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edmund
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domenica 30 novembre 2025
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i deliri dei sani e dei malati pari sono
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"Quando non sai di che parlare parla di tutto anche se tutto è proprio tutto quello che sai".
Sapete come si dice? Nel guazzabuglio di temi e generi diversi e riferimenti assortiti è più probabile che si possa nascondere tutta la tua pochezza d’animo. Quello della “confusione d’autore” è un artificio tipico di certa retorica, cinematografica, in questo caso, che però, se ben confezionata, può sempre sortire un discreto successo. Dunque, ecco l’«umanità dannatamente irrecuperabile» secondo Lanthimos. Temo che qui di irrecuperabile ci sia soltanto Lanthimos, in realtà. Insomma, la metafora che qui confeziona per parlare di una generazione (la “terza?”) umana, forse destinata ad essere l’ultima su questo pianeta, non mi è piaciuta granché.
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"Quando non sai di che parlare parla di tutto anche se tutto è proprio tutto quello che sai".
Sapete come si dice? Nel guazzabuglio di temi e generi diversi e riferimenti assortiti è più probabile che si possa nascondere tutta la tua pochezza d’animo. Quello della “confusione d’autore” è un artificio tipico di certa retorica, cinematografica, in questo caso, che però, se ben confezionata, può sempre sortire un discreto successo. Dunque, ecco l’«umanità dannatamente irrecuperabile» secondo Lanthimos. Temo che qui di irrecuperabile ci sia soltanto Lanthimos, in realtà. Insomma, la metafora che qui confeziona per parlare di una generazione (la “terza?”) umana, forse destinata ad essere l’ultima su questo pianeta, non mi è piaciuta granché. È vero che la mia preferenza rimane per “Salvate il pianeta verde” e questo deve aver condizionato la mia visione del film del regista greco. Tuttavia, nel film di Joon-Hwan Jang si pestava con maggior forza sul pedale dell’ironia e della farsa e un accenno di comprensione verso il protagonista alienato in cerca di alieni sembrava più facile. Qui il protagonista sembra soltanto un serial killer e dei più efferati. Difficile empatizzare con un tipo simile (o forse era questa l’intenzione del regista? Una sua velata scelta di campo?)
Un emarginato che si prende la sua rivincita rifugiandosi nel delirio può essere anche una logica conseguenza delle sue immense e ripetute frustrazioni, ma qui il protagonista Teddy sembra soltanto un pazzo furioso e pure troppo scemo e in modo irreparabile anche lui (non ci sono giustificazioni possibili) che al confronto il cugino Don, poverino, si staglia a “genio ribelle”.
Comunque sia, qualche riflessione la stimola il film, tutto sommato. Personalmente ci ho visto qui la lotta tra deliri diversi. Quelli dei cosiddetti “normali” perfettamente integrati nel sistema e quelli più paranoici degli eterni esclusi da questo stesso sistema. Questi ultimi (in tutti i sensi) che vorrebbero partecipare al delirio altrui, ma non possono. Questa lotta di magnifici deliri reciproci non può che esitare in una lenta autodistruzione collettiva.
Insomma, se ti senti proprio geneticamente escluso dagli altri è più facile vedere gli altri sempre più estranei da te, e il passo verso la tendenza a vederli o immaginarli come alieni cattivi (o nemici da abbattere a tutti i costi) che vogliono distruggerti, te e l’umanità tutta, può essere davvero breve.
Ancora una volta però il regista mi appare piuttosto ingenuo. Siamo nei dintorni di una “metafisica ingenua” sul genere “Essere o non Essere” perché con tutta evidenza non può essere questo il problema.
Rimango pur sempre convinto che certi "deliri" dei cosiddetti integrati siano ancora preferibili a quelli di certi complottisti e delle loro teorie farlocche da deep web. Non fosse altro che quelli con i deliri da complottisti che si sentono esclusi dal sistema non ci provi neanche a convincerli che stanno sbagliando che tanto è inutile, come si premura a ripetere la Fuller a Teddy durante il pranzo. Qui però sembra che il regista voglia equiparare le parti in causa: il complottista paranoico e la Ceo (cinica?) dell'azienda farmaceutica. Ma come si fa a non simpatizzare per la Fuller oltretutto dopo la scorsa alle foto dei macelli perpetrati da Teddy ai danni degli “alieni inconsapevoli?”. E la politica? Dov’è la politica sembra volerci dire il regista. Perché alla fine quelli che si contrappongono nell’agone delle idee (e della realtà) non sono soltanto puri deliri, ma più modestamente forse soltanto due estremizzazioni retoriche? Quindi, artifici dialettici appartenenti più alle forme del linguaggio (cinematografico) che ad una realistica contrapposizione di contenuti? Alla fine, le posizioni più o meno deliranti di realisti pragmatici e allucinati assortiti (paranoici illusi) si annullano reciprocamente accomunate come sono dallo stesso identico esito, cioè pur sempre l’ingiustizia, la disparità sociale, la distruzione del pianeta. Da nessuna delle due parti arrivano proposte in grado di invertire il trend dell’autodistruzione. E se la pragmatica delegata dell’industria farmaceutica fosse davvero un’aliena, poi? Ma sì, tanto ormai crediamo proprio a tutto. E tutte le verità si equivalgono.
Più che alla metafisica ingenua di Lanthimos sono più propenso a credere che l’ultima generazione non sarà la nostra, ma quella in grado di vivere in un pianeta invivibile e che riesce ad adattarsi alle sperequazioni sociali sempre più profonde. A questo proposito mi piace la "metafora della trasformazione" proposta da una serie come "Westworld" un ambiente popolato da residenti, androidi programmati per soddisfare i desideri più perversi degli ospiti umani, ma soprattutto che si candidano a succedere agli umani con gli stessi vizi e le medesime virtù. Quindi non necessariamente migliori, ma soltanto più capaci di sopravvivere in un ambiente sempre più pericoloso e inadeguato ad ospitare la vita umana così come la conosciamo. Ecco, mi immagino la prossima generazione “umana” non propriamente “umana”. Ma questo è un altro film.
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jonnylogan
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domenica 30 novembre 2025
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alienati
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A due anni dall'ultima partecipazione al Festival Cinematografico di Venezia, con Kinds of Kidness (id.; 2024), il regista greco Yorgos Lanthimos confeziona una nuova pellicola che segue il solco della sua produzione piena di temi controversi, di riflessioni e capace di offrire una chiave di lettura molto trasversale, ma centrata, sulla nostra società, e su quella americana in particolare.
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A due anni dall'ultima partecipazione al Festival Cinematografico di Venezia, con Kinds of Kidness (id.; 2024), il regista greco Yorgos Lanthimos confeziona una nuova pellicola che segue il solco della sua produzione piena di temi controversi, di riflessioni e capace di offrire una chiave di lettura molto trasversale, ma centrata, sulla nostra società, e su quella americana in particolare. Rimodellando il successo dei primi anni 2000 Jigureul jikyeora! (id.; 2003) firmato dal regista Sud Coerano Jang Joon-hwan, pellicola utilizzata aggiungendovi la cifra stilistica di Lanthimos; imperniata su dialoghi ai limiti del parossismo e una grande cerebralità di fondo, oltre ad un titolo evocativo rispetto alla genesi, o alla conclusione, di qualunque esistenza. Con un chiaro riferimento al mondo delle api e del rischio di sparire che queste ultime hanno, esattamente come il teorico pericolo che corriamo noi terrestri a causa di un'imprecisata invasione aliena guidata da una donna in carriera.
Affiancando a Jessie Plemons, che aggiunge alla sua ancor giovane ma brillante carriera, un personaggio controverso. Un operaio appassionato di apicoltura e spopolamento delle arnie. Uno spopolamento per il quale non riesce a trovare una spiegazione plausibile se non la presenza di Michelle Fuller, dirigente della Auxolith, multinazionale farmaceutica, per la quale Teddy prova un odio atavico che verrà spiegato con il dipanarsi della trama.
Il rapimento di un’altrettanto splendida Emma Stone, debitamente seviziata per carpirne confessioni compromettenti, e le teorie complottistiche esposte da Teddy, che con la Stone darà vita a quei battibecchi surreali che rappresentano la cifra stilistica del regista, diventano quasi immediatamente un modo per criticare il mondo capitalistico del quale tutti facciamo parte. Nel quale l'uno è afflitto da teorie complottistiche contrarie al mondo delle multinazionali. Mentre l’altra è dedita a una direzione aziendale dal piglio (finto) magnanimo e deciso.
Film decisamente non per tutti, perché sbrigativamente classificato come una denuncia del negazionismo quando invece raccoglie molti altri contenuti declinati con fare da commedia noir e dell’assurdo.
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imperior max
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mercoledì 29 ottobre 2025
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come essi vivono di carpenter, ma pi? fottuti.
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BUGONIA.
Dopo che Yorgos Lanthimos prese il racconto mitologico greco di Ifigenia raccontandoci Il sacrifico del cervo sacro, il regista passa a Virgilio con un episodio della Bugonia di Aristeo dove, sconvolto per la morte delle api e in cambio del perdono degli d?i, sacrifica quattro tori cos? da farle rinascere dalle loro carcasse. Ovviamente era una metafora dalla quale in biologia si dimostra che la sostanza organica di origine animale ? un terreno fertile per far schiudere le uova da vari insetti. E l?omonimo film gioca per buona parte della durata proprio sulla percezione e la manifestazione tra la credenza e la verit?.
Teddy Gatz, un impaccatore di un?azienda farmaceutica dedito all?apicoltura delle api e alle teorie complottiste, ? convinto che le sue api stiano morendo a causa del suo capo, la dirigente Michelle Fuller.
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BUGONIA.
Dopo che Yorgos Lanthimos prese il racconto mitologico greco di Ifigenia raccontandoci Il sacrifico del cervo sacro, il regista passa a Virgilio con un episodio della Bugonia di Aristeo dove, sconvolto per la morte delle api e in cambio del perdono degli d?i, sacrifica quattro tori cos? da farle rinascere dalle loro carcasse. Ovviamente era una metafora dalla quale in biologia si dimostra che la sostanza organica di origine animale ? un terreno fertile per far schiudere le uova da vari insetti. E l?omonimo film gioca per buona parte della durata proprio sulla percezione e la manifestazione tra la credenza e la verit?.
Teddy Gatz, un impaccatore di un?azienda farmaceutica dedito all?apicoltura delle api e alle teorie complottiste, ? convinto che le sue api stiano morendo a causa del suo capo, la dirigente Michelle Fuller. Crede altres? che lei sia un?Andromedana intenta a fare esperimenti sugli esseri umani a livello globale modificando l?equilibrio ecologico e la vita delle api. Con l?aiuto di suo cugino ritardato Don la rapiscono da casa sua e la segregano nello scantinato fino a farle confessare la sua vera natura e di convincere l?imperatore di Andromeda e tutti i suoi accoliti ad andarsene dal pianeta Terra. Di l? in poi saranno tutti botta e risposta tra manipolazioni, tesi, antitesi, congetture, contraddittori e follie di altro genere fino a conseguenze roccambolesche.
Si parte con una splendida regia di Lanthimos dove non rinuncia a lavorare sulla profondit? di campo con riprese a soggetti lontani ad inquadratura fissa, ma anche con movimenti lenti e primi piani sugli attori. Un buon uso della fotografia concentrata sui gialli e i rossi, ma stavolta pi? opachi negli spazi pi? ampi. Un ottimo montaggio delle volte alternato coi flashback, scene oniriche, divisioni in atti artistoidi e un buon ritmo tra molte situazioni dialogate ed azioni improvvise ed accompagnate dalle buone musiche di Jerskin Fendrix che ritorna dopo Povere Creature! e Kinds of Kindness. Delle grandi interpretazioni da parte di un Jesse Plemons dimagrito, tanto sopra le righe quanto posato e quadrato; una Emma Stone risoluta, attiva, passiva e affascinante, specialmente a testa rasata e una Alicia Silverstone veramente ben ripescata.
Nonostante una trama apparentemente stramba e di riporto dal film coreano Salvare la Terra! che rimaneva sul fantascientifico e la commedia, in Bugonia si prende una strada tanto grottesca e drammatica quanto profonda e riflettente sulle tematiche messe in tavola. Partendo con pochi personaggi trattati e poche location si va? a raccontare una storia che andr? sempre ad allagarsi fino a descrivere un?umanit? sempre pi? fottuta. Basta guardare Teddy Gatz e il suo modo di pensare assai complottistico, ridicolo, fuori dagli schemi, tenendosi fuori dai media, dai libri e dalla realt? generale, ma incredibilmente con una logica ben congegnata, messa in scena come convincente, senza dubbi e con collegamenti alla realt? quasi coincidenziali. Ma ? oltretutto solo, con la sola compagnia di suo cugino Don che ne sa? meno di lui, un poliziotto suo ex babysitter che frequenta ogni tanto, una madre ricoverata all?ospedale e postumo da un abuso infantile che gli fanno perdere il senso della realt? e la fiducia nel prossimo. Assecondato da una Michelle che pur per trattarci, ma anche per comprenderlo, sta? al suo gioco con botte e risposte dove diamo per scontato tutto il tempo che ? tutta una buffonata di Teddy, ma che sotto sotto ci crediamo almeno un po?. Oltretutto non ? vero forse che le multinazionali vendono la malattia e poi la cura? O che stiamo lentamente deflagrando il pianeta per scopi egoistici e che a porne rimedio facciamo ben poco? Oppure che la Terra ? nata senza l?umanit? e senza l?umanit? finir? e forse anche meglio? Le teorie della Terra piatta, gli alieni che hanno generato negli eoni varie specie dominanti hanno forse un fondo di verit??
Queste ed altre sono le domande che il film ci pone, ma a Yorgos interessa mostrarci in maniera possessiva, monitorata, delle volte ilare ed ironico tra castrazioni chimiche, elettroshock, ricerche particolari, deduzioni, nefandezze e scene shock splatter come viviamo di questi tempi. Soltanto di realt? fittizie date per vere soltanto perch? pi? convincenti, apparentemente ben costruite, urlate, senza contraddittori, categoriche e fondamentaliste e che per difenderle si ? disposti a fare pazzie, anche uccidere. Non si dimenticher? anche di perculare oltremodo anche i complottisti con gli ultimi dieci minuti veramente sopra le righe e con un finale degno del miglior Rod Serling di Twilightzoniana memoria.
Ovviamente non parliamo di un capolavoro dato che il soggetto era gi? stato trattato, delle volte i colpi di scena sono quasi telefonati e che forse forse si poteva scegliere una via pi? ambigua sul finale tenendoci in sospeso e nel dubbio, ma anche cos? le api avranno sicuramente una speranza di prosperare, seppur in maniera modernamente distopica.
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