giorgio orlacchio
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domenica 3 settembre 2023
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la vita, nuda e cruda, e le sue sfaccettature
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un'opera toccante nella sua capacità di rappresentare gli anni postbellici. un film che affronta tanti temi che si intrecciano in una sola storia. La spensieratezza del bambino Sandrino, il matrimonio infelice della figlia Giulia, il duro lavoro e i problemi che ne derivano al ferroviere. A discapito del titolo il protagonista non è una persona ma tutta la famiglia. Il ferroviere ricorda le sublimi interpretazioni dei personaggi controversi di Chaplin con tutti i loro vizi e le loro virtù
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antonio pagano
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lunedì 30 dicembre 2019
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il turno delle fontane
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Andrea Marcocci (Pietro Germi) è un ferroviere allegro ma bevitore e irascibile alle prese con un lavoro duro, mitigato dall’amicizia con l’inseparabile collega Gigi (Saro Urzì), ed una famiglia dove la sua intransigenza si misura con la remissiva moglie Sara (Luisa Della Noce) e i figli Giulia (Sylva Koscina), sentimentalmente tormentata, Marcello (Renato Speziali), velleitario e avventato, e il piccolo Sandrino (Edoardo Nevola), che invece lo adora senza se e senza ma. Quando il ferroviere viene emarginato dal lavoro perdendosi per osterie e i due figli maggiori si allontanano da casa il dramma appare completo e irreversibile.
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Andrea Marcocci (Pietro Germi) è un ferroviere allegro ma bevitore e irascibile alle prese con un lavoro duro, mitigato dall’amicizia con l’inseparabile collega Gigi (Saro Urzì), ed una famiglia dove la sua intransigenza si misura con la remissiva moglie Sara (Luisa Della Noce) e i figli Giulia (Sylva Koscina), sentimentalmente tormentata, Marcello (Renato Speziali), velleitario e avventato, e il piccolo Sandrino (Edoardo Nevola), che invece lo adora senza se e senza ma. Quando il ferroviere viene emarginato dal lavoro perdendosi per osterie e i due figli maggiori si allontanano da casa il dramma appare completo e irreversibile.
Un film a metà tra il dramma familiare, di cui ricorrono tutti gli ingredienti classici (incomprensioni, segreti, fallimenti, abbandoni, etc.), e la corrente neorealista del cinema italiano (le mani sporche di grasso, il vivere quotidiano, i conflitti sindacali, etc.). Anche l’esito del dramma, cioè il recupero di dignità di Andrea, avviene grazie alla fusione tra il recupero commovente degli affetti familiari e la solidarietà operaia. Nessuno poteva essere più credibile di Pietro Germi nel ruolo del ferroviere che mette un accento sulla sua intera e nutrita filmografia, come regista, attore e sceneggiatore.
Accanto a lui spicca il personaggio intenso di Giulia, la cui interprete è indicata nei titoli di testa semplicemente come “Silva”, risibile italianizzazione dell’attrice croata Sylva Koscina al suo primo ruolo cinematografico importante: tra gli anni ’60 e ’80 sarà un’icona sensuale della commedia all’italiana, proprio a cominciare dal nome esotico.
L’Italia è quella degli anni ’50: nei condomìni popolari c’era il turno delle fontane, nelle osterie si cantava e si beveva sotto cartelli del tipo “spaghetti a tutte le ore” e “giovedì gnocchi”, la Polizia aveva in dotazione le jeep Willis lasciate dagli Americani, il rapido Milano-Roma ci metteva sette ore e l’agente di condotta di un treno si chiamava “macchinista in prima”. All’epoca un bambino scriveva con pennini intinti nell’inchiostro e faceva il monello con la fionda, oggi posta video su TikTok.
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greatsteven
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giovedì 12 aprile 2018
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germi supera sé stesso con un capolavoro sensibile
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IL FERROVIERE (IT, 1955) di PIETRO GERMI. Con PIETRO GERMI, LUISA DELLA NOCE, SYLVA KOSCINA, SARO URZì, CARLO GIUFFRè, RENATO SPEZIALI, EDOARDO NEVOLA, RICCARDO GARRONE, AMEDEO TRILLI, ANTONIO ACQUA
Andrea Marcocci è un conducente di treno sposato con tre figli, dal maggiore al minore: Marcello, Giulia e Sandrino. Lavora sulla linea ferroviaria Bologna-Venezia-Firenze insieme al collega ed amico Pier Luigi Liverani, suo compagno di lavoro e di bevute, dato che Andrea ha il pessimo vizio di indulgere troppo tempo in osteria a tracannare bicchieri e bicchieri di vino. Il che comporta scompensi anche e soprattutto all’interno della sua famiglia: la moglie Sara è sempre meno affettuosa e più distante; Giulia rimane incinta di Renato Borghi, negoziante che lavora presso una rimessa di caramelle, e partorisce un bambino nato morto; Marcello si sveglia sempre tardi alla mattina e non trova un lavoro per la sua inettitudine; Sandrino riporta solo brutti voti a scuola.
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IL FERROVIERE (IT, 1955) di PIETRO GERMI. Con PIETRO GERMI, LUISA DELLA NOCE, SYLVA KOSCINA, SARO URZì, CARLO GIUFFRè, RENATO SPEZIALI, EDOARDO NEVOLA, RICCARDO GARRONE, AMEDEO TRILLI, ANTONIO ACQUA
Andrea Marcocci è un conducente di treno sposato con tre figli, dal maggiore al minore: Marcello, Giulia e Sandrino. Lavora sulla linea ferroviaria Bologna-Venezia-Firenze insieme al collega ed amico Pier Luigi Liverani, suo compagno di lavoro e di bevute, dato che Andrea ha il pessimo vizio di indulgere troppo tempo in osteria a tracannare bicchieri e bicchieri di vino. Il che comporta scompensi anche e soprattutto all’interno della sua famiglia: la moglie Sara è sempre meno affettuosa e più distante; Giulia rimane incinta di Renato Borghi, negoziante che lavora presso una rimessa di caramelle, e partorisce un bambino nato morto; Marcello si sveglia sempre tardi alla mattina e non trova un lavoro per la sua inettitudine; Sandrino riporta solo brutti voti a scuola. Tutto questo rende Andrea un uomo burbero e violento, sebbene la cattiveria non rientri nel suo carattere a prescindere. Ma poi un giorno, nel pieno esercizio delle sue funzioni, investe un suicida e subito dopo non rispetta un segnale rosso, il che fa aprire un’inchiesta che coinvolge i medici che debbono visitare i ferrovieri per constatarne le condizioni psicofisiche, il sindacato dei ferrovieri stessi che intende indire uno sciopero e il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, che degrada Marcocci assegnandogli incarichi inferiori, il che gli fa diminuire la sua fierezza di lavoratore, lui che era sempre stato devoto al mestiere. Non aderendo allo sciopero, l’ormai ex macchinista viene additato dai colleghi come un crumiro e perde la loro solidarietà, sentendosi abbandonato da tutti benché la responsabilità dell’incidente che lo ha coinvolto non sia da imputare a lui. Nel frattempo la prosecuzione, con relativo aumento, del vizio alcolico lo porta a contrarre una malattia cardiaca, e solo la vigilia di Natale riesce a riunire famiglia ed amici per aggregarsi ad una felicità che da tempo gli mancava e di cui avvertiva un disperato bisogno. Ma, proprio mentre chiede a Sara la chitarra che prima suonava davanti agli amici all’osteria intonando canzoni allegre, la morte lo coglie, con profondo sconforto di tutti i famigliari, soprattutto di Sandrino, simbolo della più candida innocenza filiale. Accusato da una parte della critica di essere un film di sinistra che abbraccia tendenze deamicisiane, altre fazioni ne hanno invece apprezzato il taglio neorealista e intimistico che mette in mostra al meglio le doti di Germi (1914-1974) sia come attore che come regista, schivando le facili accuse di moralismo populista e inserendo l’opera nel quadro dell’Italia appena uscita dalla Seconda Guerra Mondiale che tenta di rifarsi una nomea agli occhi del mondo, ma soprattutto di sé stessa, affidandosi al lavoro di uomini che lo sanno svolgere al meglio. Malgrado non siano poi all’altezza come persone umane. Andrea Marcocci è uno dei migliori macchinisti che traffichino sui piazzali degli anni ’50, ma la sua brutalità caratteriale gli impedisce di avvicinarsi alle persone con l’amore e la pazienza necessarie a tessere rapporti che gli permettano di vivere anche la sua non facile (perché massacrante e snervante) professione secondo le regole della piena tolleranza morale. La produzione della pellicola doveva essere affidata alla ditta Ponti-De Laurentiis, ma infine fu il solo Carlo Ponti a portarla a termine, perché, considerando che nemmeno credeva nel progetto, propose per la parte dell’attore principale nomi impossibili come Spencer Tracy e Broderick Crawford. Fu l’ottimo sceneggiatore Alfredo Giannetti, che scrisse la sceneggiatura assieme all’inossidabile Luciano Vincenzoni e allo stesso regista, a comprendere che Germi avrebbe funzionato impersonando il ruolo fondamentale, in quanto conosceva la storia e aveva non solo il physique-du-rôle adeguato, ma anche le doti argute e migliori per regalare al pubblico il fautore in toto di una storia melodrammatica, strappalacrime e spezzacuori. Una vicenda che consegna uno spaccato sociologico di un Paese riemergente, che risale a fatica la china ma non s’arrende dinanzi alle difficoltà e che trova, nel bollore ardente che fa sudare la fronte e piega la schiena durante lo sforzo sovrumano della ripresa, i valori fondanti e onnipresenti della famiglia. Quello stesso nucleo che Marcocci finirà per disgregare a causa del suo vizio peggiore da cui non sa distaccarsi perché vi trova divertimento, ma che tutto sommato apprezza perché sa che può contare solo su quello e sul suo lavoro. A parte i famigliari e la ferrovia, non ha altri appigli cui appoggiarsi. Il suo è dunque anche il calvario di una solitudine, alimentato per giunta dall’indifferenza delle istituzioni che lo accusano e gli affibbiano nomignoli inadatti per le sue scelte comunque coerenti, che non comprendono le sue motivazioni e lo ritengono responsabile di un atto che ha commesso contro la sua volontà, come lui stesso ammette proprio perché il poveretto aveva calcolato bene i suoi tempi. Un reparto femminile di prim’ordine, a partire da una Della Noce perfetta nelle vesti della moglie casalinga pragmatica ma non opprimibile a una ventiduenne S. Koscina meravigliosamente a suo agio nei panni della figlia: delusa, desiderosa di un riscatto, sballottata fra più relazioni, distrutta dal rapporto destrutturante col padre. Brillano anche S. Urzì come Liverani (pacioso e bonario) e C. Giuffrè come Renato (non invadente e dalla recitazione misurata e a briglia stretta). Ma la vera sorpresa è il piccolo E. Nevola, che talvolta si atteggia anche a narratore della storia, conferendole quel tratto di bianca ingenuità che contribuisce ad intensificare il tratto realistico e teatraleggiante di un film che raggiunge in pieno i suoi obiettivi di raccontare un quadro specifico, trattandolo come una tela da dipingere coi colori della verità, dell’incomprensione non percepita né desiderata, del bisogno in fondo evitabile della violenza fisica e verbale e della traslucidità degli sguardi offerti dai suoi personaggi, anti-maschere che recitano con sapienza ineccepibile e tracciano un riquadro sofferto del tema precipuo di quei giorni: la lotta contro la povertà e la fame.
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luca scial�
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giovedì 7 agosto 2014
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esageratamente drammatico
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Pietro Germi ci racconta la vita dura dei macchinisti, attraverso le disavventure, anche private, di Andrea Marcocci. Porta in scena anche l'ipocrisia dei sindacati e del Ministero eccessivamente severo quando vuole. Il suo protagonista ha anche dei difetti, come il troppo bere, che gli porta anche ripercussioni negative in famiglia. Una serie di sventure, problemi, nervosismi, che tramutano la vita del protagonista in un incubo. A stargli vicini solo il figlio più piccolo e la moglie. La sinistra lo avversò per aver travisato la vita dei ferrovieri, come farà anche per l'Uomo di paglia.
Ma a questa pellicola, al di là di assurde critiche ideologiche, va forse rimproverato l'eccessivo inseguimento del dramma, che rischia di trasformarlo in un patetico strappalacrime anziché una commedia dai risvolti drammatici.
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Pietro Germi ci racconta la vita dura dei macchinisti, attraverso le disavventure, anche private, di Andrea Marcocci. Porta in scena anche l'ipocrisia dei sindacati e del Ministero eccessivamente severo quando vuole. Il suo protagonista ha anche dei difetti, come il troppo bere, che gli porta anche ripercussioni negative in famiglia. Una serie di sventure, problemi, nervosismi, che tramutano la vita del protagonista in un incubo. A stargli vicini solo il figlio più piccolo e la moglie. La sinistra lo avversò per aver travisato la vita dei ferrovieri, come farà anche per l'Uomo di paglia.
Ma a questa pellicola, al di là di assurde critiche ideologiche, va forse rimproverato l'eccessivo inseguimento del dramma, che rischia di trasformarlo in un patetico strappalacrime anziché una commedia dai risvolti drammatici. Germi ha saputo fare di meglio, sebbene, registicamente, non ci sia nulla da rimproverargli. Gli valsero comunque due Nastri d'argento e qualche premio internazionale di secondo piano.
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(di paolo)
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giugrass
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lunedì 15 agosto 2011
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un uomo lasciato solo.
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Film di classe. dove la classe è quella dl regista/attore, bravo da straziare, e quella operaia, del suo personaggio, cui il potere ruba tutto direttamente e indirettamente, fino a renderlo inadeguato a sè ed ai suoi cari. Metafora dei nostri giorni; sembra che Germi avesse la sfera di cristallo, nel rappresentare un uomo lasciato solo, privato attraverso la negazione della sua religione, il lavoro, della sua stessa dignità.
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paride86
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domenica 7 febbraio 2010
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bello
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Perla del neorealismo, "Il Ferroviere" racconta l'annus horribilis della famiglia Marcocci che, in breve tempo, si troverà ad affrontare un guaio dopo l'altro.
Intenso e genuino, anche se un po' troppo forzato in alcune parti.
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toty bottalla
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giovedì 7 gennaio 2010
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quando il cinema era bello!
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Fra i capolavori più belli del cinema italiano e non solo, GERMI è stato grande nell'interpretare un personaggio profondo come ANDREA MARCOCCI con l'aiuto però di un grande anzi grandissimo doppiatore come GUALTIERO DE ANGELIS, felice la scelta del piccolo EDOARDO NEVOLA e di tutto il resto del cast fotografia perfetta di quegli anni che mi ricordano tanto i tempi d'oggi.
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de meo
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sabato 6 settembre 2008
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pietro germi
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Ragazzi, da "attore" e "spettatore" mi inchino al genio:PIETRO GERMI.
Questo film, come altre sue pellicole, devono necessariamente far parte del bagaglio culturale di ogni appassionato di cinema.
In tutta sincerità non capisco perchè non ripropongano spesso sui vari canali televisivi le opere di questo grandissimo regista. Tornando alla pellicola, oltre alla regia perfetta, tutte le interpretazioni sono ineccepibili.
Caro Pietro, avrei voluto tantissimo essere diretto da un maestro come Te.
Un grande bacio, tuo affettuosissimo fan Silvio.
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giglioinfranto
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lunedì 28 luglio 2008
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'germi' da non debellare!
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Non ho parole...anzi una:STUPENDO!é uno dei miei film preferiti ,lo rivedrei altre mille volte!TOCCANTE,DELICATISSIMO!
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antonio m.
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giovedì 24 aprile 2008
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bello!
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