andrea alberini
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sabato 4 gennaio 2025
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vermiglio ? un incanto
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“Vermiglio”, secondo film di Maura Delpero, è forse la più bella sorpresa del cinema dell’anno scorso. Girato nell’omonimo paese del Trentino, in Val di Sole, è un tributo affettuoso alla memoria del padre, che là era nato e cresciuto, e a quella della civiltà contadina, ancora non così lontana nel tempo, eppure ormai del tutto appartenente al passato.
Qualcuno ha tentato una lettura in linea con la tendenza del politicamente corretto, molto diffusa anche in campo artistico, e della denuncia della società patriarcale, ma in realtà il film ha un diverso ed evidente intento, molto più ricco e di grande valore poetico e storico.
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“Vermiglio”, secondo film di Maura Delpero, è forse la più bella sorpresa del cinema dell’anno scorso. Girato nell’omonimo paese del Trentino, in Val di Sole, è un tributo affettuoso alla memoria del padre, che là era nato e cresciuto, e a quella della civiltà contadina, ancora non così lontana nel tempo, eppure ormai del tutto appartenente al passato.
Qualcuno ha tentato una lettura in linea con la tendenza del politicamente corretto, molto diffusa anche in campo artistico, e della denuncia della società patriarcale, ma in realtà il film ha un diverso ed evidente intento, molto più ricco e di grande valore poetico e storico.
La vicenda narrata è collocata nel 1944-45, proprio nell’ultimo periodo di quella millenaria cultura che terminerà bruscamente in pochi anni a seguito dell’industrializzazione e dell’inurbazione delle giovani generazioni. Così il film acquista anche questo valore fortemente simbolico nel ritrarre quella svolta epocale nel momento in cui stava per accadere.
La durezza della vita di allora è rappresentata in modo molto preciso ma altrettanta precisione, assieme alla tenerezza, è usata per mostrare la prossimità, lo stare sempre assieme, il vivere uniti della piccola comunità, al punto che, e ci viene mostrato anche quello, non era semplice trovare un momento di intimità con se stessi. Con il benessere abbiamo migliorato di tanto le nostre condizioni materiali ma abbiamo perso questo senso di compagnia per ritrovarci invece molto più dispersi e soli.
La guerra sembra lontana in quella località distante dai fronti in cui si combatte, la vita sembra proseguire come da sempre, ma figli e mariti sono via a combattere. Qualcuno ritorna, come disertore, e viene protetto dalla comunità, e non senza problemi. Poi la fine della grande tragedia porta finalmente sollievo, ma scatena anche, inaspettatamente, nuovi drammi e sofferenze che i protagonisti dovranno affrontare.
Toccante la celebrazione della vigilia di Santa Lucia, con la sua forza e il mistero di un rito arcaico. Il film è in dialetto trentino, in buona parte facilmente comprensibile, specie per i veneti e i lombardi, ma è comunque sotto-titolato in Italiano. Tutto questo, assieme al coinvolgimento della popolazione locale, anche in fase di pre-produzione, aggiunge all’opera anche un prezioso valore di studio etnografico.
La fotografia è di Michail Kričman, che ha collaborato con tutti i film del compatriota russo Andrej Zvjagincev, di cui ricordo “Il Ritorno” (la cui poesia è forse stata di ispirazione per Delpero) e “Leviathan”, film più politico, che ha mostrato nel 2014 cosa fosse diventata la Russia di Putin.
Secondo Claudia Durastanti, sulla rivista Internazionale, il contributo di Kričman può aver donato al film un’atmosfera delicata da fiaba russa, e l’atmosfera del film è in effetti straordinaria. Sempre Durastanti, poi, definisce il film “inattuale” ed è proprio così. Inattuale per il tema (il modo di vita dei nostri nonni ormai scomparso) e anche per la confezione del film, fuori dai soliti canoni e che, inusuale per il cinema italiano, può essere secondo me annoverato, anche se a modo suo e con sensibilità femminile, tra le grandi opere dei maestri nordici del passato, come Ingmar Bergman e Andrej Tarkovskij.
Intanto Vermiglio ha vinto il Leone d’Argento e il Gran Premio della Giuria all’ultimo festival di Venezia, poi diversi altri premi internazionali nei mesi successivi e rappresenterà l’Italia ai prossimi Oscar del cinema per il premio al miglior film straniero. Una cosa notevole per una produzione a basso costo, passato solo in poche sale lo scorso Ottobre.
Confesso che quando è cominciato, in sala, al cinema, non credevo ai miei occhi: l’atmosfera, la sensibilità, il rispetto per lo spettatore, che mancano ormai anche in molti autori celebrati, il senso di intimità con le cose e i personaggi. Mi viene da dire, magari esagerando, che un film così esce ogni 10 anni. Vermiglio è un incanto.
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uppercut
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giovedì 16 gennaio 2025
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un rosso puro
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Vermiglio è un rosso puro, brillante. E' sangue di drago. Magico, profondo, antico proprio come questo splendido film, sicuramente uno dei lavori più commoventi della cinematografia italiana di sempre. Meraviglioso il progetto ma incredibile la resa sullo schermo. Ogni secondo ti chiedi: ma come avranno fatto? A inventarsi soluzioni visive spettacolari, effetti mirabolanti, artifici tecnici superdigitali...? No, esattamente l'opposto: come avranno fatto a preservare e a consegnarci la semplicità di un sorriso, la naturalezza di una lacrima, di un raggio di sole, di una corsa di gallina... L'interpretazione di tutti, ma forse soprattutto della bambina che avrà la fortuna di andare avanti a studiare in collegio dalle suore, è prodigiosa.
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Vermiglio è un rosso puro, brillante. E' sangue di drago. Magico, profondo, antico proprio come questo splendido film, sicuramente uno dei lavori più commoventi della cinematografia italiana di sempre. Meraviglioso il progetto ma incredibile la resa sullo schermo. Ogni secondo ti chiedi: ma come avranno fatto? A inventarsi soluzioni visive spettacolari, effetti mirabolanti, artifici tecnici superdigitali...? No, esattamente l'opposto: come avranno fatto a preservare e a consegnarci la semplicità di un sorriso, la naturalezza di una lacrima, di un raggio di sole, di una corsa di gallina... L'interpretazione di tutti, ma forse soprattutto della bambina che avrà la fortuna di andare avanti a studiare in collegio dalle suore, è prodigiosa. Ma ogni soggetto implicato in questo gioiello, davvero ci ha donato qualcosa di insperato. Grazie! E i complimenti più sinceri ed emozionati a Maura Delpero, autrice di un autentico incanto.
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giovanni morandi
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sabato 12 ottobre 2024
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il racconto di una famiglia patriarcale
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Vermiglio-2924 Maura Delpero.
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“Questo film è nato da un sogno”, dice Maura Delpero di fronte alla platea della Sala Grande dopo aver ricevuto il Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel sogno le era apparso il padre, morto poco tempo prima: aveva sei anni, ed era a Vermiglio, il paese natio del Trentino che da il titolo al film. Un sogno, realizzato, è anche questo premio perché, come sottolinea la regista, Vermiglio è un film che sembra "aver bisogno" di molti aiuti e di molte persone per poter essere quello che è, per non rinunciare a nessuno degli ingredienti che ne costituiscono l’essenza profonda.
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Vermiglio-2924 Maura Delpero.
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“Questo film è nato da un sogno”, dice Maura Delpero di fronte alla platea della Sala Grande dopo aver ricevuto il Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel sogno le era apparso il padre, morto poco tempo prima: aveva sei anni, ed era a Vermiglio, il paese natio del Trentino che da il titolo al film. Un sogno, realizzato, è anche questo premio perché, come sottolinea la regista, Vermiglio è un film che sembra "aver bisogno" di molti aiuti e di molte persone per poter essere quello che è, per non rinunciare a nessuno degli ingredienti che ne costituiscono l’essenza profonda.
Il tempo, il silenzio, la montagna, la neve, i bambini, gli animali. Una storia delicata e commovente, di per sé, semplice ed aun tempo complessa, come tante, ma realistica e "ben raccontata"; il riconoscimento a Venezia mi pare più che meritato.
Siamo alla fine della seconda guerra mondiale, anche se la piccola comunità montana di Vermiglio vive in un tempo non precisamente identificabile, immobile nei gesti che si ripetono uguali da chissà quanto, nei riti e nelle feste, nei volti che si riconoscono, nel dialetto che unisce. Un "tempo sospeso", al punto che i soldati disertori, almeno inizialmente, non è chiaro da quale guerra siano fuggiti. Vermiglio però è soprattutto la storia una famiglia. Un padre, il maestro del paese, una madre, i figli e le figlie, grandi e piccoli. Una famiglia numerosa e silenziosa, a cui ci avviciniamo a poco a poco nel corso del film, arrivando a distinguere nitidamente i tratti e caratteri peculiari di ciascuno dei suoi membri. Questo suo mondo lo ha ricostruito, lo ha in certa misura inventato attraverso riprese di due tipi: campi lunghi e poi dettagli di gesti come mungere, versare il latte nelle tazze, consumare in silenzio la colazione intorno a un grande tavolo, camminare nella neve per entrare nella scuola. La luce è fredda, i suoni sono i sussurri, il pianto di un neonato, lo scoppiettare della legna sul fuoco.L’autorità paterna non può essere messa in discussione, e i destini dei figli e della famiglia sono completamente nelle sue mani. È il padre a decidere che solo una delle figlie potrà continuare gli studi, è lui a punire il figlio Dino negandogli il diploma. Un padre severo, che rimprovera i figli, ma che sa anche essere un maestro appassionato e un po’ idealista, che fa ascoltare Vivaldi ai suoi alunni, in una scena, che mi ha molto colpito, in cui la macchina da presa, come trasportata dalla musica, attenua la distanza per mostrarci da vicino i volti dei bambini.
Vermiglio è un film su un mondo e su un tempo "patriarcale", (tratta, ma in maniera completamente diversa, lo stesso tema "patriarcale" di un altro film-C'e' Ancora Domani della Cortellesi- in cui l’autorità paterna appunto disponeva delle vite di tutti).
È soprattutto una storia di relazioni, in cui il punto di vista, come dimostra la posizione ricorrente della macchina da presa, ha l’altezza dello sguardo di un bambino (ottima scelta adatta al ricordo dell'infanzia della regista).
Vermiglio è un film "al femminile", sulla maternità, e sulla crescita, ma è soprattutto un film corale.
Per quanto riguarda gli attori, Tommaso Ragno, nei panni del padre, imprime un tono grave e austero al suo personaggio, e lo seguono, ciascuna a suo modo, le attrici (da Orietta Notari a Carlotta Gamba, da Roberta Rovelli a Sara Serraiocco) precisamente sintonizzate con il tono del film e degli altri interpreti occasionali. Martina Scrinzi (Lucia), e tutti gli altri non professionisti contribuiscono in maniera determinante alla riuscita di questa pellicola.
C'è anche un giusto equilibrio tra ciò che viene detto e ciò che viene mostrato, tra la precisione di ogni dettaglio e la capacità degli attori, fa sì che il rischio del quadro descrittivo, stilisticamente "troppo perfetto", venga allontanato.
Nel mondo di Vermiglio i fatti accadono, il dolore, la morte, le "falsità" si insinuano e spezzano gli equilibri nella vita della famiglia.
Un figlio muore, e ne nascono altri due, la guerra finisce, arriva l’estate, i due innamorati si sposano, l’anno scolastico giunge al termine, e un viaggio in Sicilia rivela la tragedia in cui Lucia si trova suo malgrado catapultata. Eppure tutto scorre semplicemente, proprio come nella vita reale di tutti noi, in una sorta di sospensione. Vermiglio, infatti è il racconto potente della vita che scorre ineluttabile, a volte dolorosa, altre in maniera più lieta, e in fondo è proprio in questo che la Delpero è riuscita, con tenacia, a dare corpo a un sogno che poteva essere raccontato soltanto così.
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