Jay Kelly

   
   
   

l''algoritmitite non risparmia proprio nessuno Valutazione 1 stelle su cinque

di marcus


Feedback: 250 | altri commenti e recensioni di marcus
sabato 6 dicembre 2025

Noah Baumbach e consorte persino loro (chi l'avrebbe detto?) in preda ad un attacco acuto di “algoritmitite”, quella strana sindrome che ti fa fare i film con lo stampo Netflix.
 Mi spiace un po’ dover stare qui a discutere di questo discreto obbrobrio tenuto insieme a malapena soltanto dalla presenza di certi bravi attori che tengono famiglia pure loro evidentemente. E George Clooney si sente già così bollito da prestarsi a due ore e passa di patetico dejavu? Certi vissuti non te li risolvi al cinema, né come attore, né come spettatore. In certi casi è molto più serio e oltremodo più dignitoso trovare il coraggio di andare dalla psicologa, una brava eventualmente. Ma gli attori, forse per tener fede alla loro indole istrionica, devono lavarli in pubblico i loro panni sporchi. E cosa c’è di meglio di un set cinematografico messo su appositamente per favorire la catarsi del divo ormai incamminato verso l’inevitabile “viale del tramonto?”. Un’ operazione questa che sarà pure catartica per il divo di turno con le paturnie dell’ andropausa, ma che risulta discretamente depressogena per qualsiasi spettatore e spettatrice che malgrado l’avanzare dell’ età, abbia ancora voglia fuggire la banalità del cinema e del vivere. Ma soprattutto la banalità tout court. Forse l’unico pregio del film è quello di far risvegliare lo spettatore dal lungo torpore mentale causato da una eccessiva mitizzazione del cinema stesso. Il cinema è finzione e gli attori fingono spudoratamente soprattutto quando sono bravi. Ma pur sempre fingono sentimenti ed emozioni. Il cinema non è verità e gli attori non sono “veri” ma rappresentano, interpretano, impersonano e non sono né migliori, né peggiori necessariamente della media degli esseri umani di questo pianeta. Ogni tanto un sano bagno di realtà non fa male allo spettatore tendente all’idealizzazione giusto per scongiurare i sintomi gravi di una regressione dissociativa irreversibile. E tuttavia, vado al cinema per sognare, arrabbiarmi, gioire, apprendere anche e non per vedere l’attore e il suo regista in balia del marasma del climaterio.
Auguriamo a Noah Baumbach e a George Clooney, ma a tutto il cast in preda ad una crisi depressiva di riprendersi presto dalla malattia e che la convalescenza porti consiglio.

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