diventa l'emblema della condizione umana in generale: la condizione degli uomini, che, come la moglie del film, sarebbero invitati da un imperativo morale a condannare la corruzione e la mostruosità umana, ma che alla fine, per paura delle convenzioni e di 'salti nel buio' finiscono per convivervi 'in buoni termini'. Colto in questo significato, il finale apre il film a significati ancora più tristi ed inquietanti.
Grandissimo.
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tomdoniphon
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domenica 3 maggio 2015
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la sensibilità di germi
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Ritratto di una relazione extraconiugale tra un operaio romano (Germi) e una dattilografa, dall’esito tragico.
La migliore prova drammatica di Germi, prima della commedie (“Divorzio all’italiana”, “Signore e signori”): un acutissimo scavo psicologico dei personaggi e una riflessione sulla solitudine nella famiglia superiore a qualsiasi film di Antonioni: in "L'uomo di paglia" il tono è amaro ma pieno di tenerezza (ai tempi erroneamente scambiata per sentimentalismo).
Il cinema di Germi è caratterizzato, oltre che dalla maestria tecnico-stilistica, dall’assenza di intellettualismi e da un calore che rimanda al cinema di John Ford: non è un caso che, tra i talenti di allora, Germi fosse quello meno legato al neorealismo, preferendo ispirarsi al cinema americano contemporaneo (in particolare agli autori western e noir).
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Ritratto di una relazione extraconiugale tra un operaio romano (Germi) e una dattilografa, dall’esito tragico.
La migliore prova drammatica di Germi, prima della commedie (“Divorzio all’italiana”, “Signore e signori”): un acutissimo scavo psicologico dei personaggi e una riflessione sulla solitudine nella famiglia superiore a qualsiasi film di Antonioni: in "L'uomo di paglia" il tono è amaro ma pieno di tenerezza (ai tempi erroneamente scambiata per sentimentalismo).
Il cinema di Germi è caratterizzato, oltre che dalla maestria tecnico-stilistica, dall’assenza di intellettualismi e da un calore che rimanda al cinema di John Ford: non è un caso che, tra i talenti di allora, Germi fosse quello meno legato al neorealismo, preferendo ispirarsi al cinema americano contemporaneo (in particolare agli autori western e noir). Anche quando si cimenterà (magistralmente) nella commedia, riuscirà a mantenere un’assoluta indipendenza dalle mode della recente commedia all’italiana, guardandosi bene dal cedere alla complicità indulgente.
Un autore senza dubbio sottovalutato (soprattutto da parte della critica italiana), che merita invece un posto di primo piano nella storia del cinema italiano.
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luca scial�
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giovedì 31 luglio 2014
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un rapporto complicato dai risvolti drammatici
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A tre anni da Il ferroviere, Pietro Germi torna a raccontare la vicenda di un operaio, beccandosi critiche a sinistra per il taglio borghese e lontano dai costumi più usuali che da' alle sue storie, benché si tratti di operai. Andrea è sposato con Luisa e ha un figlio Guido. Ma si invaghisce della giovane Rita mentre loro sono a Fiumicino per la guarigione del piccolo. Una difficile relazione che sfocerà nella tragedia. E' lo stesso Germi a interpretare Andrea, mentre Franca Bettoja nei panni di Rita fu una piacevole sorpresa. Il film commuove e coinvolge, non condanna né redime. Ma si limita a raccontare un'umana sbandata e le sue conseguenze. Del resto Germi nella sua carriera da regista amò scardinare gli stereotipi dell'Italia bacchettona e ipocrita di allora.
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A tre anni da Il ferroviere, Pietro Germi torna a raccontare la vicenda di un operaio, beccandosi critiche a sinistra per il taglio borghese e lontano dai costumi più usuali che da' alle sue storie, benché si tratti di operai. Andrea è sposato con Luisa e ha un figlio Guido. Ma si invaghisce della giovane Rita mentre loro sono a Fiumicino per la guarigione del piccolo. Una difficile relazione che sfocerà nella tragedia. E' lo stesso Germi a interpretare Andrea, mentre Franca Bettoja nei panni di Rita fu una piacevole sorpresa. Il film commuove e coinvolge, non condanna né redime. Ma si limita a raccontare un'umana sbandata e le sue conseguenze. Del resto Germi nella sua carriera da regista amò scardinare gli stereotipi dell'Italia bacchettona e ipocrita di allora. E in fondo di oggi.
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